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1. I costi della sicurezza e i costi della manodopera nel codice dei contratti

La questione concernente il costo della manodopera, in modo particolare successivamente all’entrata in vigore del decreto correttivo al codice dei contratti (d.lgs. n. 56/2017), ha dato luogo ad un ampio dibattito e generato alcune perplessità.

Tutto origina dall’inserimento nel comma 16 dell’articolo 23 (“Livelli della progettazione per gli appalti, per le concessioni di lavori nonché per i servizi”) del Codice dei contratti dell’ultimo periodo che così dispone: “Nei contratti di lavori e servizi la stazione appaltante, al fine di determinare l’importo posto a base di gara, individua nei documenti posti a base di gara i costi della manodopera sulla base di quanto previsto nel presente comma. I costi della sicurezza sono scorporati dal costo dell’importo assoggettato al ribasso”.

Alla modifica introdotta al citato articolo 23, sempre in tema di costo della manodopera, si associa quella di cui al comma 10 dell’articolo 95 il cui nuovo testo è il seguente: “Nell’offerta economica l’operatore deve indicare i propri costi della manodopera e gli oneri aziendali concernenti l’adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro ad esclusione delle forniture senza posa in opera, dei servizi di natura intellettuale e degli affidamenti ai sensi dell’articolo 36, comma 2, lettera a). Le stazioni appaltanti, relativamente ai costi della manodopera, prima dell’aggiudicazione procedono a verificare il rispetto di quanto previsto all’articolo 97, comma 5, lettera d)” con la precisazione che il citato articolo 97, comma 5, lettera d), posto tra i casi in cui possono essere individuate le offerte come anormalmente basse inserisce quelle per le quali il costo del personale è inferiore ai minimi salariali retributivi indicati nelle apposite tabelle di cui all’articolo 23, comma 16.

Stando al tenore letterale della nuova disciplina codicistica, parrebbe che soltanto i costi della sicurezza debbano essere scorporati dall’importo assoggettato al ribasso d’asta, mentre i costi della manodopera dovrebbero essere soltanto individuati dalla stazione appaltante al fine dell’eventuale controllo dell’anomalia

La norma appare, dunque, sufficientemente chiara per il fatto stesso che nella prima versione approvata in via preliminare dal Consiglio dei Ministri, l’ultimo periodo del citato articolo 16 era il seguente ”Il costo della manodopera e i costi della sicurezza sono scorporati dal costo dell’importo assoggettato al ribasso d’asta”, mentre nella versione finale diventa: “I costi della sicurezza sono scorporati dal costo dell’importo assoggettato al ribasso”. Non deve, quindi, trarre in inganno la relazione di accompagnamento alla legge perché la stessa si riferiva alla versione originaria (quella in cui l’ultimo periodo era “Il costo della manodopera e i costi della sicurezza sono scorporati dal costo dell’importo assoggettato al ribasso d’asta”) ed in cui era precisato che all’articolo 23 sono inseriti “due periodi al comma 16, volti a prevedere rispettivamente che, per i contratti relativi ai lavori, il costo dei materiali edili è determinato sulla base dei prezziari regionali, aggiornati annualmente e che i costi della manodopera e della sicurezza sono scorporati dall’importo assoggettato a ribasso d’asta”.

Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha pubblicato il decreto direttoriale n. 23 del 3 aprile 2017 in cui ha individuato il costo medio orario del lavoro a livello provinciale, per il personale dipendente da imprese del settore dell’edilizia e attività affini, distintamente per gli operai e per gli impiegati, con decorrenza dal mese di maggio 2016. Si tratta delle tabelle citate nel primo periodo del comma 16 dell’articolo 23 del Codice dei contratti e che deve essere, in atto, utilizzato dalle stazioni appaltanti per definire il costo della manodopera che rientra nell’importo a base d’asta soggetto a ribasso mentre, così come disposto dall’ultimo periodo del più volte citato comma 16 nel testo vigente successivamente all’entrata in vigore del d.lgs. n. 56/2017, i costi della sicurezza preventivamente determinati devono essere scorporati e non possono essere assoggettati al ribasso d’asta.

