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1. I motivi dell’esclusione ex art. 80 Codice appalti: le disposizioni comunitarie e le norme di recepimento

L’art.80 del Codice degli appalti recante “Motivi di esclusione”, recepisce l’art. 57 della Direttiva 2014/24/UE e pone in essere numerose delle cause di esclusione elencate dall’art. 38 del d.lgs. n. 163/2006 e s.m.i.. Tuttavia, alcune delle nuove ipotesi escludenti sembrano caratterizzate da un’elevata discrezionalità in capo alle Stazioni appaltanti, anche se all’operatore economico è consentito di dimostrare la propria affidabilità nonostante in capo ad esso siano riscontrabili cause di esclusione.

Il ricorrere delle cause di esclusione in capo agli operatori economici in conformità con quanto già disposto nella previgente normativa, oltre a precludere la partecipazione alle gare, non consente che tali soggetti siano affidatari di subappalti e stipulino i relativi contratti e l’insorgere di una delle cause di esclusione, nel corso della procedura di gara, o la sopravvenuta conoscenza in capo alla Stazione appaltante di taluna delle cause di esclusione contemplate dall’art.80 del Codice degli appalti, comporta, in ogni caso, l’esclusione dell’operatore economico.

Nel recepire la Direttiva 2014/24, il legislatore nazionale ha ribadito l’impostazione comunitaria con la conseguenza che, ai sensi del comma 1, dall’art.80 del Codice degli appalti, costituiscono cause di esclusione dalla procedura ad evidenza pubblica esclusivamente le condanne per i reati ivi elencati, senza alcuna possibilità per la Stazione appaltante di ampliarne la portata.

Il Consiglio di Stato nel rendere il parere sullo schema di decreto legislativo recante “Codice degli appalti pubblici e dei contratti di concessione” aveva sostenuto l’opportunità di integrare l’elencazione con una clausola che sancisse comunque l’esclusione dalla gara in caso di condanne per reati gravi idonei ad incidere sulla moralità professionale del concorrente, che non è stato tuttavia recepito in sede di stesura finale della norma.

Nel recepire la Direttiva 2014/24, il legislatore nazionale ha ribadito l’impostazione comunitaria con la conseguenza che, ai sensi del comma 1, dell’art.80 del Codice degli appalti, costituiscono cause di esclusione dalla procedura ad evidenza pubblica esclusivamente le condanne per i reati ivi elencati, senza alcuna possibilità per la Stazione appaltante di ampliarne la portata.

Secondo l’art. 80, comma 1, del Codice appalti rilevano le condanne definitive esclusivamente per i reati espressamente indicati e non anche per qualsiasi reato che incida sulla moralità professionale del concorrente, come previsto invece nel precedente art. 38.

Infatti il citato art. 38 prevedeva: “Il candidato o il concorrente attesta il possesso dei requisiti mediante dichiarazione sostitutiva in conformità alle previsioni del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al  d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, in cui indica tutte le condanne penali riportate, ivi comprese quelle per le quali abbia beneficiato della non menzione”.

La Stazione appaltante non deve più valutare l’eventuale incidenza dei precedenti penali sulla moralità professionale dell’operatore, rilevando, esclusivamente, le condanne per i reati elencati al primo comma della norma in commento, ritenendo sufficiente la dichiarazione richiesta con il DGUE (Documento di gara unico europeo).

L’art. 57 della Direttiva citata afferma che le amministrazioni aggiudicatrici escludono un operatore economico dalla partecipazione a una procedura d’appalto qualora abbiano stabilito attraverso una verifica ai sensi degli articoli 59, 60 e 61 che tale operatore economico è stato condannato con sentenza definitiva per uno dei seguenti motivi:

