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1. Le regole che dettano criteri e principi della composizione della commissione di gara in caso di aggiudicazione col criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa. L’art. 84 codice appalti

L’art. 84 del D. Lgs. 163 del 2006 (di seguito, anche “Codice degli Appalti”), detta i criteri generali di nomina e funzionamento della Commissione giudicatrice nel caso di aggiudicazione con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, rinviando al regolamento per la disciplina più puntuale (vedi infra, Capitolo II del presente lavoro, Ndr). Giova ricordare i principi fondamentali che la norma stabilisce in materia di nomina di commissioni di gara. L’art. 84 prevede che la commissione sia nominata dall’organo della stazione appaltante competente ad effettuare la scelta del soggetto affidatario del contratto. La Commissione deve essere composta da un numero dispari di componenti, in numero massimo di cinque. La norma prevede inoltre che i commissari debbano essere “esperti nello specifico settore cui si riferisce l’oggetto del contratto”. Il comma 3 prevede poi che la commissione sia presieduta di norma da un dirigente della stazione appaltante e, in caso di mancanza in organico, da un funzionario della stazione appaltante incaricato di funzioni apicali, nominato dall’organo competente. Inoltre, si prevede che i commissari diversi dal Presidente non debbano aver svolto né possano svolgere alcun’altra funzione o incarico tecnico o amministrativo relativamente al contratto del cui affidamento si tratta mentre coloro che nel biennio precedente abbiano rivestito cariche di pubblico amministratore non possono essere nominati commissari relativamente a contratti affidati dalle amministrazioni presso le quali hanno prestato servizio. Il comma 6 dell’art. 84 prevede poi l’estromissione da successivi incarichi di commissario nei confronti di coloro che, in qualità di membri delle commissioni giudicatrici, abbiano concorso, con dolo o colpa grave accertati in sede giurisdizionale con sentenza non sospesa, all’approvazione di atti dichiarati illegittimi. Il comma 7 ci ricorda che si applicano ai commissari le cause di astensione previste dall’art. 51 c.p.c. il quale, come noto, detta i criteri per l’astensione obbligatoria del giudice laddove ricorrano circostanze che possono minarne il distacco dalla questione sottoposta al suo esame come ad esempio nel caso egli abbia <interesse nella causa o in altra vertente su identica questione di diritto>, oppure in caso di rapporto di coniugio o parentela col soggetto coinvolto, grave inimicizia, eccetera. Circa la scelta dei commissari, il comma 8 dell’art. 84 ci dice che <i commissari diversi dal presidente sono selezionati tra i funzionari della stazione appaltante>. Il secondo periodo del citato comma 8, prevede poi che <in caso di accertata carenza in organico di adeguate professionalità, nonché negli altri casi previsti dal regolamento in cui ricorrono esigenze oggettive e comprovate, i commissari diversi dal presidente sono scelti tra funzionari di amministrazioni aggiudicatrici di cui all’articolo 3 comma 25, ovvero con un criterio di rotazione tra gli appartenenti alle seguenti categorie:
a) professionisti, con almeno dieci anni di iscrizione nei rispettivi albi professionali, nell’ambito di un elenco, formato sulla base di rose di candidati fornite dagli ordini professionali;
b) professori universitari di ruolo, nell’ambito di un elenco, formato sulla base di rose di candidati fornite dalle facoltà di appartenenza>.

Gli elenchi formati in base a questi criteri, sono soggetti ad aggiornamento almeno biennale.

Per evitare possibili pressioni, il comma 10 prevede che <la nomina dei commissari e la costituzione della commissione devono avvenire dopo la scadenza del termine fissato per la presentazione delle offerte>. In merito alle spese, la norma prevede che esse siano inserite nel quadro economico del progetto tra le somme a disposizione della stazione appaltante.

Infine, il comma 12 disciplina il caso del rinnovo del procedimento di gara a seguito di annullamento dell’aggiudicazione o di annullamento dell’esclusione di taluno dei concorrenti, prevedendo che sia in tal caso riconvocata la medesima commissione.

