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1. Il requisito di regolarità contributiva: contesto normativo e giurisprudenziale

La regolarità contributiva costituisce requisito indispensabile per la partecipazione alle gare di appalto e concessione ai sensi dell’art. 38, paragrafo 1, lettera i), del D.Lgs. n. 138/2006 (di seguito «Codice»), che al riguardo prevede la sanzione espulsiva per gli operatori economici che abbiano commesso i)«… che hanno commesso violazioni gravi, definitivamente accertate, alle norme in materia di contributi previdenziali e assistenziali, secondo la legislazione italiana o dello Stato in cui sono stabiliti».

In particolare, tale disposizione esige che tutti i soggetti che, a qualunque titolo, concorrano a pubblici appalti, in veste di affidatari, sub affidatari, consorziati, componenti di A.T.I., ausiliari in sede di avvalimento, siano in possesso di determinati requisiti (cd. «requisiti di ordine generale», applicabili indipendentemente dall’importo del contratto), ivi elencati, e rendano apposita dichiarazione in tal senso, assumendosi le relative responsabilità[1]. Nel caso della regolarità contributiva, ai fini della partecipazione alla gara, il concorrente deve presentare apposita dichiarazione di non trovarsi nella situazione prevista dall’art. 38, comma 1, lett. i); spetta, poi, alla stazione appaltante ed alle amministrazioni procedenti verificare, ai sensi dell’art. 71 del D.P.R. n. 445/2000, la correttezza delle dichiarazioni ricevute tramite acquisizione d’ufficio del documento unico di regolarità contributiva (in seguito D.U.R.C.).

Naturalmente il requisito in esame deve essere mantenuto per tutto l’arco di svolgimento della gara, fino al momento dell’aggiudicazione, posto che alla base di tale obbligo risiede l’esigenza della stazione appaltante di verificare l’affidabilità del soggetto partecipante alla gara fino alla conclusione della stessa: in questa prospettiva la giurisprudenza è costante nel ritenere irrilevante un eventuale adempimento tardivo degli obblighi contributivi, ancorché con effetti retroattivi «giacché la ammissibilità della regolarizzazione postuma si tradurrebbe in una integrazione dell’offerta, configurandosi come violazione della par condicio” (Cons. Stato, sez. VI, 2/5/2011, n. 2580; sez. V, 17/3/2013, n. 2682).

La lettera i) dell’art. 38 sopra menzionato non ha subìto modifiche per effetto dell’art. 1, comma 5, D.L. n. 16/2012, «Disposizioni urgenti in materia di semplificazioni tributarie, di efficientamento e potenziamento delle procedure di accertamento», convertito in L. n. 44/2012 (cd. «Decreto Sviluppo). Tuttavia, quest’ultimo ha inserito al comma 2 dell’art. 38 un capoverso che definisce il criterio di gravità delle violazioni delle norme in materia di versamento di contributi agli organismi di previdenza sociale[2].

In particolare, in materia di violazioni contributive, il legislatore ha ricondotto la gravità ad ogni violazione che sia ostativa al rilascio del D.U.R.C., previsto dall’art. 2, comma 2, del D.L. n. 210/2002, recante Disposizioni urgenti in materia di emersione del lavoro sommerso e di rapporti di lavoro a tempo parziale, convertito, con modificazioni, nella L. n. 266/2002[3]. Si è quindi ritenuto sia in giurisprudenza che nella prassi che l’emissione di un D.U.R.C. irregolare equivarrebbe ex se alla sussistenza di una grave irregolarità, accertata, a monte, dall’ente previdenziale, senza che a riguardo possa residuare alcun margine di discrezionalità in capo alla stazione appaltante: il rapporto tra D.U.R.C. e valutazione finale circa il possesso del requisito generale di partecipazione è stabilito nel senso che la stazione appaltante è comunque vincolata alle risultanze del D.U.R.C.[4].

Le infrazioni ostative al rilascio del D.U.R.C. sono definite da un Decreto del Ministero del lavoro e della previdenza sociale del 24 ottobre 2007 (GURI n. 279, del 30 novembre 2007). Ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 3, di tale decreto ministeriale:

«Ai soli fini della partecipazione a gare di appalto non osta al rilascio del D.U.R.C. uno scostamento non grave tra le somme dovute e quelle versate, con riferimento a ciascun Istituto previdenziale ed a ciascuna Cassa edile. Non si considera grave lo scostamento inferiore o pari al 5% tra le somme dovute e quelle versate con riferimento a ciascun periodo di paga o di contribuzione o, comunque, uno scostamento inferiore ad € 100,00, fermo restando l’obbligo di versamento del predetto importo entro i trenta giorni successivi al rilascio del D.U.R.C».