“a) partecipazione a un’organizzazione criminale, quale definita all’articolo 2 della decisione quadro 2008/841/GAI del Consiglio; b) corruzione, quale definita all’articolo 3 della convenzione relativa alla lotta contro la corruzione nella quale sono coinvolti funzionari delle Comunità europee o degli Stati membri dell’Unione europea e all’articolo 2, paragrafo 1 della decisione quadro 2003/568/GAI del Consiglio; nonché corruzione come definita nel diritto nazionale dell’amministrazione aggiudicatrice o dell’operatore economico;  c) frode ai sensi dell’articolo 1 della convenzione relativa alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee d) reati terroristici o reati connessi alle attività terroristiche, quali definiti rispettivamente all’articolo 1 e all’articolo 3 della decisione quadro 2002/475/GAI del Consiglio ovvero istigazione, concorso, tentativo di commettere un reato quali definiti all’articolo 4 di detta decisione quadro; e) riciclaggio di proventi di attività criminose o finanziamento del terrorismo, quali definiti all’articolo 1 della direttiva 2005/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio; f) lavoro minorile e altre forme di tratta di esseri umani definite all’articolo 2 della direttiva 2011/36/UE del Parlamento europeo e del Consiglio”.

Nel recepire la Direttiva comunitaria il legislatore nazionale ha elencato analiticamente tutte le ipotesi di reato che per la legislazione interna possono rientrare nell’ampia definizione prevista dal legislatore comunitario, articolando conseguentemente i reati di partecipazione a un’organizzazione criminale; i reati di corruzione; i reati di riciclaggio; i reati terroristici; i reati di sfruttamento del lavoro; in caso di condanna definitiva per ogni altro delitto da cui derivi, quale pena accessoria, l’incapacità di contrarre con la Pubblica amministrazione

Nel recepire la Direttiva comunitaria il legislatore nazionale ha elencato analiticamente tutte le ipotesi di reato che per la legislazione interna possono rientrare nell’ampia definizione prevista dal legislatore comunitario, declinando i reati di partecipazione a un’organizzazione criminale; i reati di corruzione; i reati di riciclaggio; i reati terroristici; i reati di sfruttamento del lavoro. in caso di condanna definitiva per ogni altro delitto da cui derivi, quale pena accessoria, l’incapacità di contrarre con la Pubblica amministrazione

Di conseguenza, i reati di “partecipazione a un’organizzazione criminale” (art. 57, comma 1, lett. a) della Direttiva 2014/24) sono stati distinti in: associazione a delinquere (art. 416 c.p.); associazione di tipo mafioso (art. 416 bis c.p.); altri delitti commessi avvalendosi della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva; delitti commessi al fine di agevolare l’attività delle associazioni di tipo mafioso; associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope (art. 74 del DPR 309/1990); associazione per delinquere finalizzata al contrabbando di tabacchi lavorati esteri (art. 291 quater del DPR n. 43/1973) ed attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti (art. 260 del D.Lgs. n. 152/2006) in quanto riconducibili alla partecipazione ad un’organizzazione criminale (lett. a) del primo comma dell’art.80 del Codice degli appalti).

I reati di “corruzione” (lett. b, comma 1, art. 57) si sono tradotti in reati contro la Pubblica Amministrazione.

Costituiscono un caso di esclusione, ai sensi della lettera b), i delitti, consumati o tentati, denominati “Reati contro la Pubblica Amministrazione” del codice penale nonché i casi indicati all’articolo 2635 del codice civile, che prevede “che salvo che il fatto costituisca più grave reato, gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori, di società o enti privati che, anche per interposta persona, sollecitano o ricevono, per sé o per altri, denaro o altra utilità non dovuti, o ne accettano la promessa, per compiere o per omettere un atto in violazione degli obblighi inerenti al loro ufficio o degli obblighi di fedeltà, sono puniti con la reclusione da uno a tre anni. Si applica la stessa pena se il fatto è commesso da chi nell’ambito organizzativo della società o dell’ente privato esercita funzioni direttive diverse da quelle proprie dei soggetti di cui al precedente periodo

I reati di “riciclaggio” (art. 57, comma 1, lett. e) si sono tradotti in: riciclaggio (art. 648 bis c.p.); impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita (art. 648-ter c.p.); autoriciclaggio (art. 648-ter.1 c.p.) e riciclaggio di proventi di attività criminose o finanziamento del terrorismo.

Le fattispecie contemplate alla lett. c) (frode), alla lett. d) (reati terroristici) nonché alla lett. f) (sfruttamento del lavoro minorile) del comma 1 dell’art. 57 della Direttiva 2014/24, sono riportate nelle lett. c), d) ed f) del comma 1 dell’art.80 del Codice degli appalti (D.Lgs. n. 50/2016).

