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1. Premessa

Sul sito istituzionale dell’ANAC è stato recentemente pubblicato un nuovo documento di consultazione, contenente la bozza di Linee guida recanti “Individuazione e gestione dei conflitti di interesse nelle procedure di affidamento di contratti pubblici”. L’emanando provvedimento, da adottarsi ai sensi dell’articolo 213, comma 2, del Codice dei contratti pubblici, avrà natura non vincolante per i destinatari. Il documento si prefigge di perseguire molteplici obiettivi: agevolare le stazioni appaltanti nell’attività di individuazione, prevenzione e risoluzione dei conflitti di interesse nelle gare mediante la standardizzazione dei comportamenti e la diffusione delle buone pratiche; favorire la regolarità delle procedure di gara garantendo, nel contempo, l’imparzialità, la trasparenza, l’efficienza e l’efficacia dell’azione amministrativa; garantire i soggetti coinvolti nelle procedure da rischi di responsabilità civile, penale e disciplinare e, infine, prevedere misure che non comportino, per quanto possibile, l’introduzione di oneri eccessivi per le stazioni appaltanti.

Gli stakeholders sono chiamati a esprimere il loro parere e a fornire suggerimenti sulle proposte avanzate dall’Autorità per individuare le migliori soluzioni applicabili alla questione in esame.

Un aspetto fondamentale, che va messo immediatamente in rilievo – che l’ANAC stessa rammenta in più punti nel documento – è il fatto che la tutela che l’ordinamento intende offrire, dinanzi al rischio che insorga un conflitto di interesse, è anticipata in quanto volta ad evitare che sorgano situazioni anche solo potenziali di conflitto che potrebbero essere percepite come una minaccia all’imparzialità della stazione appaltante e, per ciò stesso, comportare un danno all’immagine e al prestigio della pubblica amministrazione.

L’Autorità Anticorruzione ha pubblicato un nuovo documento di consultazione recante indicazioni per l’individuazione e la gestione dei conflitti di interesse nelle procedure d’appalto. Gli stakeholders sono chiamati a fornire osservazioni e suggerimenti sul documento al fine di individuare le soluzioni più efficaci.

2. La definizione di conflitto di interesse

Il tema del conflitto di interesse trova già una sua disciplina generale in diverse norme dell’ordinamento. Le stesse Linee guida elencano le differenti disposizioni legislative e regolamentari che normano l’istituto. Si tratta, in particolare, dell’art. 6 bis della L. n. 241/1990, che disciplina il conflitto di interessi in generale nell’ambito di un qualunque procedimento amministrativo, la L. 190 del 2012 che istituisce l’Autorità Nazionale Anticorruzione e prevede, tra le altre misure di prevenzione, l’elaborazione del piano triennale, il D. Lgs. n. 39/2013 che detta disposizioni in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso la PA; il D.P.R. n. 62/2013 che approva il Codice di comportamento dei dipendenti pubblici. Le suddette norme delineano, unitamente alle previsioni sui doveri e sui divieti di conferimento di incarichi o di cumulo di incarichi sanciti dal Testo Unico sul pubblico impiego e dal Testo Unico sugli enti locali, la disciplina generale del conflitto di interesse.

Per quanto attiene le procedure di affidamento di contratti pubblici, il Codice introduce una disciplina speciale dettata dall’art. 42, che riguarda in maniera specifica i casi in cui il conflitto di interesse insorga nell’ambito di una procedura di gara.

Il comma 2 del citato art. 42 fornisce una definizione ben precisa di conflitto di interesse, individuandone la sussistenza <<quando il personale di una stazione appaltante o di un prestatore di servizi che, anche per conto della stazione appaltante, interviene nello svolgimento della procedura di aggiudicazione degli appalti e delle concessioni o può influenzarne, in qualsiasi modo, il risultato, ha, direttamente o indirettamente, un interesse finanziario, economico o altro interesse personale che può essere percepito come una minaccia alla sua imparzialità e indipendenza nel contesto della procedura di appalto o di concessione>>.

