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Premesse

Il 17 luglio scorso, come noto,  è entrato in vigore il DL 76/2020 c.d. “Semplificazioni” (nel prosieguo solo DL) che introduce deroghe ed alcune rilevanti modifiche al Codice dei contratti. L’impianto del provvedimento – limitando l’indagine alle novità per il sotto soglia appaiono piuttosto rilevanti e soprattutto, per certi versi, si potrebbe dire rivoluzionarie constatato l’abbandono (facoltativo) della gara pubblica a tutto vantaggio di procedure negoziate che costituiscono opzioni per i RUP delle stazioni appaltanti di non facile modulazione. Ed a tal proposito, già si annuncia l’approvazione di un importante emendamento (per la legge di conversione) che risolve alcune questioni pratico/operative e di cui si parlerà più avanti.

L’obiettivo del DL

Lo scopo del decreto, che alimenta la c.d. decretazione emergenziale causata da Covid-19, viene enunciato chiaramente già nella prima parte del primo periodo dell’articolo 1 laddove si legge che “Al fine di incentivare gli  investimenti pubblici nel settore delle infrastrutture e dei servizi pubblici, nonchè al fine di far fronte alle ricadute economiche negative a seguito delle misure  di contenimento e dell’emergenza sanitaria globale del  COVID-19, in deroga agli articoli 36, comma 2, e 157, comma 2, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n.  50,(…)”.

Il DL costituisce, in questo senso, una sorta di “risposta/riscontro” alle conseguenze (in particolare il rallentamento/sospensione delle “attività” economiche anche connesse con il mondo degli appalti) determinate dalla pandemia e si pone quindi, con il provvedimento, l’obiettivo di velocizzare una ripresa anche economico/finanziaria del Paese.

Per raggiungere detto scopo, semplificando, il legislatore ha previsto in deroga alle attuali opzioni disciplinate nell’articolo 36 del Codice (e nell’articolo 157) – nei rispettivi commi 2 – una forte contrazione della tipologia dei procedimenti utilizzabili nel sotto soglia rimettendo, comunque, al RUP anche la possibilità di determinarsi diversamente a condizione, però che giunga ad affidare l’appalto entro un termine fortemente contingentato.

Ed è proprio quest’ultimo, il tempo dell’affidamento, che rappresenta il tratto profondamente innovativo del provvedimento in analogia, si potrebbe dire, con quanto previsto nella legge 241/90 che per l’adozione del provvedimento (espresso) finale del procedimento amministrativo impone normalmente costituito un tempo di 30 giorni.

Nel caso del DL in commento, il legislatore ha previsto – al di là delle innovazioni di cui si dirà utilizzabili in un range temporale compreso tra il 17 luglio 2020 e il 31 luglio 2021 (e secondo un recente emendamento appena approvato, e che entrerà nella legge di conversione, fino al 31 dicembre 2021) – ben tre termini per giungere all’affidamento (ben si potrebbe dire alla proposta di affidamento considerati i tempi di verifica sul possesso dei requisiti per giungere ad aggiudicazione vera e propria).

L’impianto del provvedimento – limitando l’indagine alle novità per il sotto soglia appaiono piuttosto rilevanti e soprattutto, per certi versi, si potrebbe dire rivoluzionarie constatato l’abbandono (facoltativo) della gara pubblica a tutto vantaggio di procedure negoziate che costituiscono opzioni per i RUP delle stazioni appaltanti di non facile modulazione.

Il contingentamento dei tempi di affidamento     

Più nel dettaglio, tra il primo ed il secondo articolo del DL si leggono ben tre termini entro cui il RUP deve giungere all’affidamento a pena di (non ben precisati) possibili danni erariali e responsabilità. Termini che decorrono tutti dalla data del provvedimento che avvia il procedimento ovvero dalla determinazione a contrarre. 

Un primo termine riguarda l’ipotesi in cui il RUP – entro i 150mila euro – si determini ad utilizzare l’affidamento diretto “puro” o anche altre fattispecie di affidamento: in questo caso, il responsabile del procedimento dovrà giungere alla predisposizione della proposta di affidamento entro due mesi dalla data del provvedimento, come detto, che ha avviato la procedura.

Nel caso delle procedure negoziate (e quindi nell’ambito di importi pari o superiori ai 150mila euro fino all’intero sotto soglia comunitario, e ciò vale sia per servizi/forniture sia per i lavori, ai sensi dell’articolo 35 del Codice), ad affidamento il RUP vi deve giungere entro 4 mesi dalla data di avvio del procedimento.