Una particolare ipotesi di rilascio del D.U.R.C. è prevista dall’art. 13 bis, comma 5, del D.L. 7 maggio 2012, n. 52 convertito, con modificazioni, nella L. 6 luglio 2012, n. 94, «Disposizioni urgenti per la razionalizzazione della spesa pubblica», con il quale il legislatore ha inteso far sì che le imprese creditrici nei confronti delle pubbliche amministrazioni, nell’ambito dei limiti delineati dalla norma, ottengano un DURC per poter continuare ad operare sul mercato, in particolare in quello della contrattualistica pubblica, pur in presenza di debiti previdenziali e/o assicurativi[5].

Per quanto riguarda, poi, il requisito della definitività dell’accertamento, in assenza di una chiara definizione legislativa, nella prassi devono ritenersi valide le osservazioni fornite dall’Autorità di Vigilanza (oggi ANAC) nella determinazione n. 1/2010, condivise peraltro dalla giurisprudenza (cfr. Consiglio Stato, sez. VI, 16/9/2011, n. 5194, secondo cui «… lo stato di “definitivo accertamento” delle violazioni contributive può essere rinvenuto, in pratica, in tutte le situazioni caratterizzate dalla non pendenza di ricorsi amministrativi o giurisdizionali, né del termine per esperirli. E’ in questo senso che si dice che ai fini della valutazione della definitività dell’accertamento, per gli effetti dell’art. 38, comma 1 lett. i), d.lgs. n. 163/2006, occorre che al momento della scadenza del termine per la presentazione della domanda di partecipazione alla gara: (i) sia spirato il termine per l’impugnazione dell’atto di accertamento in sede amministrativa, o il relativo ricorso amministrativo sia stato respinto con provvedimento definitivo, e (ii) non sia stato proposto ricorso giurisdizionale (senza che una proposizione solo successiva del ricorso giurisdizionale possa valere ad infirmare l’efficacia preclusiva del d.u.r.c. negativo) (C.d.S., V, 13 luglio 2010, n. 4511; Sez. VI, 27 febbraio 2008 n. 716)».

In merito occorre infine tener conto di quanto disposto dall’articolo 31, L. 9 agosto 2013, n. 98 recante Semplificazioni in materia di DURC, che consente la regolarizzazione postuma della posizione del concorrente inadempiente:

«Ai fini della verifica per il rilascio del documento unico di regolarità contributiva (DURC), in caso di mancanza dei requisiti per il rilascio di tale documento gli Enti preposti al rilascio, prima dell’emissione del DURC o dell’annullamento del documento già rilasciato, invitano l’interessato, mediante posta elettronica certificata o con lo stesso mezzo per il tramite del consulente del lavoro ovvero degli altri soggetti di cui all’articolo 1 della legge 11 gennaio 1979, n. 12, a regolarizzare la propria posizione entro un termine non superiore a quindici giorni, indicando analiticamente le cause della irregolarità.».

2. Il caso di specie

Il rinvio pregiudiziale al Giudice europeo origina dalla controversia insorta tra il Comune di Milano e un’impresa partecipante alla gara, bandita dal primo, avente ad oggetto l’affidamento di un appalto pubblico di lavori.

Nella specie, il concorrente ha dichiarato in sede di gara di «non avere commesso violazioni gravi, definitivamente accertate, alle norme in materia di contributi previdenziali e assistenziali», ai sensi dell’articolo 38, comma 1, lettera i), del D.Lgs. n. 163/2006. Tuttavia, in sede di verifica della dichiarazione, acquisito il D.U.R.C., la stazione appaltante ha accertato che il concorrente aveva omesso di effettuare, entro i termini richiesti, i versamenti relativi ad obblighi contributivi per un importo pari a 278 euro. In considerazione dell’infrazione la stazione appaltante ha annullato l’aggiudicazione definitiva disposta in suo favore, nonostante lo stesso avesse effettuato tardivamente il versamento.

Il concorrente in questione ha quindi impugnato il provvedimento di annullamento dinanzi al Tar Lombardia, facendo valere, sostanzialmente, che l’art. 38, paragrafo 2, del decreto legislativo n. 163/2006, è incompatibile con il diritto dell’Unione.

