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Premessa 

Una delle norme più innovative contenute nel nuovo codice appalti (il D.Lgs. n. 50/2016) è quella della c.d. “qualificazione delle stazioni appaltanti”, di cui all’art. 38; essa si accompagna – si direbbe che si armonizza – alle disposizioni in materia di “centralizzazione ed aggregazione delle committenze”, di cui al precedente art. 37.

Le due norme, perfezionate anche alla luce delle osservazioni del Consiglio di Stato (con il parere n. 855/2016), si fondono per dare corpo ai criteri contenuti nella legge delega (L. n. 11/2016) sul nuovo codice appalti (art. 1, lett. bb) e dd)), ove è previsto che le stazioni appaltanti (che siano amministrazioni aggiudicatrici) debbano essere ridotte, riorganizzate e sottoposte a qualificazione improntata – quest’ultima – a qualità, professionalità ed efficienza, in una parola (presa a prestito dalla legge delega): ”virtuosità”.

Gli articoli 37 e 38, quindi, vanno letti quasi come un’endiadi, che ri-disegna l’identikit delle stazioni appaltanti dell’era “nuovo codice”.

Ma esse non sono le uniche: per comprendere appieno come saranno le nuove stazioni appaltanti, occorre ricordare che un rinnovamento viene imposto anche alle centrali di committenza: esse dovranno, innanzitutto, “meccanizzarsi”, nel senso che effettueranno le procedure e le relative comunicazioni sempre più telematicamente (art. 40 D.Lgs. n. 50/2016); ciò con buona pace della dottrina e della giurisprudenza che sinora si sono concentrate sulla valenza escludente degli errores calami e che, ora, dovranno ripensare – in un’epoca del tutto informatizzata e basata sulla compilazione di format – a cosa si intenda per “errore essenziale”  o “carenza incolmabile” della documentazione di gara.

In questa ventata innovatrice è coinvolta anche “la” centrale di committenza – Consip – ed i soggetti aggregatori creati sul modello di questa; essi, infatti (ex art. 41 D.Lgs. n. 50/2016) dovranno rivedere interamente le proprie procedure d’acquisito in modo da rendere più celeri, efficienti e qualitativamente appetibili le gare da essi gestite.

Tutto questo, però, non avverrà subito: per la qualificazione delle stazioni appaltanti si dovrà attendere un decreto attuativo della riforma – che dovrà essere emesso entro il 18 luglio -, mentre  Consip e gli altri soggetti aggregatori avranno più tempo per adeguarsi: sino ad un anno dall’entrata in vigore del nuovo codice (dunque, sino al 19 aprile 2017).

Oggi, come precisato dalla disciplina transitoria (art. 216, comma 10 D.Lgs. n. 50/2016)  è sufficiente che le stazioni appaltanti si iscrivano all’Anagrafe Unica delle stazioni appaltanti, presso la Banca Dati Nazionale dei Contratti Pubblici, giacché fino alla data di entrata in vigore del sistema di qualificazione delle stazioni appaltanti di cui all’ articolo 38, i requisiti di qualificazione sono soddisfatti mediante l’iscrizione all’anagrafe di cui all’articolo 33-ter del decreto-legge 179/2012 come convertito con modifiche con legge 221/2012. 

Ma dal momento in cui le norme sulla qualificazione diventeranno operative, non ci sarà più possibilità di non applicarle, infatti l’art. 38, comma 8 del nuovo codice specifica che: a decorrere dalla data di entrata in vigore del nuovo sistema di qualificazione delle stazioni appaltanti, l’ANAC non rilascia il codice identificativo gara (CIG) alle stazioni appaltanti che procedono all’acquisizione di beni, servizi o lavori non rientranti nella qualificazione conseguita.

1. I principi ispiratori

Nell’attesa, si può cominciare a prendere dimestichezza con i principi ispiratori della riforma.

L’art. 37, più in generale, prevede la riorganizzazione delle funzioni delle stazioni appaltanti, con l’obbligo per i comuni non capoluogo di provincia, di ricorrere a forme di aggregazione o centralizzazione delle committenze, a livello di unioni dei comuni, ove esistenti, o ricorrendo ad altro soggetto aggregatore.