Nel caso di procedure sopra soglia (art. 2 del DL) – per il quale il legislatore fa salve le varie procedure ordinarie sia pur con termini del procedimento ridotti – il RUP deve giungere ad affidamento entro 6 mesi dalla data del provvedimento che avvia il procedimento.

Non v’è dubbio che si tratti di una forte novità che costringe i vari attori del procedimento, ed in primo luogo il responsabile unico del procedimento, a strutturare procedure meno articolate di quelle consuete cercando di salvaguardare, al contempo, oggettività e trasparenza del procedimento.

Viene ad essere coinvolto, evidentemente, lo stesso responsabile del servizio e non a caso il comma 1 dell’articolo 4 prevede la modifica del comma 8 dell’articolo 32 in cui si puntualizza che “La mancata stipulazione del contratto nel termine previsto deve essere motivata con specifico riferimento all’interesse della stazione appaltante e a quello nazionale alla sollecita esecuzione del contratto e viene valutata ai fini della responsabilità erariale e disciplinare del dirigente preposto. Non costituisce giustificazione adeguata per la mancata stipulazione del contratto nel termine previsto, salvo quanto previsto dai commi 9 e 11, la pendenza di un ricorso giurisdizionale, nel cui ambito non sia stata disposta o inibita la stipulazione del contratto. Le  stazioni appaltanti hanno facoltà di stipulare contratti di assicurazione della propria responsabilità civile derivante dalla conclusione del  contratto e dalla prosecuzione o sospensione della sua esecuzione.”

Un chiaro invito, quindi a giungere alla conclusione della procedura e ad una celere stipula del contratto.

In questo senso devono essere lette anche altre disposizioni come quella che generalizza la consegna anticipata dei lavori e dell’esecuzione del contratto d’appalto di servizi e forniture senza necessità di rispettare lo stand still (fatte salve pronunce del giudice che inibiscano questa possibilità).  

Le novità appena sintetizzate pongono alcune perplessità pratico/operative su cui appare necessario – per dare un taglio pratico al contributo – soffermarsi.

In primo luogo, sulla perentorietà del termine (se davvero possa o meno definirsi un termine perentorio o solo indicativo) ed in secondo luogo la questione del momento da cui cominciano a decorrere i termini.

A parere di chi scrive, anche considerato che sulla questione tempo la stessa ANAC – con il recente provvedimento di commento/segnalazioni del DL 76/2020 – sul tema “tempo” non è intervenuta; che tra gli emendamenti la parte in parola non ha finora subito modifiche e considerando lo stesso tono usato dal legislatore (concertato tra l’altro con il chiaro intendo del provvedimento che è proprio quello di velocizzare gli affidamenti), si deve ritenere che il termini in parola siano perentori a prescindere dalle modalità concrete utilizzate dal RUP (che utilizzi o meno la deroga prevista nelle norme) per giungere alla stipula del contratto.

Ciò sta a significare, che se nel sotto soglia – si pensi nell’ambito dei 150mila euro – il RUP si determinasse ad utilizzare un procedimento maggiormente articolato come una procedura negoziata formalizzata (ovvero con l’avviso pubblico a manifestare interesse) piuttosto che un affidamento “puro” (sostanzialmente senza confronto tra diversi operatori economici) o finanche un procedimento ad evidenza pubblica pur a termini ridotti, la questione non cambia: il RUP deve giungere ad affidamento – per evitare responsabilità varie (alcune neanche chiarissime) – entro i termini fissati dal DL 76/2020. Sempre che gli atti di avvio del procedimento vengano adottati nel range temporale attualmente preso in considerazione dal DL ovvero dal 17 luglio 2020 fino al 31 luglio 2021.

Quanto appena annotato vale ovviamente anche per le procedure negoziate e quindi in relazione all’altro termine (di 4 mesi) previsto per affidamenti per importi da 150mila euro in su fino all’intero sotto soglia comunitario.

Se il RUP si determinasse ad utilizzare in luogo della procedura negoziata, un procedimento ad evidenza pubblica per esigenze, ad esempio, di maggiore trasparenza, dovrà comunque valutare i termini entro cui giungere ad affidamento.