Vale senz’altro la pena ricordare che perplessità sulla stesura del testo preliminare dei periodi introdotti nella parte finale del comma 16 dell’articolo 23 furono avanzate anche dal Consiglio di Stato nel parere n. 782 del 30/03/2017: “la nuova disposizione (per come formulata) equipara tout court il costo della manodopera ai costi della sicurezza, cioè a quelle voci che concorrono all’importo finale ma non sono soggette a ribasso. Tuttavia, come è noto, i costi della sicurezza c.d. esterna sono già quantificati a priori dal bando e cioè dalla stazione appaltante. Diviene allora necessario, ove si opti per il mantenimento della previsione, chiarire a chi – stazione appaltante o offerente – spetti oggi scorporare questi costi dall’importo sul quale calcolare il ribasso”.

Sarà per tali ragioni che il legislatore, condividendo le criticità rilevate dal Consiglio di Stato, nella stesura del testo definitivo, ha deciso di modificare l’ultimo periodo del comma 16 precisando che soltanto i costi della sicurezza devono essere scorporati dall’importo a base d’asta. Peraltro anche l’ANAC, con la Segnalazione n. 2 del 19 marzo 2014, recante appunto “Disposizioni in materia di costo del lavoro negli appalti pubblici di cui all’art. 82, comma 3-bis del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163”, aveva ritenuto che  la  disposizione  non  poteva trovare  applicazione  senza ingenerare  effetti distorsivi  del  mercato ed aggiunse, inoltre,  la  necessità  di  salvaguardare altresì il principio  dell’autonomia  imprenditoriale laddove,  sostanzialmente,  ammette  giustificazioni  in  relazione  ad  elementi  che  influenzano  il  costo “complessivo” del personale e tutela il solo costo “unitario”. L’Autorità arrivò alla conclusione che il costo complessivo del personale, per ciascun concorrente, è da ritenere che si determini in base alla reale capacità organizzativa d’impresa che è funzione della libera iniziativa economica ed imprenditoriale (art. 41 Cost.) e come tale non può essere in alcun modo compressa mediante predeterminazioni operate ex ante.

2. Gli orientamenti giurisprudenziali contrastanti

La “confusione” ingenerata dal susseguirsi delle norme su citate in tema di oneri della sicurezza e costo della manodopera si è riverberata inevitabilmente anche sulle pronunce dei giudici amministrativi.

In tema di omissione degli oneri per la sicurezza aziendale, particolare rilevanza ha inzialmente rivestito la sentenza del Consiglio di Stato, sez. V, 7 febbraio 2018, n. 815, in cui si condivide l’orientamento che accoglie l’automatismo espulsivo in caso di mancata indicazione degli oneri per la sicurezza aziendali.

Il Consiglio di Stato ha stabilito, in primo luogo, che per le gare bandite sotto la vigenza del nuovo codice appalti, per ciò che riguarda l’istituto del soccorso istruttorio, trova applicazione l’articolo 83, comma 9, del nuovo Codice secondo cui la procedura di soccorso istruttorio non si applica agli elementi afferenti all’offerta economica e all’offerta tecnica, e che perciò che attiene l’obbligo di indicare puntualmente l’ammontare degli oneri per la sicurezza cc.dd. ‘interni o aziendali’, trova applicazione l’articolo 95, comma 10, secondo cui “nell’offerta economica l’operatore deve indicare i propri costi della manodopera e gli oneri aziendali concernenti l’adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro ad esclusione delle forniture senza posa in opera, dei servizi di natura intellettuale e degli affidamenti ai sensi dell’articolo 36, comma 2, lettera a). […]” (disposizione che, come detto, superando legislativamente le precedenti incertezze, ha definito che, per le gare indette nella vigenza del nuovo Codice, è necessaria per le imprese concorrenti l’indicazione dei detti oneri).