Si tratta di un obbligo generalizzato, dunque, che supera la frammentazione fra i “piccoli Comuni” e tutti gli altri Comuni, superando così anche le difficoltà venutesi a creare con l’entrata in vigore (almeno sulla carta) dell’art. 33, comma 3 bis D.Lgs. n. 163/2006. Detta norma, quindi, tende a far ripartire il mercato degli acquisti degli enti locali, compresso fra le difficoltà createsi con la spending review, prima, il già citato art. 33, comma 3 bis del vecchio codice poi e, da ultimo, con la L. n. 208/2015 (“Legge di stabilità 2016); tutte norme che, con varie modalità, imponevano la centralizzazione e riorganizzazione degli acquisti, dimenticando le difficoltà dei piccoli enti di organizzarsi per poter efficacemente adempiere.

Con il nuovo codice, dunque, l’obbligo generalizzato imposto dalla norma si estende indifferentemente a tutti i Comuni (salvo quelli capoluogo di Provincia) e a tutte le stazioni appaltanti (che siano amministrazioni aggiudicatrici) e, quindi, costituisce un obiettivo più facile da raggiungere, in quanto comune a molti più soggetti.

L’idea – forse mal espressa nelle precedenti norme – è quella che i Comuni più grandi (e più organizzati quanto ad uffici interni, tanto da potersi ”qualificare”) facciano da “leader” anche per quelli più piccoli, accentrando anche gli acquisti di questi ultimi.

La razionalizzazione delle stazioni appaltanti, poi, è un principio generale che ha un effetto unificante anche sotto il profilo oggettivo: infatti tutti gli acquisti sono assoggettati ai medesimi principi, riunificando, così, lavori, servizi e forniture. Anche i lavori, quindi, ritornano ad essere attratti dalla disciplina generale dalla quale riuscivano a sfuggire in vigenza del precedente quadro normativo (proprio in quanto ritenuti un genus del tutto peculiare).

Vengono esclusi dall’applicazione del nuovo codice soltanto gli acquisti legati ai “settori speciali”; ciò, tuttavia, solo per evitare futuri contrasti con le norme di settore emanate in esecuzione della c.d. “riforma Madia”.

Quando il quadro normativo sarà completato e vigente, si assisterà, quindi, ad una divisione fra “acquisti nei settori ordinari” – regolati dal nuovo codice e dalle future norme di soft law, con qualche “incursione” da parte delle leggi finanziarie – e gli acquisti nei “settori speciali” – regolati anche dalle norme speciali sulle società partecipate e sui servizi pubblici locali.

Si vedrà se e come questo modello “duale” riuscirà a riportare gli acquisti pubblici alla “virtuosità” cui la legge delega tende.

2. Il quadro normativo ad oggi

Per comprendere meglio la portata della novella recata dal nuovo codice è bene ricordare che oggi la centralizzazione degli acquisti è già stata fortemente imposta dalla legge di stabilità 2016.

Allo stato attuale le amministrazioni statali centrali e periferiche – ivi compresi gli istituti e le scuole di ogni ordine e grado, le istituzioni educative e quelle universitarie –, gli enti nazionali di previdenza e assistenza sociale e le agenzie fiscali sono tutti tenuti ad aderire alle convenzioni Consip o ad approvvigionarsi sul M.E.P.A., per tutti gli acquisti di importo superiore a mille euro.

Il Sistema Sanitario Nazionale deve ricorrere alle centrali di committenza regionali

Tutte le altre amministrazioni pubbliche e le società a controllo pubblico qualificabili come organismi di diritto pubblico possono non aderire alla predetta centralizzazione, ma i loro acquisti devono comunque utilizzare i parametri qualità-prezzo utilizzati da Consip e dal M.E.P.A., senza poter acquistare a prezzi superiori.

Le Amministrazioni che non adempiono a questi obblighi sono soggette – nelle persone dei loro dirigenti – a responsabilità disciplinare ed erariale.

Tali regole possono essere superate solo nel caso in cui Consip o il M.E.P.A. o le centrali di acquisito regionali non siano in grado di soddisfare le richieste d’acquisto delle Amministrazioni: ma tale deroga deve essere specificamente autorizzata dall’organo di vertice amministrativo, e deve poi essere trasmessa al competente ufficio della Corte dei Conti.