Inteso in questo senso, quindi, il termine apposto dal legislatore non può che essere letto come tentativo di scongiurare ulteriori “inerzie” e/o indecisioni del RUP che rallentino il procedimento di assegnazione dell’appalto.

Si tratta, banalizzando, di un chiaro deterrente ad una tendenza eccessiva a burocratizzare (e di conseguenza a rallentare) la procedura di assegnazione di una commessa. Tendenza a burocratizzare, che costituisce la principale accusa alla P.A. che avrebbe determinato la sostanziale inapplicazione/inattuazione del Codice, che trova (o troverebbe) fondamento nella scarsa attitudine del RUP (e dei burocrati in generale) ad assumersi responsabilità, a decidere rinviando sine die l’adozione dei vari provvedimenti connessi alla procedura di aggiudicazione.    

Non a caso, in premessa è stata proposta l’analogia con quanto accade nel procedimento amministrativo generale (ex lege 241/90) in cui il contingentamento dei termini (di adozione del provvedimento espresso) rappresenta la tutela di un bene alla vita (il tempo dell’interessato) che viene tutelato a pena di responsabilità (anche) del responsabile del procedimento (si pensi alle fattispecie del danno da ritardo nel caso in cui la mancata adozione di un provvedimento positivo avvenga con ritardo rispetto ai termini ordinari).

Sostenere tesi diverse non appare aspetto condivisibile.

Nel senso che ritenere che la decisione del RUP (o la proposta del RUP al proprio dirigente/responsabile del servizio) di utilizzare una procedura di affidamento maggiormente consona al rispetto dei classici principi dell’evidenza pubblica e/o articolare in modo – che a questo punto deve essere considerato – abnorme e, per effetto di quanto, ritardare in modo significativo l’affidamento, non può affrancare il responsabile del procedimento da responsabilità (ad esempio per danno da disservizio) soprattutto se si riuscisse a dimostrare che il procedimento maggiormente articolato in realtà era totalmente inutile ed è stato avviato “semplicemente” per intenti meramente burocratici e per questa supposta tendenza all’inerzia e a non adottare gli atti.

L’innesto di un termine “finale” (almeno provvisoriamente) della procedura con la pretesa individuazione dell’affidatario, implica anche lo strutturarsi di un diverso dialogo istruttorio tra il RUP e gli altri interlocutori, in primis con il dirigente/responsabile del servizio, con i referenti dell’amministrazione (si pensi al ruolo dei politici negli enti locali) ma, evidentemente, anche con gli stessi collaborati rimessi al suo coordinamento.

E’ evidente, quindi, che per una celere conclusione delle procedure sarà necessario chiarire alcuni presupposti di partenza ed in particolare se le indicazioni fornite dal legislatore debbano o meno essere intese in modo perentorio. Solo da tale convinzione poi potrà partire il ragionamento sui procedimenti utilizzabili nel sotto soglia che, a questo punto (ed in particolare nel range temporale preso in considerazione dal provvedimento) diventano opzioni fisiologiche/ordinarie poste a disposizione del RUP per effetto di una precisa scelta del legislatore.

Un primo termine riguarda l’ipotesi in cui il RUP – entro i 150mila euro – si determini ad utilizzare l’affidamento diretto “puro” o anche altre fattispecie di affidamento: in questo caso, il responsabile del procedimento dovrà giungere alla predisposizione della proposta di affidamento entro due mesi dalla data del provvedimento, come detto, che ha avviato la procedura.

Il RUP deve giungere ad affidamento – per evitare responsabilità varie (alcune neanche chiarissime) – entro i termini fissati dal DL 76/2020. Sempre che gli atti di avvio del procedimento vengano adottati nel range temporale attualmente preso in considerazione dal DL ovvero dal 17 luglio 2020 fino al 31 luglio 2021.

Il momento del decorso del termine                            

Altra questione pratica che deve trovare un punto di incontro tra i vari RUP e quindi un immediato chiarimento (per evitare un approccio anarchico nell’attività contrattuale) è il previo chiarimento sul riferimento voluto dal legislatore per cui il termine finale decorre dalla data del provvedimento di avvio del procedimento amministrativo. In generale, senza stare a discorrere in modo teorico, non v’è dubbio che l’atto che avvia il procedimento sia la determina a contrarre (per gli enti locali l’articolo 192 del decreto legislativo 267/2000). Determina a contrarre che contiene la prenotazione di impegno di spesa e che assicura la copertura finanziaria della procedura.    