I punti su cui soffermare l’attenzione sono molteplici. Condizioni essenziali perché possa profilarsi un conflitto di interesse sono:

  1. che il soggetto in questione (dipendente della stazione appaltante o in altro modo collegato ad essa, come meglio si dirà nel paragrafo che segue) intervenga nella specifica procedura di affidamento o, in ogni caso, rivesta un ruolo tale da poter influenzarne in qualche modo l’esito,
  2. che il medesimo soggetto abbia un qualche interesse privatistico – diretto o indiretto – di natura finanziaria, economica o comunque personale in merito a tale procedura.

Deve, in altri termini, venire a crearsi la situazione per cui una decisione deve essere presa o, comunque, può essere influenzata da un soggetto che ha un interesse privato in contrasto con l’interesse pubblico sotteso a quella specifica procedura di affidamento e che, pertanto, potrebbe essere, anche solo potenzialmente, viziata sotto il profilo dell’imparzialità.

Come già accennato, il rischio che si intende evitare è soltanto potenziale e viene valutato ex ante rispetto all’azione amministrativa. La tutela offerta dall’ordinamento scatta prima che il conflitto di interesse si verifichi in concreto, in quanto basta che il rischio di decisioni viziate da parzialità di giudizio si paventi anche solo in termini potenziali.

L’Autorità inoltre si sofferma sul fatto che <<le situazioni di conflitto di interesse non sono individuate dalla norma in modo tassativo, ma possono essere rinvenute volta per volta, in relazione alla violazione dei principi di imparzialità e buon andamento sanciti dall’articolo 97 della Costituzione, quando esistano contrasto ed incompatibilità, anche solo potenziali, fra il soggetto e le funzioni che gli vengono attribuite>>. Per tale ragione, il richiamo alle situazioni di conflitto di interesse di cui all’art. 7, D.P.R. n. 62/2013[1], fatto dall’ultimo periodo dell’art. 42 del Codice, deve intendersi fatto a titolo meramente esemplificativo, in quanto le stesse rappresentano ipotesi predeterminate per le quali la valutazione della possibile sussistenza del rischio di interferenza dell’interesse privato nelle scelte pubbliche è operato a monte dal legislatore.

Nonostante la norma citi espressamente “il personale” della stazione appaltante o del prestatore di servizi, l’ANAC si mostra aperta alla possibilità che il conflitto di interessi anche solo potenziale sorga in capo a persone giuridiche e non solo fisiche. E’ il caso, ad esempio, di una stazione appaltante che abbia collegamenti societari con una delle società partecipanti alla procedura di affidamento, ex art. 2359 c.c. Su tale visione, tuttavia, la giurisprudenza ha assunto posizioni non univoche, come la stessa Autorità si cura di ricordare, chiedendo nel contempo agli stakeholders di esprimersi sul punto.

Con una recente pronuncia[2], il TAR Campania ha infatti sostenuto la tesi dell’ANAC, affermando che il conflitto di interessi può venire in rilievo anche quando vi sia un collegamento societario tra la stazione appaltante ed una società concorrente, tale da rendere possibile che l’ente influenzi in qualche modo le decisioni strategiche della società mediante direttive impartite agli amministratori. Tale commistione anche solo potenziale comporterebbe l’insorgenza di un conflitto di interesse e la conseguente necessità di attivare la tutela di cui all’art. 42.

Di opposto avviso è invece il Consiglio di Stato[3], il quale afferma che, considerata la dizione letterale dell’art. 42, il conflitto di interesse può sorgere solo con riferimento a situazioni ascrivibili al “personale” della stazione appaltante e non alle società controllate o collegate alla stessa. Secondo il Supremo Collegio, la mera partecipazione dell’ente pubblico ad una società concorrente non configura per ciò solo un elemento tale da pregiudicare la regolarità della procedura di affidamento.