Infine a tale elencazione è stata aggiunta la previsione dell’esclusione in ipotesi di condanna definitiva per ogni altro delitto da cui derivi, quale pena accessoria, l’incapacità di contrarre con la Pubblica amministrazione. Come segnalato dal Consiglio di Stato nel citato parere 855/2016, infatti, l’elenco dei reati contenuto nel comma 1 non era esaustivo di tutti i reati dai quali, secondo il vigente ordinamento penale, consegue l’incapacità di contrarre con la pubblica amministrazione.

Il previgente art. 38 disponeva che l’esclusione operava se la sentenza era stata emessa nei confronti degli amministratori muniti di potere di rappresentanza, dei direttori tecnici nonché del socio unico persona fisica o del socio di maggioranza in caso di società con meno di quattro soci. Il nuovo comma 3 dell’art.80 del Codice degli appalti amplia la platea dei soggetti.

In particolare, il comma 3, dispone, invece, che quando l’impresa partecipante è una società  di capitali l’esclusione va disposta se la sentenza o il decreto ovvero la  misura interdittiva sono stati emessi nei confronti dei membri del consiglio di amministrazione cui sia stata conferita la legale rappresentanza, ivi compresi  institori e procuratori generali, dei membri degli organi con poteri di  direzione o di vigilanza o dei soggetti muniti di poteri di rappresentanza, di  direzione o di controllo, del direttore tecnico o del socio unico persona  fisica, ovvero del socio di maggioranza in caso di società con meno di quattro  soci.

Il nuovo comma 3 dell’art.80 del Codice degli appalti amplia la platea dei soggetti, disponendo che quando l’impresa partecipante è una società  di capitali l’esclusione va disposta se la sentenza o il decreto ovvero la misura interdittiva sono stati emessi nei confronti: dei membri del consiglio di amministrazione cui sia stata conferita la legale rappresentanza; dei membri degli organi con poteri di direzione o di vigilanza; dei soggetti muniti di poteri di rappresentanza, di direzione o di controllo; del direttore tecnico o del socio unico persona fisica; ovvero del socio di maggioranza in caso di società con meno di quattro  soci.

2. I soggetti nei confronti dei quali rileva la presenza di sentenze definitive di condanna. Gli orientamenti

L’art.80 del Codice degli appalti (d.lgs. 50/2016), nel disciplinare le cause di esclusione dalla partecipazione alle procedure d’appalto, individua, al comma 3, i soggetti nei cui confronti rileva il cd. “pregiudizio penale”, ovvero la presenza di determinate sentenze definitive di condanna di cui al comma 1 e l’applicazione delle misure di prevenzione antimafia.

La questione controversa è quale interpretazione dare alla locuzione “persona fisica” e al significato dell’espressione “socio di maggioranza”. Al riguardo, fin dall’entrata in vigore della norma sono sorti due diversi orientamenti di pensiero: secondo una prima tesi interpretativa, più aderente al dettato normativo, la norma è applicabile solo nei confronti del socio persona fisica, anche nel caso del socio di maggioranza nelle società con meno di quattro soci.

A fondamento della citata tesi, oltre al dato letterale, vi sarebbe un’interpretazione sistematica della norma, la quale, misurando il grado di affidabilità del concorrente sulla condotta morale di determinati soggetti, necessariamente richiede che vi sia un rapporto di immedesimazione organica tra il soggetto interessato e l’impresa concorrente o almeno la dimostrazione di un effettivo potere di influenza sulla gestione dalla società concorrente.

La questione controversa è quale interpretazione dare alla locuzione “persona fisica” e al significato dell’espressione “socio di maggioranza”. Al riguardo, fin dall’entrata in vigore della norma sono sorti due diversi orientamenti di pensiero: secondo una prima tesi interpretativa, più aderente al dettato normativo, la norma è applicabile solo nei confronti del socio persona fisica, anche nel caso del socio di maggioranza nelle società con meno di quattro soci. Tale condizione presuppone che vi sia un rapporto di immedesimazione organica tra il soggetto interessato e l’impresa concorrente o almeno la dimostrazione di un effettivo potere di influenza sulla gestione dalla società concorrente.