Un dubbio può sorgere nel caso in cui la determina a contrarre non venga adottata (si pensi al caso dell’affidamento diretto in cui l’atto di avvio e conclusione, per un paradosso, può coincidere o se si preferisce il primo può mancare ma non il secondo con cui si andrà ad adottare l’impegno di spesa). E’ chiaro che nell’affidamento diretto puro il problema potrebbe neppure porsi. Si può porre un problema nel caso in cui il RUP avvii, nonostante possa procedere con un affidamento diretto senza confronto, ad una formalizzazione come una indagine informale nel mercato elettronico o addirittura formale con l’adozione di un avviso pubblico a manifestare interesse.

Questi “innesti” nel procedimento (dell’indagine informale e/o dell’avviso pubblico a manifestare interesse e/o dell’avviso a formulare la migliore offerta) implicano l’adozione – quasi a confermare gli atti – di una determinazione che potrebbe anche non assumere la configurazione della determina a contrarre (che ha un contenuto minimo indispensabile e, si ripete, la prenotazione dell’impegno di spesa). Il problema però non è tanto la configurazione dell’atto che avvia il procedimento ma la circostanza, evidentemente, che il procedimento sia stato avviato. Il termine  di decorrenza, quindi, coincide con questo momento. Si pensi, per fare un esempio pratico, al caso in cui l’affidamento diretto venga preceduto da una indagine informale in cui il RUP si limitasse a chiedere dei preventivi ad alcuni operatori: l’avvio del procedimento avviene nel momento dell’invio (tramite PEC, si deve ritenere) delle richieste. Nel caso di appalto infra 150mila euro, il RUP dovrà giungere ad individuare l’aggiudicatario entro due mesi da questo momento.

Si deve ritenere, per consentire al sistema di funzionare, che l’eventuale responsabilità del RUP possa desumersi solo nel caso di significativo ritardo e, come detto sopra, nel caso di utilizzo di una procedura assolutamente sproporzionata o irragionevole rispetto al tipo di affidamento e, soprattutto, ciò non risulti in alcun modo motivato

In generale, senza stare a discorrere in modo teorico, non v’è dubbio che l’atto che avvia il procedimento sia la determina a contrarre (per gli enti locali l’articolo 192 del decreto legislativo 267/2000). Determina a contrarre che contiene la prenotazione di impegno di spesa e che assicura la copertura finanziaria della procedura.

Le fattispecie di affidamento

Come si annotava in premessa, la deroga – che riguarda il comma 2 dell’articolo 36 ed il comma 2 dell’articolo 157 – per il sotto soglia si sostanzia nell’introduzione di due opzioni procedurali a vantaggio del RUP e che questo può utilizzare (si tratta di una facoltà non di un obbligo) esclusivamente nel range temporale preso in considerazione dal DL. Ovvero per atti, che avviano il procedimento di affidamento, adottati nel periodo compreso tra il 17 luglio 2020 (data di entrata in vigore del DL) ed il 31 luglio 2021 (come detto, in fase di conversione si intende estendere questo periodo al 31 dicembre 2021).

La prima fattispecie, comma 1, lett. a), prevede l’affidamento diretto puro per lavori e/o serivizi/forniture fino ai 150mila euro (per gli enti locali) e fino ai 139mila euro per le amministrazioni statali o che operano nel settore della difesa (ai sensi dell’articolo 35 del Codice). Importi che devono essere inferiori a tali cifre. Nel caso di specie, quindi, il legislatore ammette – come procedimento ordinario con una motivazione minima – l’affidamento diretto senza alcun confronto tra preventivi/operatori.

E’ chiaro che il procedimento deve essere assistito dai classici comportamenti “virtuosi” del RUP. Come anche annotato dall’ANAC (con il documento del 3 agosto 2020), è bene che il RUP svolga comunque almeno una indagine di mercato informale finalizzata anche a consentire di certificare la congruità del prezzo. Congruità che comunque può essere dimostrata con banche dati specifiche, con riferimento ad appalti simili svolte dalla stessa stazione appaltante o da altre limitrofe.

Tra i vari riferimenti istruttori, come anche l’ANAC ha ribadito, rimane fermo l’obbligo di effettuare la rotazione.