Il TAR evidenzia come:

  • pur non ricadendo la gara di cui si trattasi nell’ambito della direttiva 2004/18 (in quanto il valore dell’appalto oggetto del procedimento principale è inferiore alla soglia fissata dall’articolo 7, lettera c della predetta direttiva), tale gara presenta un interesse transfrontaliero sicché, secondo la giurisprudenza della Corte, devono essere comunque rispettate le norme fondamentali del TFUE;
  • sussistono dubbi quanto alla compatibilità dell’articolo 38, paragrafo 2, del Codice con i principi di proporzionalità e di parità di trattamento del diritto dell’Unione. Introducendo una nozione esclusivamente legale di «gravità» della violazione contributiva, l’articolo 38 cit. produrrebbe come effetto quello di privare l’autorità aggiudicatrice di ogni margine di discrezionalità ai fini dell’accertamento dei requisiti di partecipazione relativi all’assenza di contributi arretrati.

I dubbi suscitati dalla disposizione in esame a giudizio del TAR sono sintetizzabili come segue:

  • la violazione del requisito relativo al rispetto, da parte di un’impresa, degli obblighi di pagamento delle prestazioni previdenziali – che è stato istituito con l’obiettivo di accertarsi dell’affidabilità, della diligenza e della serietà dell’impresa stessa – costituisce realmente un indice significativo della mancanza di affidabilità del concorrente?
  • in questa prospettiva, i criteri elaborati dal legislatore nazionale sono compatibili con il principio di proporzionalità?[6]
  • deve dirsi sproporzionata l’esclusione del concorrente di un’impresa dalla partecipazione a un bando di gara nel caso in cui, come quello di specie, l’infrazione verta su un importo poco rilevante?
  • le previsioni normative concernenti l’esclusione per mancato pagamento delle prestazioni previdenziali sono coerenti con quelle concernenti il mancato pagamento in materia fiscale, secondo le quali solo le infrazioni che vertono su un importo superiore a euro 10.000 sarebbero qualificate come gravi?
  • può ritenersi coerente con il principio europeo di proporzionalità la disciplina italiana (in particolare quella di cui al DM Lavoro del 24.10.2007) ai sensi della quale è considerato «grave» lo scostamento pari o superiore al 5% tra le somme dovute e quelle versate con riferimento a ciascun periodo di contribuzione e, comunque, lo scostamento superiore a 100 euro?

La soluzione dei predetti interrogativi è rimessa alla Corte di Giustizia dell’Unione, alla quale il TAR pone la seguente questione pregiudiziale:

«Il principio di proporzionalità, discendente dal diritto di stabilimento e dai principi di non discriminazione e di tutela della concorrenza, di cui agli articoli 49 [TFUE], 56 [TFUE] e 101 [TFUE], nonché il canone di ragionevolezza in esso racchiuso ostano ad una normativa nazionale che, tanto per gli appalti sopra soglia, quanto per gli appalti sotto soglia [dell’Unione europea], qualifica come grave una violazione contributiva, definitivamente accertata, quando il suo importo eccede il valore di EUR 100 ed è contemporaneamente superiore al 5% dello scostamento tra le somme dovute e quelle versate con riferimento a ciascun periodo di paga o di contribuzione, con conseguente obbligo per le stazioni appaltanti di escludere da una gara il concorrente che si è reso responsabile di una simile violazione, senza valorizzare altri profili oggettivamente espressivi dell’affidabilità del concorrente come controparte contrattuale?».

Il giudice nazionale interroga la Corte sulla legittimità dell’art. 38 del Codice, che disciplina l’esclusione per irregolarità contributiva, alla luce dei principi comunitari di proporzionalità e par condicio.

3. Il quadro europeo

Il quadro di riferimento europeo è, ratione temporis, rappresentato dalla direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi (GU L 134, pag. 114), («direttiva 2004/18»), prevede, al considerando 2 quanto segue:

«L’aggiudicazione degli appalti negli Stati membri per conto dello Stato, degli enti pubblici territoriali e di altri organismi di diritto pubblico è subordinata al rispetto dei principi del trattato ed in particolare ai principi della libera circolazione delle merci, della libertà di stabilimento e della libera prestazione dei servizi, nonché ai principi che ne derivano, quali i principi di parità di trattamento, di non discriminazione, di riconoscimento reciproco, di proporzionalità e di trasparenza. Tuttavia, per gli appalti pubblici con valore superiore ad una certa soglia è opportuno elaborare disposizioni di coordinamento comunitario delle procedure nazionali di aggiudicazione di tali appalti fondate su tali principi, in modo da garantirne gli effetti ed assicurare l’apertura degli appalti pubblici alla concorrenza. Di conseguenza, tali disposizioni di coordinamento dovrebbero essere interpretate conformemente alle norme e ai principi citati, nonché alle altre disposizioni del trattato».