Tuttavia tale condizione si realizza sicuramente nel caso del socio unico e del socio di maggioranza persona fisica in una realtà societaria ristretta (con meno di quattro soci), ma non sussiste necessariamente nel caso in cui il socio sia una persona giuridica che agisce a sua volta tramite soggetti terzi.

Il Consiglio di Stato si è espresso come segue: “non appare in alcun modo equiparabile la posizione del socio unico persona fisica a quella del legale rappresentante del socio unico persona giuridica, restando indimostrato che la gestione effettiva sia traslata dagli amministratori e legali rappresentanti della mandante agli amministratori e legali rappresentati del socio unico persona giuridica” (in tal senso Consiglio di Stato 4372/2014; Id. 1593/2016; Id. 3619/2017).

Un secondo orientamento, invece, recita: “non è ragionevole ed anche priva di razionale giustificazione la limitazione della verifica sui reati ex art. 38 del d.lgs. n. 163 del 2006 solo con riguardo al socio unico persona fisica o al socio di maggioranza persona fisica per le società con meno di quattro soci, atteso che la garanzia di moralità del concorrente che partecipa a un appalto pubblico non può limitarsi al socio persona fisica, ma deve interessare anche il socio persona giuridica per il quale il controllo ha più ragione di essere, trattandosi di società collegate in cui potrebbero annidarsi fenomeni di irregolarità elusive degli obiettivi di trasparenza perseguiti”, sicché “se lo spirito del Codice dei contratti pubblici è improntato ad assicurare legalità e trasparenza nei procedimenti degli appalti pubblici, occorre garantire l’integrità morale del concorrente sia se persona fisica che persona giuridica” (cfr. Consiglio di Stato 2813/2016; Id. 3178/2017).

Entrambi gli orientamenti interpretativi, in linea di principio condivisibili, presentano tuttavia i loro limiti di fronte alle realtà societarie complesse.

Anac ha delineato un quadro come segue: “Alla rilevata situazione di incertezza interpretativa, tanto più grave quando si verte in materia di cause di esclusione dalla partecipazione alle gare, in cui, come è noto, vige il principio di tassatività, si aggiunge la preoccupazione – più volte avvertita da questa Autorità nell’ambito della propria attività istituzionale e rilevata anche nell’ambito dell’attività di alta sorveglianza su specifici interventi svolta dall’Unità Operativa Speciale di cui all’art. 30 del decreto legge 24 giugno 2014, n. 90 – che una lettura troppo restrittiva della norma possa condurre a una facile elusione del suo contenuto precettivo. Può infatti essere sufficiente la creazione intenzionale di una sola società, da anteporre all’impresa che partecipa alla gara, per consentire all’imprenditore che effettivamente ne detiene il controllo e sul quale gravano precedenti penali escludenti di accedere agli appalti pubblici. Non di meno una modifica normativa volta a precisare l’inclusione anche delle persone giuridiche tra il socio unico o di maggioranza da verificare (mediante, ad esempio, l’eliminazione dalla norma del riferimento alla “persona fisica), potrebbe essere una soluzione non adeguata a risolvere le criticità evidenziate in premessa, dal momento che lascerebbe indeterminati i soggetti che, nell’ambito della persona giuridica, dovrebbero essere effettivamente verificati” (Atto di  segnalazione n. 5 del 12.12.2018 ).

Nell’atto citato di Anac, l’Autorità fa presente che i controlli potrebbero fermarsi alle figure degli amministratori con potere di rappresentanza che hanno il potere di esprimere la volontà dell’ente ed escludere, quindi, il socio di maggioranza indiretto (colui che detiene la proprietà totale o maggioritaria delle quote/azioni della società controllante), ma, secondo altra interpretazione, “potrebbero ricomprendere quest’ultimo e anche tutti i soggetti che, ai sensi del medesimo comma 3 dell’art. 80, sono ordinariamente scrutinabili all’interno delle società di capitali, con un ampliamento della sfera dei controlli, eccessivo, oneroso ed contrasto con la ratio stessa del legislatore, poiché il controllo sarebbe rivolto verso soggetti in capo ai quali è indimostrata l’esistenza di un potere di gestione effettiva nei confronti della società che partecipa alla gara”.