2. L’articolo 282 del Regolamento

L’art. 282 del Regolamento dispone che <nel caso di accertata carenza nell’organico della stazione appaltante di adeguate professionalità, attestata dal responsabile del procedimento sulla base degli atti forniti dal dirigente dell’amministrazione aggiudicatrice preposto alla struttura competente ovvero attestata dall’organo competente secondo l’ordinamento dell’amministrazione aggiudicatrice, si procede alla nomina della commissione giudicatrice di cui all’articolo 84, comma 8 secondo periodo (Vedi sopra capitolo I, Ndr)>.  La norma prevede anche che in tal caso <l’atto di nomina dei membri della commissione ne determina il compenso e fissa il termine per l’espletamento dell’incarico. Tale termine può essere prorogato una sola volta per giustificati motivi. L’incarico è oggetto di apposito disciplinare>. Il comma 2 dell’art. 282 chiarisce che è possibile ricorrere alla nomina dei commissari, nel caso di contratti di cui all’articolo 300, comma 2 lettera b) (ossia contratti aventi ad oggetto prestazioni particolarmente complesse sotto il profilo tecnologico ovvero che richiedono l’apporto di una pluralità di competenze ovvero caratterizzate dall’utilizzo di componenti o di processi produttivi innovativi o dalla necessità di elevate prestazioni per quanto riguarda la loro funzionalità, Ndr), ovvero nel caso di servizi o forniture di importo superiore a 1.000.000 di euro.

Infine, <al momento dell’accettazione dell’incarico, i commissari dichiarano ai sensi dell’articolo 47 del DPR 445/2000,  l’inesistenza delle cause di incompatibilità e di astensione di cui all’articolo 84, commi 4, 5 e 7 del Codice (sui quali vedi più diffusamente sopra Capitolo I)>.

3. I Commissari debbono essere “esperti nello specifico settore a cui si riferisce l’oggetto del contratto”. L’interpretazione della locuzione giurisprudenziale

Come abbiamo ricordato sopra (cfr Capitolo I del presente lavoro, Ndr), in base all’art. 84 del d.lgs. n. 163/2006, nelle gare da aggiudicare con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, la Commissione giudicatrice deve essere composta da “esperti nello specifico settore a cui si riferisce l’oggetto del contratto“. Secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale, stante l’impossibilità “di saggiare in anticipo ed in concreto la preparazione specifica dei commissari, può farsi riferimento” a due imprescindibili elementi, costituiti dal “possesso di un titolo di studio adeguato” e dalla “pregressa esperienza nel settore” (Cons. Stato, Sez. VI, 14/10/2009, n. 6297; sulla necessità che i commissari posseggano sia il pertinente titolo di studio, sia un’adeguata esperienza pregressa, v. Cons. Stato, Sez. V, 15/7/2013, n. 3841 e 26/3/2012, n. 1736; Sez. III, 18/6/2012, n. 3550 e 10/4/2012, n. 2054). Le conclusioni sopra sinteticamente riferite cui è pervenuta la giurisprudenza, sono state frutto di un approfondimento operato in tema di esperienza che deve connotare i commissari relativamente all’oggetto di gara. Giova ripercorrere alcuni passaggi di tale dibattito che ha visto contrasti giurisprudenziali tra alcuni TAR ed il Consiglio di Stato. Il Tar Molise, ad esempio, con propria sentenza 624 del 18 luglio 2007, emessa in relazione ad una gara d’appalto avente ad oggetto la progettazione esecutiva e l’esecuzione dell’acquedotto del Molise centrale e l’interconnessione con lo schema del basso Molise, aveva ad esempio concluso che la disposizione di cui al comma 8 dell’art. 84 del Codice Appalti, richiederebbe unicamente che i membri della Commissione siano funzionari dell’Ente, non imponendo il possesso di un particolare titolo di studio, salvo imporre che essi siano dotati di adeguate professionalità. La sentenza veniva gravata nanti il CdS deducendo, per quanto qui interessa, tra i motivi di appello (a sua volta reiterativo di analogo motivo già proposto in primo grado e ritenuto infondato dal giudice molisano), la censura di illegittimità di tutti gli atti posti in essere dalla Commissione di gara, a cagione del vizio nella composizione della stessa.  L’ATI ricorrente contestava l’illegittima composizione della Commissione. Quattro dei suoi cinque membri risultavano infatti in possesso di capacità tecniche e professionali certamente non adeguate all’importanza dell’appalto di cui trattavasi (nessuno dei membri in questione risultava laureato, laddove due di essi erano in possesso del diploma di geometra e due del diploma di perito tecnico). In definitiva, secondo tale prospettazione, nel caso di specie l’Amministrazione avrebbe violato il principio valevole in materia di pubbliche gare, secondo cui nell’ambito dei procedimenti selettivi inerenti materie a carattere eminentemente tecnico, è necessario che le scelte finali siano effettuate con il concorso di tecnici o esperti (interni o esterni all’Amministrazione), ma in ogni caso dotati di adeguati titoli di studio e professionali.