In tale contesto, il nuovo codice impone (“imporrà”, a seguito dell’attuazione della norma) – con l’art. 37 – l’obbligo per le stazioni appaltanti di ricorrere alla qualificazione nel caso di acquisti di importo superiore a 40.000 euro o di lavori di importo superiore a 150.000 euro; in mancanza, dovranno rivolgersi ad una centrale di committenza o aggregarsi con una o più stazioni appaltanti già qualificate.

Per i Comuni non capoluogo di Provincia – ove ritengano di effettuare acquisti di importo superiore a 40.000 euro o di lavori di importo superiore a 150.000 euro – è prevista la possibilità di scegliere se: i) ricorrere ad una centrale di committenza o a soggetti aggregatori qualificati; ii) procedere mediante unioni di comuni costituite o qualificate come centrali di committenza, ovvero associarsi o consorziarsi in centrali di committenza; iii) ricorrere alla stazione appaltante unica costituita presso gli enti di area vasta ai sensi della legge 7 aprile 2014, n. 56.

L’incipit dell’art. 37, tuttavia, ricorda che le norme del nuovo codice dovranno installarsi nell’ambito del sistema oggi vigente; infatti si precisa che le stazioni appaltanti, fermi restando gli obblighi di utilizzo di strumenti di acquisto e di negoziazione, anche telematici, previsti dalle vigenti disposizioni in materia di contenimento della spesa, possono procedere direttamente e autonomamente all’acquisizione…

La difficoltà attuativa della norma sembra risiedere tutta in quel termine: “possono” … armonizzare la novella nell’ambito del sistema già delineato, da ultimo, con la legge di stabilità 2016, sarà il vero banco di prova per valutare la reale portata riformatrice del nuovo codice.

3. La qualificazione

Adesso che è stato chiarito il contesto normativo, resta da affrontare una incognita non da poco: cos’è la “qualificazione”?

Il nuovo codice non lo spiega, ma – fedele alla sua impostazione di norma-quadro – indica i criteri cui dovrà attenersi il decreto ministeriale che disciplinerà la qualificazione, nonché le linee guida che l’ANAC (incaricata di provvedere alla qualificazione) dovrà seguire per lo svolgimento del compito che le è stato attribuito.

Le modalità per procedere alla qualificazione sono affidate ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottarsi, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per la semplificazione della pubblica amministrazione, sentite l’ANAC e la Conferenza Unificata.

Con particolare riguardo ai lavori pubblici il decreto definisce, inoltre, le modalità attuative del sistema delle attestazioni di qualificazione e di eventuale aggiornamento e revoca, nonché la data a decorrere dalla quale entra in vigore il nuovo sistema di qualificazione.

Per il resto, sono definiti i requisiti tecnico organizzativi per l’iscrizione all’elenco, in applicazione dei criteri di qualità, efficienza e professionalizzazione, tra cui, per le centrali di committenza, il carattere di stabilità delle attività e il relativo ambito territoriale.

Ad oggi, il nuovo codice indica solo il primo nucleo di stazioni appaltanti già qualificate “ex lege”: il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, compresi i Provveditorati interregionali per le opere pubbliche, Consip, Invitalia S.p.A. nonché i soggetti aggregatori regionali

Si tratta, come intuibile, dei grandi soggetti pubblici incaricati delle attività di acquisito per le Amministrazioni: in mancanza, per effetto delle disposizioni contenute nella citata legge di stabilità 2016, si rischierebbe il blocco degli acquisti, in attesa che le varie stazioni appaltanti possano qualificarsi.

La qualificazione sembra caratterizzarsi come una sorta di operazione di auditing sulle effettive capacità della stazione appaltante di gestire un determinato quantitativo di acquisti.

Essa, infatti, avrà ad oggetto il complesso delle attività che caratterizzano il processo di acquisizione di un bene, servizio o lavoro in relazione ai seguenti ambiti: a) capacità di programmazione e progettazione; b) capacità di affidamento; c) capacità di verifica sull’esecuzione e controllo dell’intera procedura, ivi incluso il collaudo e la messa in opera.