Nell’atto citato di Anac, l’Autorità fa presente che i controlli potrebbero fermarsi alle figure degli amministratori con potere di rappresentanza che hanno il potere di esprimere la volontà dell’ente ed escludere, quindi, il socio di maggioranza indiretto (colui che detiene la proprietà totale o maggioritaria delle quote/azioni della società controllante) diversamente sarebbe “un ampliamento della sfera dei controlli, eccessivo, oneroso ed contrasto con la ratio stessa del legislatore, poiché il controllo sarebbe rivolto verso soggetti in capo ai quali è indimostrata l’esistenza di un potere di gestione effettiva nei confronti della società che partecipa alla gara”.

3. L’art. 80 del Codice appalti e le cause di esclusione già presenti nell’ordinamento. Gli illeciti professionali

L’art.80 del Codice degli appalti riporta negli articoli successivi al comma 3, le cause di esclusione già presenti quali cause di esclusione. Le norme di riferimento sono quindi le medesime, finalizzate a tutelare interessi considerati nel nostro ordinamento come prioritari (ad esempio, la garanzia del rispetto delle norme in materia di salute e sicurezza sul lavoro, la garanzia del pagamento delle imposte e tasse):

a) l’operatore economico è escluso dalla partecipazione a una procedura d’appalto se ha commesso violazioni gravi, definitivamente accertate, rispetto agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse o dei contributi previdenziali, secondo la legislazione italiana o quella dello Stato in cui sono stabiliti.

b) l’operatore economico è escluso qualora: a) la stazione appaltante possa dimostrare con qualunque mezzo adeguato la presenza di gravi infrazioni debitamente accertate alle norme in materia di salute e sicurezza sul lavoro nonché agli obblighi di cui all’articolo 30, comma 3 del presente codice; b) si trovi in stato di fallimento, di liquidazione coatta, di concordato preventivo, salvo il caso di concordato con continuità aziendale, o nei cui riguardi sia in corso un procedimento per la dichiarazione di una di tali situazioni, fermo restando quanto previsto dall’articolo 110; c) sia stato sottoposto a liquidazione giudiziale o si trovi in stato di liquidazione coatta o di concordato preventivo o sia in corso nei suoi confronti un procedimento per la dichiarazione di una di tali situazioni, fermo restando quanto previsto dall’articolo 95 del codice della crisi di impresa e dell’insolvenza adottato in attuazione della delega di cui all’articolo 1 della legge 19 ottobre 2017, n. 155 e dall’articolo 110; d) la stazione appaltante dimostri con mezzi adeguati che l’operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità; e) l’operatore economico abbia tentato di influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante o di ottenere informazioni riservate a fini di proprio vantaggio oppure abbia fornito, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione, ovvero abbia omesso le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione; f) l’operatore economico abbia dimostrato significative o persistenti carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione per inadempimento ovvero la condanna al risarcimento del danno o altre sanzioni comparabili.

Proprio con riferimento agli illeciti professionali si richiama la sentenza del Consiglio di Stato N. 01367/2019 REG.PROV.COLL.

La fattispecie escludente di cui all’art. 80, comma 5, lett. c), del Codice appalti (d.lgs. n. 50 del 2016), come precisato dalle linee guida n. 6 dell’ANAC, aventi, sul punto, carattere vincolante, per le quali presupposto per la sussistenza di un grave illecito professionale può essere costituito solo da una sentenza di condanna, anche se non definitiva.

Secondo consolidata e condivisibile giurisprudenza non è, infatti, indispensabile che, atteso che l’elencazione dei gravi illeciti professionali rilevanti contenuta nella disposizione normativa succitata è meramente esemplificativa e la stazione appaltante ha la possibilità di fornirne la dimostrazione con mezzi adeguati; è stato evidenziato infatti che “Ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c), del Codice appalti (d.lgs. n. 50 del 2016), è consentito alle stazioni appaltanti escludere da una procedura di affidamento di contratti pubblici i concorrenti in presenza di pregressi gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la loro integrità o affidabilità. In tali ipotesi, la valutazione in ordine alla rilevanza in concreto ai fini dell’esclusione dei comportamenti accertati è rimessa alla stazione appaltante” (cfr. Cons. Stato, sez. III, 29 novembre 2018, n. 6786; 23 agosto 2018, n. 5040; sez. V, 11 giugno 2018, n. 3592; 3 aprile 2018, n. 2063; 2 marzo 2018, n. 1299; 4 dicembre 2017, n. 5704) e che “Il legislatore, quindi, ha voluto riconoscere a quest’ultima (stazione appaltante) un ampio margine di apprezzamento circa la sussistenza del requisito dell’affidabilità dell’appaltatore.