L’articolo 7 di tale direttiva prevede l’importo delle soglie a partire dalle quali si applicano le regole relative al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi previste dalla direttiva stessa. Per gli appalti pubblici di lavori, l’articolo 7, lettera c), di detta direttiva fissa la soglia applicabile in un importo pari a EUR 4845.000.

Il successivo articolo 45 riguarda i criteri di selezione qualitativa relativi alla situazione personale del candidato o dell’offerente. In particolare, ai sensi del paragrafo 2 di tale articolo:

«Può essere escluso dalla partecipazione all’appalto ogni operatore economico:

(…)

e) che non sia in regola con gli obblighi relativi al pagamento dei contributi previdenziali e assistenziali secondo la legislazione del paese dove è stabilito o del paese dell’amministrazione aggiudicatrice;

f) che non sia in regola con gli obblighi relativi al pagamento delle imposte e delle tasse secondo la legislazione del paese dove è stabilito o del paese dell’amministrazione aggiudicatrice;

(…)

Gli Stati membri precisano, conformemente al rispettivo diritto nazionale e nel rispetto del diritto comunitario, le condizioni di applicazione del presente paragrafo».

4. L’interpretazione della Corte di Giustizia

La Corte analizza la questione posta alla luce del principio generale secondo cui sono ammesse restrizioni alle fondamentali libertà di stabilimento e di prestazione di servizi se e nella misura in cui le stesse perseguano un obiettivo legittimo di interesse pubblico e rispettino il principio di proporzionalità.

In questo senso l’art. 38, paragrafo 1, lettera i), per quanto qui di interesse, certamente persegue un interesse pubblico meritevole di tutela, quale quello di consentire al soggetto pubblico di accertarsi dell’affidabilità, della diligenza e della serietà dell’offerente nonché della correttezza del suo comportamento nei confronti dei suoi dipendenti.

La Corte rileva quindi che «una causa di esclusione come quella prevista dall’articolo 38, paragrafo 1, lettera i), del decreto legislativo n. 163/2006 è idonea a garantire il conseguimento dell’obiettivo perseguito, dato che il mancato versamento delle prestazioni previdenziali da parte di un operatore economico tende a indicare assenza di affidabilità, di diligenza e di serietà di quest’ultimo quanto all’adempimento dei suoi obblighi legali e sociali.».

Ciò premesso, sono due le considerazioni che inducono la Corte a “salvare” la norma italiana:

a) la circostanza che la norma nazionale preveda una soglia precisa di esclusione alla partecipazione agli appalti pubblici, garantisce non solo la parità di trattamento degli offerenti ma anche la certezza del diritto, principio il cui rispetto costituisce una condizione della proporzionalità di una misura restrittiva (v., in tal senso, sentenza Itelcar, C 282/12, EU:C:2013:629, punto 44);

b) l’art. 45 della direttiva citata, che pone un regime di esclusione maggiormente restrittivo in quanto non prevede alcun importo minimo di contributi arretrati), lascia tuttavia agli Stati membri la possibilità di definire il livello di tale soglia di esclusione, consentendo agli stessi anche una attenuazione del relativo regime.

In altri termini la Corte evidenzia come il legislatore europeo non esiga una uniformità di applicazione delle cause di esclusione in esame a livello dell’Unione, potendo gli Stati membri non applicare affatto tali cause ovvero inserirle nella normativa nazionale con un grado di rigore che potrebbe variare a seconda dei casi, in funzione di considerazioni di ordine giuridico, economico o sociale prevalenti a livello nazionale.

Coerentemente con tale impostazione, il legislatore italiano ha quindiprevisto legittimamente un importo minimo che costituisce un’attenuazione del criterio di esclusione previsto a livello europeo e non può, pertanto, ritenersi che vada oltre il necessario.

Queste le basi che consentono alla Corte di applicare le medesime conclusioni al caso in cui non sussistano i presupposti per l’applicazione della suddetta direttiva:«Ciò vale, a fortiori, riguardo agli appalti pubblici che non raggiungono la soglia definita dall’articolo 7, lettera c), di tale direttiva e, di conseguenza, non sono assoggettati alle procedure particolari e rigorose previste dalla direttiva stessa.».