Ad avviso del Consiglio di Stato, quindi, nella specie non troverebbero applicazione i principi di diritto formulati dalla sentenza dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, 27 luglio 2016, n. 19, in tema di ammissibilità del soccorso istruttorio per il caso di mancata indicazione degli oneri per la sicurezza cc.dd. ‘interni o aziendali’ (che ha espressamente limitato la valenza del principio alle sole gare indette nella vigenza del decreto legislativo n. 163 del 2006, escludendone le precedenti).

Sulla base di tali considerazioni, il Consiglio di Stato ha chiarito che per le gare indette all’indomani dell’entrata in vigore del nuovo Codice non vi sono più i presupposti per ricorrere al soccorso istruttorio in caso di mancata indicazione degli oneri di cui all’articolo 95, comma 10. Ciò, in quanto il Codice ha definitivamente rimosso ogni possibile residua incertezza sulla sussistenza di tale obbligo; più in generale, il nuovo Codice non ammette comunque che il soccorso istruttorio possa essere utilizzato nel caso di incompletezze e irregolarità relative all’offerta economica (in tal senso – e in modo espresso – l’articolo 95, comma 10, cit.). L’esclusione è anche intesa ad evitare che il rimedio del soccorso istruttorio – istituto che corrisponde al rilievo non determinante di violazioni meramente formali – possa contrastare il generale principio della par condicio concorrenziale, consentendo in pratica a un concorrente (cui è riferita l’omissione) di modificare ex post il contenuto della propria offerta economica.

Il Consiglio di Stato, con la sentenza del 7 febbraio 2018, n. 815 ha chiarito che per le gare indette all’indomani dell’entrata in vigore del nuovo Codice non vi sono più i presupposti per ricorrere al soccorso istruttorio in caso di mancata indicazione degli oneri di cui all’articolo 95, comma 10, che determina dunque l’automatica esclusione dalla gara anche in mancanza di espressa comminatoria nel bando.

Pertanto, una volta accertato che tale obbligo di indicazione è chiaramente sancito dalla legge, secondo la sentenza citata la sua violazione determina conseguenze escludenti a prescindere dal dato che l’esclusione non sia stata testualmente enunciata dagli articoli 83 e 95 del Codice. Ciò in ragione del fatto che l’inadeguata indicazione degli oneri per la sicurezza cc.dd. ‘interni o aziendali’ non lede solo interessi di ordine dichiarativo o documentale, ma si pone ex se in contrasto con i doveri di salvaguardia dei diritti dei lavoratori cui presiedono le previsioni di legge, che impongono di approntare misure e risorse congrue per preservare la loro sicurezza e la loro salute.

Il Consiglio di Stato, dunque, ha riconosciuto nella specie l’automatismo espulsivo anche laddove il bando non preveda esplicitamente un obbligo dichiarativo in tal senso.

Di segno (parzialmente) divergente è la sentenza Tar Puglia, Bari, sez. II, 7 febbraio 2018, n. 165, la quale tratta anche la questione della necessità o meno di indicare separatamente i costi della manodopera. È necessario richiamare preliminarmente i principi in tema di tassatività delle cause di esclusione e di eterointegrazione della lex specialis delle gare per l’affidamento dei contratti pubblici. L’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato (25 febbraio 2014, n. 9), ha stabilito che l’esclusione dalla gara è disposta se la legge statale, il codice dei contratti pubblici o il regolamento attuativo la prevedono espressamente o nell’ipotesi in cui esse impongano “adempimenti doverosi” o introducano, comunque, “norme di divieto”, pur senza prevedere espressamente l’esclusione.

Sulla base del principio di etero-integrazione un’impresa può quindi essere esclusa se non adempie ad un obbligo previsto da una norma imperativa, anche quando il bando non richiama tale obbligo e né il bando, né la norma imperativa violata prevedono espressamente la conseguenza dell’esclusione. La stessa Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, con le sentenze n. 19 e n. 20 del 2016, ha precisato la portata di detto indirizzo muovendo dalla distinzione fra elementi essenziali dell’offerta, la cui mancanza preclude il soccorso istruttorio perché ammetterne l’integrazione violerebbe la par condicio, ed elementi formali che non incidono sul contenuto sostanziale dell’offerta alla quale sono per così dire “esterni” ed è quindi possibile integrarli attraverso il soccorso istruttorio senza pregiudizio della par condicio.