La circostanza che il comma citato non faccia alcun riferimento all’alternanza (a differenza del comma 2 dell’articolo 36) non consente in nessun modo di ritenere superato detto obbligo. E’ bene infatti annotare che la deroga apportata con il DL riguarda il comma 2 dell’articolo 36 (e comma 2 dell’articolo 157) ma non anche il comma 1 dello stesso articolo che richiama i principi classici del procedimento e, tra questi, anche la rotazione.

Come si evidenziava, in fase di lavori per la conversione del DL sono stati approvati rilevanti emendamenti. Tra questi, quello di maggior rilievo, è sicuramente la decisione di ricalibrare l’importo dell’affidamento diretto, almeno per servizi/forniture compresi i servizi tecnici.

Il nuovo emendamento, che entrerà in vigore, ovviamente, solo con la legge di conversione prevede l’affidamento diretto fino a 150mila euro solo per i lavori mentre l’importo viene dimezzato “per servizi e forniture, ivi compresi i servizi di ingegneria e architettura e l’attività di progettazione” e quindi fino, inferiore, ai 75mila euro.

Da notare che tra gli emendamenti è prevista anche una modifica – e non una deroga – all’articolo 36, comma 2, lett. a) con la previsione per cui nell’affidamento diretto non sarà più obbligatorio procedere con la pubblicazione dell’avviso sui risultati.

Tra i vari riferimenti istruttori, come anche l’ANAC ha ribadito, rimane fermo l’obbligo di effettuare la rotazione. La circostanza che il comma citato non faccia alcun riferimento all’alternanza (a differenza del comma 2 dell’articolo 36) non consente in nessun modo di ritenere superato detto obbligo.

Le procedure negoziate

Il comma 2 del DL, ma la lettera b), è interamente dedicata agli appalti di importo compreso tra i 150mila euro ed il sotto soglia comunitario.

Come anticipato, il legislatore struttura in questo caso una procedura negoziata simile a quella attualmente prevista nell’articolo 36 (dalla lettera c)) richiamando l’articolo 63 del Codice dei contratti e quindi la procedura negoziata senza pubblicazione di bando.

Più nel dettaglio, la norma prevede la possibilità di utilizzare la “procedura negoziata, senza bando, di cui  all’articolo 63 del decreto legislativo n. 50 del 2016, previa consultazione di almeno cinque operatori economici,  ove esistenti, nel rispetto di un criterio di rotazione degli inviti, che tenga conto anche di una diversa dislocazione territoriale delle imprese invitate, individuati in base ad indagini di mercato o tramite elenchi di  operatori economici, per l’affidamento di servizi e forniture di importo pari o superiore a 150.000 euro e fino alle soglie di cui all’articolo 35 del decreto legislativo n. 50 del 2016 e di lavori di importo pari o superiore a 150.000 euro e inferiore a 350.000 euro, ovvero di almeno dieci operatori per lavori di importo pari o superiore a 350.000 euro e inferiore a un milione di euro, ovvero di almeno quindici operatori per lavori di importo pari o superiore a un milione di euro e fino alle soglie di cui all’articolo 35 del decreto legislativo n. 50 del 2016. L’avviso sui risultati della procedura di affidamento contiene anche l’indicazione dei soggetti invitati”.

La particolarità, che rende l’operato del RUP non semplice è data dal fatto che l’indagine di mercato prevista per poter individuare gli operatori da invitare non è accompagnata dal riferimento su come debba essere espletata (sulle modalità di conduzione). Per intendersi non è chiaro se il RUP possa avviare una procedura negoziata con consultazione del mercato informale (giungendo anche a scegliere quasi discrezionalmente gli operatori da invitare) o se l’indagine debba essere necessariamente formalizzata ovvero procedura dal classico avviso pubblico a manifestare interesse o dall’avviso pubblico a presentare direttamente la migliore offerta (sulla falsariga di un bando pubblico).

La questione può dirsi risolta, in primo luogo, dall’ANAC che con il documento del 3 agosto di commento al DL precisa che a tali procedure negoziate si applicano (si possono applicare) le linee guida n. 4. Linee guida che contengono sia il riferimento alla procedura negoziata “semplificata” con indagine informale sia quella formalizzata, preferibile nel caso di specie, con avviso pubblico.

L’aspetto, e ciò riveste un indubbio rilievo, verrà comunque risolto con la legge di conversione infatti, a tal riguardo, è stato approvato un emendamento che modifica il comma in commento con la prescrizione al RUP dell’obbligo di pubblicazione dell’avviso propedeutico all’indagine di mercato.     