Il CdS così sollecitato, conclude reiterando quanto già statuito in un caso in parte analogo con la decisione 7 ottobre 2008, n. 4829.

<Nell’occasione – scrive il CdS nella propria sentenza 6297 del 2009 -, si è avuto modo di osservare che il comma VIII dell’art. 84 del d.lgs. n. 163/2006 (la cui rubrica è intestata Commissione giudicatrice nel caso di aggiudicazione con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa) così statuisce: “i commissari diversi dal presidente sono selezionati tra i funzionari della stazione appaltante. In caso di accertata carenza in organico di adeguate professionalità, nonché negli altri casi previsti dal regolamento in cui ricorrono esigenze oggettive e comprovate, i commissari diversi dal presidente sono scelti tra funzionari di amministrazioni aggiudicatrici di cui all’art. 3, comma 25, ovvero con un criterio di rotazione tra gli appartenenti alle seguenti categorie:

a) professionisti, con almeno dieci anni di iscrizione nei rispettivi albi professionali, nell’ambito di un elenco, formato sulla base di rose di candidati fornite dagli ordini professionali;

b) professori universitari di ruolo, nell’ambito di un elenco, formato sulla base di rose di candidati fornite dalle facoltà di appartenenza”.

Con riferimento alle competenze tecniche e professionali che devono possedere i componenti delle Commissioni giudicatrici di gare aventi ad oggetto lavori, servizi e forniture, la giurisprudenza amministrativa formatasi sotto l’usbergo della antevigente disposizione di cui all’art. 21 della legge n. 109/1994 e succ. mod. ha avuto modo in passato di evidenziare che <se nei componenti della commissione giudicatrice di un appalto concorso risiedono le competenze professionali per il vaglio economico e tecnico delle offerte, queste competenze sono anche idonee a valutare gli aspetti correlativi alle varie giustificazioni che possono essere addotte a sostegno della serietà dell’offerta sospettata di anomalia; pertanto, sussiste una discrezionalità tecnica nel vagliare l’adeguatezza dei chiarimenti forniti dall’impresa offerente e ciò che rileva è il possesso, da parte di chi conduce l’esame, dei requisiti professionali necessari>. (Consiglio Stato, sez. V, 28 giugno 2002, n. 3566). Ne consegue, quindi, che <la composizione della commissione incaricata del vaglio delle offerte presentate per l’aggiudicazione di un contratto ad evidenza pubblica con il sistema dell’appalto concorso deve rispondere, per lo meno, a certi requisiti imposti dalla natura stessa dell’opera da eseguire, nonché dalla razionalità e logicità delle scelte compiute in relazione alle finalità perseguite; pertanto è illegittima la composizione della commissione stessa qualora tra i componenti della stessa prevalgano elementi privi di competenze tecniche specifiche.> (Consiglio Stato, sez. VI, 25 luglio 1994, n. 1261). Più di recente, la giurisprudenza amministrativa ha chiarito che il riferimento al possesso in capo ai commissari dei requisiti tecnici e della professionalità necessaria a formulare un giudizio pienamente consapevole, costituisca principio “immanente nell’ordinamento generale, che trascende il settore dei lavori pubblici, per rendersi operativo in qualsiasi gara, in quanto risponde ai criteri di rango costituzionale di buon andamento ed imparzialità dell’azione amministrativa; pertanto, pur in mancanza, nel settore degli appalti di servizi, di un’espressa disposizione concernente la composizione della commissione giudicatrice, questa, avendo anche in detto settore il compito di valutare la qualità del servizio offerto, deve essere composta, almeno prevalentemente, da persone fornite di specifica competenza tecnica o munite di qualificazioni professionali che tale competenza facciano presumere.” (Consiglio Stato, sez. V, 18 marzo 2004, n. 1408).

(I Commissari quali “periti peritorum”: titolo di studio e pregressa esperienza professionale.)