Il principio, enunciato in tema di costi della sicurezza aziendale, è in sé neutro e vale per le altre voci di costo – quali i costi della manodopera – se ne è richiesta l’indicazione separata, come si desume dal tenore del ragionamento seguito dall’Adunanza plenaria: “Gli oneri di sicurezza rappresentano un elemento essenziale dell’offerta (la cui mancanza è in grado di ingenerare una situazione di insanabile incertezza assoluta sul suo contenuto) solo nel caso in cui si contesta al concorrente di avere formulato un’offerta economica senza considerare i costi derivanti dal doveroso adempimento dei obblighi di sicurezza a tutela dei lavoratori. In questa ipotesi, vi è certamente incertezza assoluta sul contenuto dell’offerta e la sua successiva sanatoria richiederebbe una modifica sostanziale del “prezzo” (perché andrebbe aggiunto l’importo corrispondente agli oneri di sicurezza inizialmente non computati). Laddove, invece […] non è in discussione l’adempimento da parte del concorrente degli obblighi di sicurezza, né il computo dei relativi oneri nella formulazione dell’offerta, ma si contesta soltanto che l’offerta non specifica la quota di prezzo corrispondente ai predetti oneri, la carenza, allora, non è sostanziale, ma solo formale. In questo caso il soccorso istruttorio, almeno nei casi in cui ricorre la situazione sopra descritta di affidamento ingenerato dalla stazione appaltante, è doveroso, perché esso non si traduce in una modifica sostanziale del contenuto dell’offerta, ma solo nella specificazione formale di una voce che, pur considerata nel prezzo finale, non è stata indicata dettagliatamente”.

Ad avviso del TAR barese, dunque, sempre in linea di principio può aggiungersi che escludere un’offerta dalla gara solo perché priva dell’indicazione separata dei costi della manodopera o dei costi interni per la sicurezza, non già perché in sé incompatibile con la normativa di tutela delle condizioni di lavoro, tradisce proprio la finalità dell’art. 95 del decreto legislativo n. 50/2016, che richiede l’evidenza di tali voci di costo perché la stazione appaltante possa scegliere l’offerta migliore fra quelle conformi a detta normativa. Ne consegue che il comma 10 dell’art. 95 del decreto legislativo n. 50/2016, che prescrive l’esposizione dei costi della manodopera nell’offerta economica, senza sanzionare con l’esclusione l’offerta che ne sia priva, non può essere considerato un precetto – per quanto imperativo – la cui violazione comporti comunque l’esclusione, anche quando l’omissione si risolva in una lacuna formale dell’offerta nel senso dianzi chiarito.

Sulla stessa lunghezza d’onda si pone il TAR Emilia Romagna, Sezione II, 1 marzo 2018, n. 193, il quale, analizzato il dato testuale dell’art. 95, co. 10, in combinato disposto con l’art. 97, co. 5, lett. d) nonché con l’art. 23, co. 16, interpreta tale disposizione nel senso di considerare unicamente i costi della sicurezza quale somma che deve essere scorporata dall’importo assoggettato al ribasso d’asta, mentre i costi della manodopera, per i quali nemmeno è previsto un divieto di ribasso, devono essere individuati dalla stazione appaltante soltanto al fine dell’eventuale controllo dell’anomalia dell’offerta.

Pertanto, il mancato scorporo nell’offerta economica dei costi della manodopera rappresenta un difetto solo formale, non sanzionabile con l’esclusione dalla procedura, dovendo, comunque, sempre prevalere il principio del favor partecipationis. Secondo l’interpretazione letterale e logica della norma, infatti, si ha che soltanto i costi della sicurezza devono essere scorporati dall’importo assoggettato al ribasso d’asta e che i costi della manodopera devono essere soltanto individuati dalla stazione appaltante al fine dell’eventuale controllo dell’anomalia.

