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“Dobbiamo continuare a semplificare le procedure, […] sono il maggior ostacolo, per i progetti onshore e offshore di rinnovabili, […] continueremo a spingere su questo punto”. Le parole del Presidente Mario Draghi sono un passaggio delle dichiarazioni rilasciate alle Camere nella mattinata del primo marzo. L’invasione dell’Ucraina da parte di Putin ha messo a nudo le criticità del sistema di approvvigionamento energetico dell’Italia. Il nostro paese importa il 95% di gas; il 40% arriva dalla Russia. Un’interruzione delle forniture metterebbe in crisi l’intero sistema energetico. “Nel breve termine – ha aggiunto Draghi – anche una completa interruzione dei flussi di gas dalla Russia a partire dalla prossima settimana non dovrebbe di per sé comportare seri problemi”. Le scorte e l’avvicinarsi di temperature più miti dovrebbero garantire un periodo di autonomia.

Nel discorso davanti ai parlamentari Draghi non fa più riferimento al carbone. Nei giorni precedenti aveva paventato l’opzione di rimettere in funzione le sette centrali italiane in via di dismissione. Una soluzione che aveva sollevato opposizioni da più parti. Critiche sono subito arrivate da Greenpeace, Legambiente e Wwf. “Grave errore del Presidente del Consiglio Draghi pensare di riaprire le centrali a carbone e continuare questa insensata corsa al gas”, aveva dichiarato Legambiente. Obiezioni sono arrivate anche dal mondo delle imprese. “Per risolvere questa grave emergenza, chiediamo al Governo e alle Regioni di autorizzare entro giugno 60 GW di nuovi impianti rinnovabili,pari a solo un terzo delle domande di allaccio già presentate a Terna”, aveva affermato Agostino Re Rebaudengo, Presidente di Elettricità Futura, organizzazione di Confindustria che raccoglie le imprese elettriche italiane.

Elettricità Futura ci riporta alle parole di Draghi: “Dobbiamo continuare a semplificare le procedure”. Sembra essere questo il nodo da sciogliere. Associazioni ambientaliste e imprese operanti nel settore delle rinnovabili lo denunciano da tempo: bisogna ridurre i tempi per l’espletamento dell’iter che porta alla realizzazione degli impianti sostenibili. La burocrazia che in questi anni ha rallentato la conversione ecologica si è resa inconsapevolmente complice dell’odierna crisi energetica.

In una conferenza stampa datata 25 febbraio, Elettricità Futura aveva esposto le criticità della burocrazia: in Italia il percorso autorizzativo per un impianto rinnovabile ha una durata media di sette anni; la normativa prevede che la procedura si concluda in un solo anno. Un ritardo che oltre a frenare il processo di diffusione delle rinnovabili, rischia di mettere in discussione la funzionalità di progetti che diventeranno realtà dopo un periodo durante il quale potrebbero essere resi obsoleti da nuove tecnologie. 

Sulle scrivanie e tra gli scaffali delle Pubbliche Amministrazioni sono protocollate richieste in attesa di approvazione che potrebbero dare uno slancio decisivo alle rinnovabili, alla conseguente tutela dell’ambiente, alla riduzione delle bollette, all’indipendenza dell’Italia. Per Legambiente “se anche solo il 50% delle rinnovabili oggi sulla carta venisse realizzato, l’Italia avrebbe anche già raggiunto gli obiettivi climatici europei”.

Fino a pochi giorni fa parlavamo delle rinnovabili in termini di transizione energetica. Obiettivo: ridurre l’impatto ambientale dei consumi di energia. Oggi, alla luce degli eventi bellici, scopriamo che oltre che di transizione, dovremmo parlare di indipendenza energetica. La guerra in Ucraina ci fa scoprire che non si può dipendere da altri paesi su un fronte strategico come l’energia. L’Italia deve essere in grado di provvedere in autonomia alla produzione dell’energia di cui ha bisogno.

La gravità della situazione ha indotto a paventare razionamenti dei consumi, riaccensione di centrali a carbone. La recrudescenza della situazione in Europa ha portato qualcuno a parlare di economia di guerra. “Negli ultimi decenni, molti si erano illusi che la guerra non avrebbe più trovato spazio in Europa. Che gli orrori che avevano caratterizzato il Novecento fossero mostruosità irripetibili”, ha detto Draghi in apertura del suo discorso alle Camere. Questi giorni disvelano che siamo adagiati su un piano di incertezza. Che il presente è instabile. Basta l’iniziativa di un singolo per mettere in discussione ogni certezza.  

La marcia verso la transizione ecologica diventa corsa verso l’indipendenza energetica. In tale prospettiva il ruolo delle Pubbliche Amministrazioni non è secondario. Oltre alla gestione delle autorizzazioni, hanno la possibilità di offrire un contributo diretto al cambiamento. Uno studio dell’AVCP fa emergere che gli enti locali possono limitarsi a svolgere un compito esclusivamente autorizzatorio, ma possono anche diventare parte attiva concedendo suolo pubblico o, ancora di più, diventando produttrici di energia con impianti propri. 

Il documento dell’Autorità di Vigilanza evidenzia la diversificazione dei contratti che possono essere messi in atto dalle PPAA in ambito di energie rinnovabili. “Vanno dalla concessione, all’appalto misto, alla locazione finanziaria”, si legge nel documento che cita “anche operazioni basate sulla costituzione di società a capitale misto pubblico-privato”. 

E’ realistico pensare che gli Enti Locali non abbiano capacità e competenze tecniche per gestire in autonomia tali aspetti. Devono affidarsi a professionisti e agenzie che offrano lo sviluppo di piani di risparmio energetico, promuovano l’applicazione delle procedure europee, diano supporto alla redazione di documenti per l’emissione dei bandi. In un futuro nel quale le rinnovabili saranno il fulcro della quotidianità internalizzare certe professionalità sarà la migliore strategia per gestire in maniera ottimale tutte le opportunità che derivano dalle politiche ecologiche. Le PPAA che per prime si muoveranno anche in questo senso, saranno quelle che trarranno maggiori vantaggi in un futuro che sarebbe dovuto essere già presente.

Oggi il futuro è sospeso. Rannicchiato sotto le bombe di Kiev. Ma nulla ci dispensa dall’immaginarlo, progettarlo, sperarlo. Migliore di come lo abbiamo costruito fino a oggi. Il primo marzo abbiamo celebrato il decimo anniversario della scomparsa di Lucio Dalla. In questi giorni suonano drammaticamente preveggenti le parole della sua Futura: “sarà stato forse un tuono/non mi meraviglio/è una notte di fuoco/nascerà e non avrà paura nostro figlio/e chissà come sarà lui domani/su quali strade camminerà”.                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                

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Dott. Enzo de Gennaro
Direttore Responsabile
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