Il CdS conclude quindi affermando che <pare al Collegio potere affermare che -senza per questo dovere ricorrere, con sistematicità ad “indagini” sul possesso in capo ai commissari dei requisiti in parola, emerga dal condivisibile orientamento giurisprudenziale succitato, una “tensione” verso la necessità dell’affermazione di un principio che individui i commissari quali “periti peritorum” della materia sulla quale devono esprimere il loro delicato giudizio e che il possesso dei requisiti di cui si è discorso debba essere valutato anche in relazione ai concreti aspetti sui quali i medesimi devono formulare il loro giudizio. Ciò al fine di evitare che sussistano, a monte, elementi che inducano in via anticipata i consociati (ed i partecipanti alla gara, soprattutto) a dubitare dell’adeguatezza professionale di chi è chiamato a giudicare comparativamente le proposte aggiudicatarie.

Ovviamente, nella impossibilità di saggiare in anticipo ed in concreto la preparazione specifica dei commissari, può farsi riferimento ad alcuni dati che, in via presuntiva, consentano una prognosi tranquillizzante sul punto. Tali dati non possono che essere due: possesso di un titolo di studio adeguato, e pregressa esperienza nel settore.

Esigenze di economicità hanno suggerito al legislatore la previsione di un archetipo di composizione formato da funzionari delle stazioni appaltanti. Il CdS precisa inoltre che <come è agevolmente ricavabile dalla disposizione di cui al comma VIII dell’art. 84 del d.lgs. n. 163/2006 il principio non è assoluto, ma deve essere coniugato con il dato afferente al possesso della necessaria professionalità (che costituisce “prerequisito” per la nomina, vien fatto di affermare)>. Nel caso in esame quattro dei cinque commissari (l’eccezione è rappresentata dal Presidente) non possedevano alcun diploma di laurea. In altre parole, i commissari non avrebbero potuto progettare ciò su cui erano chiamati ed esprimere il proprio giudizio. Nella richiamata sentenza n. 4829/08 si è concluso nel senso che l’art. 84 del d.lgs. 163/2006, in sostanziale continuità con l’art. 21 della legge n. 109/1994 e succ. mod. e con la previsione regolamentare di cui all’art. 92 del dpr n. 554/1999, laddove ha inteso prevedere che i commissari siano “selezionati tra i funzionari della stazione appaltante” non ha inteso privilegiare in senso assoluto il requisito dell’inserimento nell’organico dell’ente appaltante rispetto a quello del titolo di studio, come può evincersi dalle ulteriori previsioni normative delle citate disposizioni.

La valutazione prognostica sulla professionalità di chi giudica quindi, non può prescindere dalla concreta disamina di ciò che costituisce oggetto di giudizio, ed a tal fine il possesso del titolo di studio adeguato è elemento che garantisce a monte, sotto un profilo presuntivo, dell’adeguatezza della scelta.

Nel caso di specie, ed avuto riguardo anche ai temi oggetto del giudizio che i commissari dovevano formulare, la valutazione concreta in oggetto non soddisfa i requisiti di professionalità prescritti dalla norma. (…). La sentenza ha errato laddove, ancorandosi unicamente al dato letterale normativo non ha svolto una verifica concreta attualizzata, e pertanto non resiste alla censura contenuta nel ricorso in appello: la doglianza avrebbe dovuto conseguentemente essere accolta, con conseguente riforma in parte qua della sentenza appellata. Conseguentemente, la pronuncia in questione merita di essere riformata per la parte in cui ha omesso di rilevare il vizio che inficiava la composizione della Commissione giudicatrice e, in via mediata, l’intera attività da questa posta in essere.

4. Conclusioni

Dunque, i componenti della Commissione giudicatrice devono possedere sia adeguati titoli di studio, sia documentate esperienze nello “specifico settore cui si riferisce l’oggetto del contratto” (v. art. 84, comma 2, d.lgs. n. 163/2006). Soprattutto laddove l’oggetto dell’appalto attenga alla realizzazione di molteplici prestazioni di notevole complessità tecnica.

Occorre dunque verificare l’adeguatezza degli skill professionali dei membri della Commissione alloggetto di gara. Viceversa, i componenti la Commissione, si troverebbero a dover ponderare e valutare aspetti altamente tecnici non rientranti nelle loro conoscenze.