Si osserva poi ulteriormente che: a) ex art. 23 comma 16 del DLGS 50/2016 “solo” i costi della sicurezza devono essere scorporati e non sono soggetti a ribasso; i costi della manodopera devono essere indicati ma non sono soggetti allo scorporo né tantomeno al divieto di ribasso; b) la mancata indicazione costituisce difetto solo formale e non è sanzionabile con la esclusione in nome del favor partecipationis; c) l’art. 95 comma 10 prevede il dovere di indicare i costi della manodopera (e non lo scorporo) e quelli della sicurezza ma la loro mancata indicazione (di quelli della manodopera) non può condurre alla esclusione”.

3. Gli orientamenti giurisprudenziali più recenti

Quando sembravamo essere giunti ad un approdo chiarificatore, nel senso di ritenere passibili di esclusione quelle offerte che non prevedono lo scorporo dei costi della sicurezza, e non già anche lo scorporo dei costi aziendali, due recenti sentenze – tra loro antitetiche – hanno rimesso in discussione la questione. 

La prima in ordine cronologico è la sentenza del TAR Campania – Napoli, sez. II, del 16 aprile 2018 n. 2494, secondo la quale è legittima l’esclusione da una gara di appalto di una offerta nella quale non sono stati indicati separatamente i costi della manodopera e gli oneri aziendali concernenti l’adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, così come prescritto dall’art. 95, comma 10 del d.lgs. n. 50 del 2016 e s.m.i. Quest’ultima disposizione prevederebbe espressamente, ad avviso del TAR campano, che nell’offerta economica l’operatore deve indicare i propri costi della manodopera e gli oneri aziendali concernenti l’adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro; in considerazione della natura imperativa della previsione, non derogabile dal bando, la stessa si inserisce direttamente nell’atto unilaterale amministrativo anche in presenza di clausole contrastanti difformi.

Nel caso di mancata indicazione nell’offerta degli oneri per la mano d’opera e degli oneri aziendali concernenti l’adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, trattandosi di requisiti dell’offerta economica, non è applicabile il soccorso istruttorio, espressamente escluso dall’art. 85, comma 9, del d.lgs. n. 50 del 2016, né può farsi riferimento alla tutela dell’affidamento del contraente alla luce del carattere imperativo della norma e dei requisiti professionali richiesti ad un operatore economico qualificato partecipante a una gara pubblica. E, anzi, il codice avrebbe definitivamente rimosso ogni possibile residua incertezza sulla sussistenza dell’obbligo del ricorso al soccorso istruttorio, insuscettibile, comunque, di trovare applicazione nel caso di incompletezze e irregolarità relative all’offerta economica.

Il TAR Campania – Napoli, sez. II, del 16 aprile 2018 n. 2494, ha ritenuto legittima l’esclusione da una gara di appalto di una offerta nella quale non sono stati indicati separatamente i costi della manodopera e gli oneri aziendali concernenti l’adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro

Il TAR Campania, dunque, andando anche al di là del dato letterale della norma in esame, vorrebbe che fossero indicati “separatamente” non solo i costi della sicurezza, ma anche i costi della manodopera, come se le due tipologie di costo avessero al stessa identica natura.

Ancor più recentemente, tuttavia, il Consiglio di Stato, Sez. III, con sentenza del 27 aprile 2018, n. 2554 ha affermato, in aperta contraddizione con la sentenza del TAR Campania di cui sopra, che l’obbligo di considerare espressamente gli oneri per la sicurezza aziendale (cc.dd. oneri interni) nell’offerta economica, ora codificato dall’art. 95, comma 10, del d.lgs. n. 50 del 2016, non comporta l’automatica esclusione dell’impresa concorrente che, pur senza evidenziarli separatamente nell’offerta, li abbia comunque considerati nel prezzo complessivo dell’offerta 

Ha osservato il Consiglio di Stato che la lettera della legge non autorizza in sé l’esclusione dalla gara, non essendo prevista alcuna sanzione di espressa esclusione conseguente alla violazione dell’art. 95, comma 10, del d.lgs. n. 50 del 2016, che peraltro non prescrive più, a differenza degli abrogati artt. 86, comma 3-bis, e 87, comma 4, del d.lgs. n. 163 del 2006, che i suddetti costi siano indicati «specificamente».