Secondo consolidata e condivisibile giurisprudenza non è indispensabile che i gravi illeciti professionali che devono essere posti a supporto della sanzione espulsiva del concorrente dalla gara ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c), del Codice appalti (d.lgs. n. 50 del 2016) siano accertati con sentenza, anche se non definitiva, ma è sufficiente che gli stessi siano ricavabili da altri gravi indizi. Si ricava, altresì, l’utilità, ma non la decisività, delle linee guida ANAC n. 6, approvate con la delibera del 16 novembre 2016, n. 1293 ed aggiornate con la delibera dell’11 ottobre 2017, n. 1008.

Ne consegue che il sindacato che il g.a. è chiamato a compiere sulle motivazioni di tale apprezzamento deve essere mantenuto sul piano della “non pretestuosità” della valutazione degli elementi di fatto compiuta e non può pervenire ad evidenziare una mera “non condivisibilità” della valutazione stessa” (cfr. Cass. Civ., S.U.,17 febbraio 2012, n. 2312), mentre “L’elencazione dei gravi illeciti professionali rilevanti contenuta nella lettera c) del comma 5 dell’art. 80 del Codice appalti è meramente esemplificativa, per come è fatto palese sia dalla possibilità della stazione appaltante di fornirne la dimostrazione <<con mezzi adeguati>>, sia dall’incipit del secondo inciso (<<Tra questi (id est, gravi illeciti professionali) rientrano: […]>>) che precede l’elencazione” (Cons. Stato, sez. V, 2 marzo 2018, n. 1299).

Sulla scorta del delineato quadro giurisprudenziale nonché dei pareri di questo Consiglio del 3 novembre 2016, n. 2286 e del 25 settembre 2017, n.2042, si ricava, altresì, l’utilità, ma non la decisività, delle linee guida ANAC n. 6, approvate con la delibera del 16 novembre 2016, n. 1293 ed aggiornate con la delibera dell’11 ottobre 2017, n. 1008 (recanti “Indicazione dei mezzi di prova adeguati e delle carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto che possano considerarsi significative per la dimostrazione delle circostanze di esclusione di cui all’ art. 80 del, comma 5, lett. c) del Codice appalti”, emanate in attuazione dell’art. 80, comma 13, del d.lgs. n. 50 del 2016), al fine della soluzione interpretativa da fornire della disposizione normativa più volte citata, che, peraltro, non smentiscono la suddetta esegesi in base alla quale il pregresso inadempimento, anche se non abbia prodotto gli effetti tipizzati, rileva ai fini dell’esclusione qualora, sulla base del discrezionale giudizio della stazione appaltante, sia idoneo ad integrare il “grave illecito professionale”, e sia in grado dunque di ledere l’integrità e l’affidabilità dell’operatore economico.

Le successive cause di esclusione, riguardano, oltre ai casi di falsa documentazione o di dichiarazione ed il fatto che l’operatore economico sia iscritto nel casellario informatico tenuto dall’Osservatorio dell’ANAC per aver presentato false dichiarazioni o falsa documentazione nelle procedure di gara e negli affidamenti di subappalti, la circostanza che la partecipazione dell’operatore economico causi una situazione di conflitto di interesse. Naturalmente è confermato, rispetto al precedente impianto, che l’operatore economico è escluso qualora non presenti la certificazione di cui all’articolo 17 della legge 12 marzo 1999, n. 68, ovvero non autocertifichi la sussistenza del medesimo requisito.

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Questo articolo è stato scritto da...

Beatrice Corradi
Dott.ssa Beatrice Corradi
Dirigente del Servizio Provveditorato, Affari generali e Gruppi Consiliari del Consiglio regionale della Liguria
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