Come abbiamo visto sopra, in base alla ricostruzione operata dai Giudici, la valutazione dei profili professionali, si opera sia avendo riguardo alla coerenza del titolo di studio posseduto dai commissari rispetto all’oggetto di gara (titolo di studio che deve evidentemente essere pertinente all’appalto), sia con riferimento al requisito delle esperienze pregresse (e, quindi, alle funzioni affidate ai commissari nell’ambito dell’organizzazione cui appartengono).

La presenza anche di un solo commissario privo dei necessari requisiti, inficia l’operato dell’intera Commissione.

Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, la presenza anche – e soltanto – di un solo componente privo dei necessari requisiti (titolo di studio ed esperienza professionale) inficia il provvedimento di nomina della Commissione (Cons. Stato, Sez. V, 15/7/2013, n. 3841 e 26/3/2012, n. 1736; Sez. III, 10/4/2012, n. 2054). Giova qui ripercorrere brevemente le circostanze che hanno originato la sentenza CdS n. 2054 del 10 aprile 2012. La procedura indetta dalla ASL di Caserta da aggiudicare con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, aveva ad oggetto l’affidamento del servizio di manutenzione degli ascensori. La Commissione giudicatrice nominata risultava formata da tre componenti, due dei quali, architetti (tra cui il Presidente), ed il terzo era un medico chirurgo. Il CdS nella richiamata pronuncia afferma che tale composizione viola l’art. 84 co. 2 del Codice dei contratti, sul rilievo che la Commissione giudicatrice non è formata da “esperti nello specifico settore cui si riferisce l’oggetto del contratto”.

<Premesso infatti che la regola di cui all’art. 84 co. 2 è il portato dei principi di rango costituzionale dell’imparzialità e del buon andamento dell’azione amministrativa, appare evidente che se è già di per sé discutibile l’assoluta mancanza di ingegneri all’interno di una Commissione cui è demandato il fondamentale compito di valutare motivatamente la qualità delle offerte tecniche relative ad impianti ascensori, è ancora più vistosa, in un simile contesto e nel caso di specie, l’incompetenza del medico chirurgo dott. B. a svolgere un’attività di valutazione che, con ogni ragionevole probabilità, esula dalle sue competenze ed esperienze. Né può bastare la sola circostanza che il dott. B. sia responsabile dei servizi di qualità dell’Azienda sanitaria, non avendo l’Asl documentato il possesso, in ragione di tale incarico, di alcuna comprovata esperienza che vada al di là (del controllo qualitativo) delle (sole) prestazioni sanitarie. La violazione dell’art. 84 co. 2, sulla composizione della commissione, non ha una valenza meramente procedimentale, tenuto conto che […] una commissione composta di “veri” esperti in materia di ascensori avrebbe potuto valutare diversamente le offerte tecniche dei concorrenti, così determinando, in ipotesi, un diverso esito della procedura, per lei più vantaggioso.

Dunque, il CdS rileva che uno dei membri della Commissione per la sua qualità di medico chirurgo, era sicuramente inidoneo a giudicare in tema di “ascensori”. E tale circostanza ha sicuramente inficiato l’operato di tutta la Commissione e, quindi, gli atti di gara (con conseguente inefficacia del contratto d’appalto medio tempore stipulato). Occorrerà quindi fare riferimento all’atto di nomina della Commissione ed alle motivazioni sottese in ordine alla scelta dei commissari. Da tale provvedimento di nomina, devono emergere in modo chiaro le motivazioni che hanno spinto alla nomina di quei commissari e la preventiva istruttoria e/o verifica che la stazione appaltante deve aver svolto in ordine ai profili professionali dei componenti della Commissione.

Ricordiamo, infatti, come il comma 1 dell’articolo 3 della legge 241 del 1990 ponga l’obbligo generale di motivazione del provvedimento amministrativo disponendo, infatti che <ogni provvedimento amministrativo, compresi quelli concernenti l’organizzazione amministrativa, lo svolgimento dei pubblici concorsi ed il personale, deve essere motivato, salvo che nelle ipotesi previste dal comma 2 (ossia per i provvedimenti a carattere normativo o generale, Ndr). La motivazione deve indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione, in relazione alle risultanze dell’istruttoria>. L’illegittimità della composizione della Commissione riverbera inevitabilmente sull’operato della medesima, inficiando l’intero procedimento di gara, determinandone l’annullamento.