L’assenza di una “specifica” indicazione degli oneri per la sicurezza interna nel testo della nuova legge, non sarebbe dunque casuale, perché il legislatore nazionale, nell’attuare la Direttiva 2014/24/UE, non si è realmente discostato dall’orientamento sostanzialistico del diritto eurounitario che, da ultimo ed espressamente nell’art. 57 di tale Direttiva, non ha mai inteso comprendere l’inadempimento di questo mero obbligo formale – la mancata indicazione degli oneri per la sicurezza interna separatamente dalle altre voci dell’offerta – tra le cause di esclusione.

Il Consiglio di Stato, Sez. III, con sentenza del 27 aprile 2018, n. 2554 ha affermato che l’obbligo di considerare espressamente gli oneri per la sicurezza aziendale nell’offerta economica non comporta l’automatica esclusione dell’impresa concorrente che, pur senza evidenziarli separatamente nell’offerta, li abbia comunque considerati nel prezzo complessivo dell’offerta, non essendo prevista alcuna sanzione di espressa esclusione conseguente alla violazione dell’art. 95, comma 10, del d. lgs. n. 50 del 2016.

Non solo dunque la formalistica soluzione escludente contrasta con la lettera dell’art. 95, comma 10, del d.lgs. n. 50 del 2016, che non commina espressamente l’effetto espulsivo della concorrente per l’inadempimento di tale obbligo, ma anche con la sua finalità, che è quella di consentire la verifica della congruità dell’offerta economica anche sotto il profilo degli oneri aziendali concernenti l’adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, ritenuto dal codice di particolare importanza per la sicurezza dei lavoratori, in sede di verifica dell’anomalia, in coerenza con le previsioni del legislatore europeo nell’art. 18, par. 2, e nell’art. 69, par. 2, lett. d), della Direttiva 2014/24/UE e nel Considerando n. 37 della stessa Direttiva, il quale rimette agli Stati membri l’adozione di misure non predeterminate al fine di garantire il rispetto degli obblighi in materia di lavoro.

La sentenza in questione rileva nella giurisprudenza nazionale orientamenti non univoci (come del resto illustrati nel presente articolo) e che la stessa Corte di Giustizia, investita della questione interpretativa delle nuove norme della Direttiva 2014/24/UE, ha dichiarato irricevibile la questione sollevata dal Tribunale amministrativo regionale della Basilicata per l’assenza di interessi transfrontalieri rilevanti in quel giudizio (Corte di Giustizia UE, sez. VI, 23 novembre 2017, in C-486/17).

In particolare il Consiglio di Stato ha ritenuto che l’esclusione automatica di una impresa concorrente, nel quadro della nuova legislazione eurounitaria e nazionale, sia illegittima, se l’impresa dimostri, almeno in sede di giustificazioni, che sostanzialmente la sua offerta comprenda gli oneri per la sicurezza e che tali oneri siano congrui.

E’ stato osservato che, anche nel vigore del d. lgs. n. 163 del 2006, era analogo il quadro interpretativo consolidatosi dopo la sentenza n. 19 del 27 luglio 2016 dell’Adunanza plenaria, poiché la giurisprudenza del  Consiglio di Stato era ormai costante nell’affermare che la mancata indicazione degli oneri per la sicurezza interna presenta i caratteri di un errore scusabile che non giustifica la sua immediata esclusione dalla gara o l’annullamento dell’aggiudicazione, quando non è contestato, sotto il profilo sostanziale, il rispetto dei costi minimi imposti dagli obblighi per la sicurezza sul lavoro.

Ha infine aggiunto che tale conclusione non si pone in violazione del principio del soccorso istruttorio ex art. 83, comma 9, d.lgs. n. 50 del 2016, il quale esclude dal soccorso istruttorio le incompletezze afferenti all’offerta tecnica ed economica, quando la stazione appaltante consenta all’impresa di specificare la consistenza degli oneri per la sicurezza già inclusi (ma non distinti) nel prezzo complessivo dell’offerta, senza ovviamente manipolare o modificare in corso di gara l’offerta stessa in violazione della trasparenza e della parità di trattamento tra i concorrenti.