La valutazione della “capacità” della singola stazione appaltante avverrà in modo obiettivo, sulla base di uno screening dei requisiti da essa posseduti.

I requisiti tecnico-organizzativi per la qualificazione sono suddivisi in: requisiti “di base” e requisiti “premiali”.

I requisiti “di base” sono: 1) strutture organizzative stabili deputate; 2) presenza nella struttura organizzativa di dipendenti aventi specifiche competenze in rapporto alle attività; 3) sistema di formazione ed aggiornamento del personale; 4) numero di gare svolte nel triennio con indicazione di tipologia, importo e complessità, numero di varianti approvate, verifica sullo scostamento tra gli importi posti a base di gara e consuntivo delle spese sostenute, rispetto dei tempi di esecuzione delle procedure di affidamento, di aggiudicazione e di collaudo; 5) rispetto dei tempi previsti per i pagamenti di imprese e fornitori come stabilito dalla vigente normativa ovvero il rispetto dei tempi previsti per i pagamenti di imprese e fornitori, secondo gli indici di tempestività indicati dal decreto adottato in attuazione dell’articolo 33 del Decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33.

Si tratta, effettivamente, di esibire il “curriculum” della stazione appaltante, nella speranza che nel suo passato vi siano state solo gestioni virtuose; diversamente, sarà difficile poter ottenere il massimo punteggio di qualificazione.

Paradossalmente, così, sembra che le stazioni appaltanti che hanno probabilmente rischiato meno, per aver effettuato acquisti moderati e lavori di minor importo, otterranno una valutazione più favorevole in quanto risulteranno più “virtuose”.

Altro singolare effetto di questa norma – che forse si comprenderà meglio in fase di attuazione – è che la “qualificazione” viene effettuata sulla base del “dato storico” di ciascuna stazione appaltante; ciò potrebbe frustrare le capacità di innovazione, posto che ogni stazione appaltante sarebbe qualificata “in base a ciò che ha fatto sinora” e non per le “potenzialità future di acquisto”. In altre parole, le varie stazioni appaltanti potrebbero fare sempre e solo le stesse esperienze di acquisto, senza poter raggiungere alcun upgrade e senza potere incrementare le proprie capacità di sviluppo o innovazione, esercitandosi – per esempio – in “grandi opere” o in “grandi acquisti”.

E’ evidente che non tutte le Amministrazioni e le stazioni appaltanti dispongono di uffici e personale competente ad utilizzare i nuovi strumenti elettronici ed aggiornato in materia di contratti pubblici e, di conseguenza, non tutte le Amministrazioni e le stazioni appaltanti posseggono attualmente i requisiti per qualificarsi per gli appalti più rilevanti o complessi. Ma se questo fosse l’effetto, tanto sarebbe valso suddividere il mercato degli appalti in gruppi omogenei ed abbinare ogni gruppo a determinate tipologie di stazioni appaltanti che – quindi – si sarebbero qualificate automaticamente, sulla base della capacità di gestione sinora maturata. In tal modo, si sarebbe ottenuto il medesimo effetto, ma senza obbligare le Amministrazioni e le stazioni appaltanti ad effettuare una complessa (per alcuni assai difficile) operazione di qualificazione.

Tali riflessioni sembrano accentuarsi con la lettura dei “requisiti premiali”, ove peraltro è più evidente la discrezionalità di ANAC nell’attribuzione della valutazione finale.

I “requisiti premiali” sono: 1) valutazione positiva dell’ANAC in ordine all’attuazione di misure di prevenzione dei rischi di corruzione e promozione della legalità; 2) presenza di sistemi di gestione della qualità conformi alla norma UNI EN ISO 9001 degli uffici e dei procedimenti di gara, certificati da organismi accreditati per lo specifico scopo ai sensi del regolamento CE 765/2008 del Parlamento Europeo e del Consiglio; 3) disponibilità di tecnologie telematiche nella gestione di procedure di gara; 4) livello di soccombenza nel contenzioso; 5) applicazione di criteri di sostenibilità ambientale e sociale nell’attività di progettazione e affidamento.