Le considerazioni sopra svolte inducono la Corte a risolvere la predetta questione come segue:

«Gli articoli 49 TFUE e 56 TFUE nonché il principio di proporzionalità vanno interpretati nel senso che non ostano a una normativa nazionale che, riguardo agli appalti pubblici di lavori il cui valore sia inferiore alla soglia definita all’articolo 7, lettera c), della direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, quale modificata dal regolamento (CE) n. 1177/2009 della Commissione, del 30 novembre 2009, obblighi l’amministrazione aggiudicatrice a escludere dalla procedura di aggiudicazione di un tale appalto un offerente responsabile di un’infrazione in materia di versamento di prestazioni previdenziali se lo scostamento tra le somme dovute e quelle versate è di un importo superiore, al contempo, a EUR 100 e al 5% delle somme dovute.».

Non viola gli articoli 49 TFUE e 56 TFUE né il principio di proporzionalità – ed è quindi legittima – la normativa nazionale che, in caso di appalti pubblici di lavori il cui valore sia inferiore alla soglia definita all’articolo 7, lettera c), della direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, obblighi l’amministrazione aggiudicatrice a escludere dalla gara l’offerente responsabile di un’infrazione in materia di versamento di prestazioni previdenziali se lo scostamento tra le somme dovute e quelle versate è di un importo superiore, al contempo, a EUR 100 e al 5% delle somme dovute.

5. La regolarità contributiva nelle nuove «direttive appalti»

Le nuove direttive, entrate in vigore lo scorso 17 aprile 2014, confermano l’idea di fondo, qui trattata, secondo cui l’inaffidabilità dell’operatore economico deve costituire motivo per la sua esclusione da una gara:

«Le amministrazioni aggiudicatrici dovrebbero continuare ad avere la possibilità di escludere operatori economici che si sono dimostrati inaffidabili, ….» (v. Considerando 101, direttiva 2014/24/UE).

Anche le nuove norme ripropongono il concetto di gravità della violazione ai fini della esclusione, rimettendo tuttavia al legislatore nazionale la possibilità di prevedere disposizioni contrarie, meno restrittive:

«Tenendo presente che l’amministrazione aggiudicatrice sarà responsabile per le conseguenze di una sua eventuale decisione erronea, le amministrazioni aggiudicatrici dovrebbero anche mantenere la facoltà di ritenere che vi sia stata grave violazione dei doveri professionali qualora, prima che sia stata presa una decisione definitiva e vincolante sulla presenza di motivi di esclusione obbligatori, possano dimostrare con qualsiasi mezzo idoneo che l’operatore economico ha violato i suoi obblighi, inclusi quelli relativi al pagamento di imposte o contributi previdenziali, salvo disposizioni contrarie del diritto nazionale. … Il diritto nazionale dovrebbe prevedere una durata massima per tali esclusioni.». (v. Considerando 101, direttiva 2014/24/UE).

Passando alla concreta disciplina, l’articolo 57 della direttiva in esame, recependo l’orientamento della Corte di Giustizia del 2006, dispone che:

«Un operatore economico è escluso dalla partecipazione a una procedura d’appalto se l’amministrazione aggiudicatrice è a conoscenza del fatto che l’operatore economico non ha ottemperato agli obblighi relativi al pagamento di imposte o contributi previdenziali e se ciò è stato stabilito da una decisione giudiziaria o amministrativa avente effetto definitivo e vincolante secondo la legislazione del paese dove è stabilito o dello Stato membro dell’amministrazione aggiudicatrice.

Inoltre, le amministrazioni aggiudicatrici possono escludere o possono essere obbligate dagli Stati membri a escludere dalla partecipazione a una procedura d’appalto un operatore economico se l’amministrazione aggiudicatrice può dimostrare con qualunque mezzo adeguato che l’operatore economico non ha ottemperato agli obblighi relativi al pagamento di imposte o contributi previdenziali.»[7].