Pertanto, se il principio di non automatica esclusione vale per la mancata indicazione degli oneri della sicurezza, a maggior ragione dovrebbe valere per i costi della manodopera, per i quali la legge non stabilisce alcun onere di indicazione separata, al contrario di quanto sostenuto dal TAR Campania.

4. Conclusioni e nodi irrisolti

Alla luce dell’ultima sentenza del Consiglio di Stato citata, dunque, potrebbero enunciarsi due principi: i) il primo riguarda l’assenza di qualsivoglia automatismo espulsivo discendente dall’omessa indicazione separata dei costi della sicurezza e, a maggior ragione, dei costi della manodopera; ii) il secondo riguarda l’applicabilità, al riguardo, del soccorso istruttorio, anche alla luce della nuova disciplina contenuta nel nuovo codice appalti, che esclude la possibilità di ricorrervi in caso di incompletezza dell’offerta tecnica o economica.

Tale ultimo orientamento del Consiglio di Stato pare maggiormente convincente rispetto ai precedenti, poiché pare maggiormente rispondente al principio di massima partecipazione alle gare, che ispira più di ogni altro l’attuale disciplina codicistica.

D’altro canto, sarebbe auspicabile un definitivo intervento chiarificatore, ad opera del legislatore, che sancisca una volta e per tutte, l’ontologica differenza tra i costi della sicurezza (predeterminati dalla stazione appaltante e non soggetti a ribasso) e i costi della manodopera (rimessi alla valutazione del concorrente e soggetti al ribasso, ma comunque legati al rispetto delle tabelle ministeriali sul costo del lavoro ed ai trattamenti salariali minimi).

Il Consiglio di Stato, Sez. III, con sentenza del 27 aprile 2018, n. 2554 ha affermato che l’obbligo di considerare espressamente gli oneri per la sicurezza aziendale nell’offerta economica non comporta l’automatica esclusione dell’impresa concorrente che, pur senza evidenziarli separatamente nell’offerta, li abbia comunque considerati nel prezzo complessivo dell’offerta, non essendo prevista alcuna sanzione di espressa esclusione conseguente alla violazione dell’art. 95, comma 10, del d. lgs. n. 50 del 2016.

Sotto quest’ultimo profilo, andrebbe altresì chiarito il livello di derogabilità delle tabelle ministeriali sul costo del lavoro, dal momento che la giurisprudenza si è espressa nel senso di ritenere che le tabelle ministeriali di cui all’art. 23, comma 16, del d.lgs. n. 50/2016, evocate ai fini della giustificazioni da rendere in sede di verifica dell’anomalia dall’art. 97, comma 5, lett. d), del medesimo decreto, esprimono soltanto il costo medio della manodopera quale parametro di riferimento né assoluto né inderogabile e che, svolgendo esso una funzione meramente indicativa, suscettibile di scostamento in relazione a valutazioni statistiche ed analisi aziendali evidenzianti una particolare organizzazione in grado di giustificare la sostenibilità dei costi inferiori, è ben possibile discostarsi da tali valori, in sede di giustificazioni dell’anomalia, sulla scorta di una dimostrazione puntuale e rigorosa (ex multis, Tar Lazio, Roma, I 30 dicembre 2016, n. 12873). L’unico valore non modificabile è costituito invece dai trattamenti salariali minimi inderogabili stabiliti dalla legge o da fonti autorizzate, secondo quanto stabilito dall’art. 97, comma 6, del medesimo d.lgs. n. 50/2016.

Siamo dunque di fronte a fattispecie normativa le quali sono state soggette a numerose, e tra loro contrastanti, interpretazioni additive da parte della giurisprudenza, ed è per tali ragioni che i dubbi sollevati in seno alla giurisprudenza dovrebbero trovare definitiva soluzione a livello legislativo o, almeno, regolamentare.

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Questo articolo è stato scritto da...

Avv. Riccardo Gai
Esperto in materia di appalti pubblici
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