In tale valutazione, colpisce il peso attribuito al “livello di soccombenza nel contenzioso”, il che richiama alla mente la scena piuttosto usuale che si ripropone alle Amministrazioni in gran parte delle gare e delle procedure di appalto: quando le imprese concorrenti – in fase di gara – impugnano il bando o l’aggiudicazione o – in fase di esecuzione – espongono le riserve. In tali casi, le amministrazioni – strette dalle norme in materia di spending review – hanno pochissima disponibilità a transigere le controversie e, spesso, rimane loro solo la scelta obbligata di difendersi in giudizio. Con ciò non si vuol sottintendere che il giudizio si concluda sempre a discapito delle stazioni appaltanti, ma solo che la valutazione della “soccombenza nel contenzioso” dovrebbe tenere conto che “il contenzioso” non è di per sé una conseguenza di una inadeguata gestione della procedura o del contratto da parte della stazione appaltante.

I successivi commi dell’art. 38 del nuovo codice si occupano, poi, di specificare che la qualificazione è da intendersi “a tempo”.

Ciò non soltanto perché essa ha una durata quinquennale, ma soprattutto perché può essere rivista a seguito di verifica, anche a campione, da parte di ANAC o su richiesta della stazione appaltante.

Il delicato compito di provvedere alla qualificazione è affidato – come detto – all’ANAC, che fisserà le modalità attuative del sistema di qualificazione ed assegnerà alle stazioni appaltanti un termine congruo per porre in essere effettivi processi di riorganizzazione e professionalizzazione finalizzati allo scopo di acquisire concretamente i dei requisiti necessari alla qualificazione.

L’Autorità stabilisce, altresì, modalità diversificate che tengano conto delle peculiarità dei soggetti privati che richiedano la qualificazione e stabilisce altresì i casi in cui può essere disposta la qualificazione con riserva, finalizzata a consentire alla stazione appaltante e alla centrale di committenza, anche per le attività ausiliarie, di acquisire la capacità tecnica ed organizzativa richiesta. La qualificazione con riserva ha una durata massima non superiore al termine stabilito per dotarsi dei requisiti necessari alla qualificazione.

L’Autorità, infine, provvederà a ridistribuire i proventi delle sanzioni in materia di vigilanza sui contratti pubblici, per la qualificazione “premiale” delle stazioni appaltanti, secondo criteri individuati dalla stessa ANAC nell’ambito dei propri poteri relativi alla qualificazione. A loro volta, le stazioni appaltanti così “premiate” dovranno destinare le somme ricevute al fondo per la remunerazione del risultato dei dirigenti e dei dipendenti appartenenti alle unità organizzative competenti per i procedimenti di acquisizione di lavori, servizi e forniture.

4. Considerazioni conclusive

In attesa di verificare nei fatti l’applicazione della riforma, la sensazione è quella che c’è ancora da fare per assicurare un migliore coordinamento con le leggi finanziarie e – nel futuro – con le norme sui “settori speciali”.

La visione prospettica delle varie norme che si sono succedute nel tempo in materia di aggregazioni delle stazioni appaltanti e di obbligo di avvalersi delle centrali di committenza ha dimostrato che l’applicazione puntuale porta in sé il rischio di un tendenziale immobilismo.

Sotto il profilo del contenimento della spesa, invece, la concentrazione delle stazioni appaltanti non costituisce, di per sé, una garanzia di riduzione dei costi degli appalti; analogamente, anche il benchmark di Consip si è talvolta dimostrato più alto dei prezzi praticati dai singoli fornitori negli acquisti non centralizzati.

Si auspica, quindi, che il nuovo codice possa ottenere un risultato migliore dei suoi “predecessori” e, comunque, che il sistema elastico di adattamento tramite soft law si dimostri efficace nel correggere le possibili, future esigenze, senza stratificazioni normative che sono state nel recente passato fonte di equivoci interpretativi o dilemmi applicativi da parte degli operatori.

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Massimiliano Lombardo
Avv. Massimiliano Lombardo
Esperto e docente in materia di appalti pubblici
mediagraphic assistenza tecnico legale e soluzioni per l'innovazione p.a.