5.  Come deve operare la commissione di gara. L’attività “meramente istruttoria” dei Gruppi di Lavoro e quella “istruttoria” della Commissione. Cenni

Collegato al tema oggetto del presente lavoro, l’argomento afferente le modalità con le quali deve operare la commissione di gara. In particolare, l’uso dei verbali appare particolarmente delicato. Si deve, infatti, ricordare come dai verbali di gara debba potersi ricostruire l’operato del Seggio di gara e, quindi, comprendere la sequenza seguita nella disamina e nella valutazione delle offerte dei concorrenti. In particolare, negli appalti particolarmente complessi, la Commissione può decidere di suddividere il lavoro nominando dei “Gruppi di Lavoro” ad hoc ai quali demandare le attività “meramente istruttorie” (e riservando alla Commissione le attivita’ “istruttorie”). Occorrerà procedere alla puntuale verbalizzazione delle operazioni, sia di quelle “meramente istruttorie” dei cd. Gruppi di lavoro, sia di quelle “istruttorie” della Commissione. In mancanza, sarà impossibile conoscere da chi e quando, nonché su quali lotti e offerte sia stata svolta l’attività valutativa. Dottrina e giurisprudenza sono concordi, infatti, nel ritenere che i verbali dei collegi amministrativi “hanno lo scopo di garantire la certezza della descrizione degli accadimenti constatati” (A. Quaranta, voce Verbale, Dir. amm., in Enc. Dir. Milano 1993, 620 ss., sulla base della giurisprudenza costante). <La verbalizzazione è la narrazione dei fatti nei quali si concreta la storicità di una azione> (M.S. Giannini, In tema di verbalizzazioni, in Foro amm. 1960, I, 1101). <La verbalizzazione costituisce una documentazione storica … che crea una certezza informativa intorno agli atti verbalizzati> (ivi) e <assume un particolare rilievo anche allo scopo di consentire l’espletamento della funzione di controllo sulle determinazioni amministrative adottate dal collegio> (A. Quaranta, ivi, pg. 621). Rientra nell’oggetto essenziale della verbalizzazione, e <ne costituisce l’oggetto specifico la sequenza degli accadimenti cui il verbalizzante assiste> fra i quali <le misurazioni e verifiche tecniche adottate> (A. Quaranta, ivi, pg. 623). La giurisprudenza ha avuto alcune oscillazioni su profili marginali (come la registrazione di brevi uscite o la presenza di tutte le firme su ciascuno dei fogli e delle schede) in presenza dei quali ha talvolta, giustamente, ritenuto trattarsi di una mera irregolarità, ma non ha mai avuto dubbi sul fatto che i verbali <devono contenere le indicazioni necessarie per consentire la verifica delle operazioni eseguite dall’organo collegiale nella valutazione di tutti gli elementi a sua disposizione> (v. C.d.S., sez. V, 12/5/1987 n. 283; C.d.S., sez. V, 19/7/1981, n. 79, orientamento non mutato in seguito).

In realtà la mancata verbalizzazione delle operazioni eseguite, sia di quelle “meramente istruttorie” dei cd. Gruppi di lavoro, sia di quelle “istruttorie” della Commissione, determina l’impossibilità di valutare da chi e quando sia stata svolta l’attività valutativa che, per giurisprudenza costante, deve essere effettuata solo in sede di Commissione, nel plenum dei suoi comportamenti ( v. fra le tante C.d.S., sez. IV, 12/5/2008 n. 2188; T.A.R. Lazio, Sez. III, 7/5/2013, n. 2456). Si noti, infine, che il C.d.S. (Sez. V, 2/9/2005 n. 4463 e 29/4/2009 n. 2748) ha ammesso anche la verbalizzazione non contestuale ma solo se contenuta in termini brevi, tali da scongiurare gli effetti negativi della dispersione degli elementi informativi (nel caso di specie venne considerata illegittima una verbalizzazione effettuata dopo 30 giorni dal verbale precedente). In conclusione, la composizione della commissione di gara e la verbalizzazione delle operazioni effettuate deve consentire di verificare se le valutazioni siano state correttamente effettuate dalla Commissione o da alcuni dei suoi membri (nei termini sopra richiamati) – che, come ampiamente spiegato sopra, debbono essere in possesso dei titoli di studio e della esperienza lavorativa all’uopo necessaria.

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Questo articolo è stato scritto da...

Avv. Fabio Salierno
Esperto e docente in materia di appalti pubblici
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