Sending
Questo articolo è valutato
0 (0 votes)

Affermando che “l’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro”, l’articolo uno della nostra Costituzione, assurge lo Stato al fondamentale ruolo di garante di quel diritto al lavoro che ritroviamo sancito nell’articolo quattro. Il riferimento al lavoro nel primo articolo esprime la volontà dell’Assemblea Costituente di mettere come assoluta priorità dell’azione del Governo e della politica la realizzazione della persona. Un lavoro permette di ottenere un salario, ma non è questo il solo scopo sociale di un’occupazione. “Il lavoro nobilita l’uomo”. La celebre frase attribuita a Charles Darwin può essere spiegata con il fatto che il lavoro eleva, migliora lo spirito umano, lo investe di una dignità che altrimenti resterebbe oppressa nella noia di giornate senza scopo, nell’anonimato di un nome che nessuno cerca. Darwin, padre dell’evoluzionismo, ha probabilmente visto nel lavoro una sorta di fattore che permette all’uomo di crescere, di passare da uno stato di presenza passiva nel mondo a uno di esistenza attiva. L’individuo attraverso il lavoro prende coscienza delle proprie capacità, comprende di potersi impegnare in attività che producono benefici per sé stesso e per la società. In tale ottica, un lavoro ci fa sentire inseriti nella comunità, rendendoci consapevoli del ruolo che in essa abbiamo. Sapere di avere una posizione in un determinato contesto contribuisce alla formazione della propria autostima che a sua volta è elemento essenziale per raggiungere il proprio stato di benessere. Dire dunque che l’Italia è fondata sul lavoro, vuol dire che le sue fondamenta affondano nella promozione del benessere dei cittadini sia sul versante reddituale sia su quello sociale e psicologico.

Questo encomiabile compito di cui lo Stato si autoinveste deve ovviamente soddisfare il principio dell’universalità. Deve essere assolto a favore di tutti i cittadini “senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”, come enunciato dall’articolo tre della Costituzione. Sulla Carta non si fa specifico riferimento ad una determinata categoria di persone che riteniamo possa essere individuata nel punto in cui si parla di condizioni personali: i cittadini diversamente abili.

“L’inserimento lavorativo delle persone con disabilità è fondamentale perché permette di riconoscere la dignità di ogni persona, aumentare l’autostima, promuovere l’arricchimento personale e rappresenta uno dei passaggi fondamentali nel processo generale di inclusione sociale”. Queste parole sono tratte da un articolo pubblicato sul sito internet cliclavoro che fa capo al Ministero del Lavoro e delle Pari Opportunità. Di inclusione lavorativa dei diversamente abili si discute anche in ambito di appalti pubblici. Lo scorso due ottobre, in occasione del question time presso la Camera dei Deputati, era stato l’onorevole Alessandro Colucci a chiedere a Matteo Salvini, in qualità di Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, quali sono le iniziative che il Governo intende mettere in atto per “promuovere nel settore degli appalti pubblici l’inserimento lavorativo delle persone con disabilità o cosiddette svantaggiate, in relazione all’eventuale provvedimento correttivo del codice dei contratti”. Nella risposta del titolare del Dicastero di piazzale di Porta Pia, il riferimento all’allegato II.3 del Codice degli appalti: l’articolo quattro prevede che le stazioni appaltanti possano inserire come requisiti premiali criteri orientati all’inclusione lavorativa delle persone disabili; l’articolo cinque prevede ulteriori premialità all’offerente o al candidato che assuma oltre la soglia minima percentuale una lista di categorie da tutelare tra le quali proprio le persone disabili.

“L’inserimento lavorativo delle persone con disabilità anche negli appalti pubblici è un obiettivo primario, per quello che mi riguarda, economicamente e socialmente”, ha detto Salvini rispondendo a l’On. Colucci.

Il 03 dicembre si è celebrata la Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità, istituita dall’ONU nel 1992. In occasione dell’edizione del 2024, la riflessione dell’Associazione “Casa al Plurale” che per mano del presidente Luigi Vittorio Berliri esamina come la società reagisce nei confronti delle diversità: rifiuto, pietà, meraviglia. Soffermandosi su quest’ultimo aspetto Berliri afferma che “una società che sceglie la meraviglia non lascia indietro nessuno, ma mette al centro i più fragili, facendo di loro una priorità non solo morale, ma anche politica e di bilancio”. Il tema che le Nazioni Unite hanno scelto per questa edizione della Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità è “amplificare la leadership delle persone con disabilità per un futuro inclusivo e sostenibile”.  Berliri mette al centro delle attenzioni sociali i fragili, le Nazioni Unite aspirano a fare di queste persone dei leader. In entrambi i casi le persone con disabilità sono collocate in una posizione che le rende protagoniste della società, finalmente in grado di essere considerate per quello che valgono e non per quello che sono.

Oggi, parlando di inclusività negli appalti pubblici, e in ogni altro ambito del mondo del lavoro, si ricorre ancora ai meccanismi degli incentivi: si riconosce la bontà di chi arruola un diversamente abile e lo si premia. Quando questi automatismi saranno stati superati, quando si smetterà di considerare il disabile come una tripla da giocare per assicurarsi agevolazioni e sgravi fiscali, assumendolo invece per l’arricchimento che può offrire ad una organizzazione imprenditoriale, come persona e come professionista, e accettando che possa avere un ritmo diverso dai canonici 1000 beat che la modernità pretende dalle nostre giornate, solo allora, l’inclusione sarà reale.

Sending
Questo articolo è valutato
0 (0 votes)

Questo articolo è stato scritto da...

Dott. Enzo de Gennaro
Direttore Responsabile
mediagraphic assistenza tecnico legale e soluzioni per l'innovazione p.a.