Più nel dettaglio, la modifica (che ovviamente entrerà in vigore con la legge di conversione ma costituisce già un utile suggerimento al RUP anche nell’odierno) si sostanzia nell’espressione, secondo cui l’indagine di mercato viene preceduta dalla “previa pubblicazione di un avviso relativo all’avvio della procedura di affidamento”.

E’ chiaro, pertanto, che sotto il profilo pratico il suggerimento è proprio quello di avviare procedure negoziate, già in questo momento, utilizzando l’avviso pubblico fissando il tempo di pubblicazione in base all’importo dell’albo.

Più nel dettaglio, la modifica (che ovviamente entrerà in vigore con la legge di conversione ma costituisce già un utile suggerimento al RUP anche nell’odierno) si sostanzia nell’espressione, secondo cui l’indagine di mercato viene preceduta dalla “previa pubblicazione di un avviso relativo all’avvio della procedura di affidamento”. E’ chiaro, pertanto, che sotto il profilo pratico il suggerimento è proprio quello di avviare procedure negoziate, già in questo momento, utilizzando l’avviso pubblico fissando il tempo di pubblicazione in base all’importo dell’albo.

Rotazione e dislocazione territoriale   

Le procedure negoziate si arricchiscono, però di un ulteriore vincolo istruttorio che il RUP deve ossequiare. Accanto all’obbligo della rotazione, il legislatore ha previsto che gli inviti debbano tener conto di una adeguata dislocazione territoriale. Richiamo che fa trapelare la preoccupazione del legislatore di evitare un concentramento territoriale degli inviti. Il problema è che un criterio indicato in questo modo non ha riferimenti pratici che indichino in che modo il RUP debba operare. Manca, in sostanza, come anche ha evidenziato l’ANAC, il riferimento territoriale (occorre evitare una concentrazione territoriale con riferimento alla provincia, alla regione etc)

Inoltre, si può ritenere che se il RUP adotti una procedura sostanzialmente aperte – ovvero non scegliendo discrezionalmente gli appaltatori da invitare – così come non si applica la rotazione allo stesso modo non dovrà tener conto della diversa dislocazione territoriale. Si tratterebbe, in sostanza, di criterio da applicare solo in caso di scelta discrezionale degli operatori da invitare, il problema però è la carenza di ogni riferimento applicativo ed al riguardo l’ANAC ha richiesto un intervento correttivo.  

Criteri di aggiudicazione nel sotto soglia

Di particolare rilievo, infine, è la disposizione in tema di criteri di aggiudicazione utilizzabili nel sotto soglia (comma 3, art. 1 del DL). Il comma prevede, oltre alla facoltatività della richiesta della cauzione provvisoria, libertà assoluta sull’utilizzo dei criteri di aggiudicazione.

In particolare, l’inciso di riferimento recita che “Le stazioni appaltanti, nel rispetto dei principi di trasparenza, di non discriminazione e di parità di trattamento, procedono, a loro scelta, all’aggiudicazione dei relativi appalti,  sulla base del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa ovvero del prezzo più basso. Nel caso di aggiudicazione con il criterio del prezzo più basso, le stazioni appaltanti procedono all’esclusione automatica dalla gara delle offerte che presentano una percentuale di ribasso pari o superiore alla soglia di anomalia individuata ai sensi dell’articolo 97, commi 2, 2- bis e 2-ter, del decreto legislativo n. 50 del 2016, anche qualora il numero delle offerte ammesse sia pari o superiore a cinque.”

E’ chiaro che per i servizi ad alta intensità di manodopera è bene che il RUP continui ad utilizzare il multi criterio. Inoltre si deve segnalare che in attesa della conversione in legge il comma è già stato modificato con l’innesto, all’interno del comma, del rispetto del comma 3 dell’articolo 95 ripristinando pertanto la primigenia del multicriterio rispetto al prezzo più basso che potrà essere utilizzato solo in situazioni specifiche.

Rimane fermo l’obbligo di utilizzare l’esclusione automatica nel caso di appalto da aggiudicarsi al prezzo più basso. Previsione questa che ha suscitato non poche perplessità anche  da parte dell’ANAC visto le censure comunitarie in tema al nostro Paese.

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Dott. Stefano Usai
Vice segretario del Comune di Terralba (Or)
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