Coerentemente con la logica dell’articolo 38 del Codice, inoltre, la nuova direttiva consente al legislatore di ritenere irrilevanti, ai fini dell’esclusione dalla gara, alcune violazioni particolarmente lievi o dovute a oggettiva impossibilità per il concorrente di adempiere:  

«Gli Stati membri possono inoltre prevedere una deroga alle esclusioni obbligatorie di cui al paragrafo 2 nei casi in cui un’esclusione sarebbe chiaramente sproporzionata, in particolare qualora non siano stati pagati solo piccoli importi di imposte o contributi previdenziali o qualora l’operatore economico sia stato informato dell’importo preciso dovuto a seguito della sua violazione degli obblighi relativi al pagamento di imposte o di contributi previdenziali in un momento in cui non aveva la possibilità di prendere provvedimenti in merito, come previsto al paragrafo 2, terzo comma, prima della scadenza del termine per richiedere la partecipazione ovvero, in procedure aperte, del termine per la presentazione dell’offerta.». Trattandosi di mera facoltà, il legislatore nazionale sarebbe naturalmente libero di prevedere l’esclusione del concorrente anche in caso di violazioni della normativa previdenziale aventi tali caratteristiche.

In un caso tuttavia, ai sensi della nuova direttiva, il legislatore nazionale non ha libertà «di manovra»: l’esclusione dalla gara non può essere infatti comunque disposta quando l’operatore economico ha ottemperato ai suoi obblighi pagando o impegnandosi in modo vincolante a pagare le imposte o i contributi previdenziali dovuti, compresi eventuali interessi o multe (v. art. 57, comma 2, ultimo capoverso).

Pur sussistendo la violazione, dunque, essa non rileva come specifica causa di esclusione dalle procedure ad evidenza pubblica, secondo una logica condivisa pienamente dal recente legislatore nazionale all’articolo 31, L. 9 agosto 2013, n. 98 recante Semplificazioni in materia di DURC (ai sensi del quale è obbligatorio per gli enti competenti formulare apposito invito all’interessato al fine della regolarizzazione della sua posizione entro un termine non superiore a 15 giorni).


[1] La giurisprudenza ha evidenziato l’ampia portata dell’obbligo in questione, «sancendo l’art.49, comma 2, lett. c), del codice dei contratti, sul piano dell’accertamento dei requisiti di ordine generale, una totale equiparazione tra gli operatori economici offerenti e gli operatori economici in rapporto di avvalimento, ciò in omaggio ad elementari ragioni di trasparenza e di tutela effettiva degli interessi sottesi alle cause di esclusione delineati dall’art. 38 ed in relazione all’ineludibile esigenza che tutti gli operatori chiamati, a qualunque titolo, all’esecuzione di prestazioni di lavori, servizi e forniture siano dotati dei necessari requisiti di ordine generale» (Cons. Stato, sez. V 8/4/2014 n. 1647 e sez.V, 15/11/2012, n. 5780).

[2] «Ai fini del comma 1, lettera i), si intendono gravi le violazioni ostative al rilascio del documento unico di regolarità contributiva di cui all’articolo 2, comma 2, del decreto-legge 25 settembre 2002, n. 210, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 novembre 2002, n. 266; i soggetti di cui all’articolo 47, comma 1, dimostrano, ai sensi dell’ articolo 47, comma 2, il possesso degli stessi requisiti prescritti per il rilascio del documento unico di regolarità contributiva.».

[3]Ai sensi di tale disposizione, «Le imprese ((.  . .)) che risultano affidatarie di un appalto pubblico sono tenute a presentare alla  stazione appaltante la certificazione relativa alla regolarità contributiva a pena di revoca dell’affidamento. Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, l’INPS, l’INAIL stipulano convenzioni al fine del rilascio di un documento unico di regolarità contributiva».

[4] Consiglio di Stato, sez. V, n. 6072 del 18.11.2011, sez. V, n. 5936 del 24.08.2010, sez. VI, n. 1930 del 06.04.2010; AVCP, Determinazione 16/5/2012 n. 1.

[5] Sul punto si rinvia alla Circolare INPS del 30/01/2014 n. 16.

[6] A giudizio del Tar infatti quello della gravità della violazione sembrerebbe un criterio astratto, che non tiene conto delle caratteristiche di un bando di gara specifico, relative all’oggetto e al valore attuale di quest’ultimo, nonché dell’importanza del fatturato e della capacità economica e finanziaria dell’impresa che ha commesso l’infrazione.

[7] V. anche art. 38 della direttiva 2014/23. In tema di appalti nei settori speciali, l’art. 80 della direttiva n. 25/2014 rinvia alle ipotesi dell’art. 57 cit..

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Questo articolo è stato scritto da...

Francesca Scura
Avv. Francesca Scura
Avvocato amministrativista, esperto in contrattualistica pubblica
mediagraphic assistenza tecnico legale e soluzioni per l'innovazione p.a.