La tutela offerta dall’ordinamento in tema di conflitto di interesse scatta prima che il conflitto si verifichi in concreto, in quanto basta che il rischio di decisioni viziate da parzialità di giudizio si paventi anche solo in termini potenziali. Si tratta dunque di una tutela anticipata, che si innesca alla presenza di una semplice minaccia all’imparzialità di giudizio e all’indipendenza della stazione appaltante.

3. L’ambito di applicazione dell’art. 42

Per quanto concerne l’ambito oggettivo di applicazione della tutela contro i conflitti di interesse dettata dall’art. 42 del Codice, l’ANAC è chiara nel ritenere che la stessa si applichi a tutte le procedure di affidamento, sopra e sotto soglia comunitaria, ai settori ordinari e a quelli speciali e finanche ai contratti esclusi, in quanto, ai sensi dell’art. 4 del Codice, a tali contratti sono comunque applicabili – tra l’altro – i principi di imparzialità e parità di trattamento di cui la disciplina dettata in materia di conflitto di interesse costituisce una diretta declinazione.

Per quanto attiene invece all’ambito di applicazione soggettivo, poiché la norma parla di “personale” della stazione appaltante, aderendo alla posizione consolidata della giurisprudenza amministrativa sul punto, l’Autorità ritiene che per “personale” debbano intendersi in primo luogo i dipendenti in senso stretto, ma non solo. Sono da considerarsi tali anche tutti coloro che, in base ad una norma o ad un vincolo contrattuale, sono in grado di impegnare l’ente verso l’esterno o comunque rivestano di fatto un ruolo tale da poterne influenzare in qualche modo l’attività esterna.

Si tratta, come è evidente, di un’accezione molto ampia, a tutela della massima applicabilità della disciplina volta ad evitare il conflitto. Rientrano in tale accezione i membri degli organi di amministrazione e controllo dell’ente, gli organi di governo dello stesso, gli organi di vigilanza esterni, i componenti e i segretari delle commissioni giudicatrici, nonché tutti coloro che hanno svolto un qualunque ruolo nell’ambito di una qualsiasi delle fasi della procedura, dalla progettazione alla predisposizione degli atti di gara, dall’aggiudicazione alla fase contrattuale e di esecuzione e collaudo.

L’ANAC considera il disposto dell’art. 42 <<una soglia minima di contenuto e tutela>> e gli attribuisce <<un carattere meramente esemplificativo che ne accentua la portata di principio generale>>.  

4. I rimedi. Le dichiarazioni sostitutive necessarie

L’ANAC esamina tutti i rimedi introdotti dall’ordinamento volti ad evitare l’insorgere di conflitti di interesse. Considerato che l’ordinamento già prevede una serie di misure, l’Autorità, anche per evitare di incorrere nella violazione del principio del gold plating, ritiene sufficiente richiamare la necessità di applicare con rigore i rimedi già esistenti: primi fra tutti, gli obblighi dichiarativi e di comunicazione da assolvere al momento dell’assegnazione di un soggetto ad un ufficio o del conferimento di un incarico.

Tali obblighi di dichiarazione, previsti sia dall’art. 6 bis della L. n. 241/1990[4] che dall’art. 6 del D.P.R. n. 62/2013[5], impongono al dipendente pubblico di comunicare, all’atto di insediarsi in un ufficio, tutte le situazioni che, anche solo potenzialmente, potrebbero dar vita a conflitti di interesse, quali, in particolare, precedenti incarichi svolti per soggetti economici privati, rapporti di collaborazione remunerata con privati, rapporti di parentela o coniugio con soggetti a loro volta collegati da rapporti di collaborazione o interesse con soggetti economici.

L’Autorità, al fine di meglio chiarire quando sorge l’obbligo dichiarativo imposto dall’ordinamento, fa l’esempio del dipendente pubblico preposto all’ufficio gare, il cui figlio sia titolare di un’impresa che opera in un particolare settore e che potrebbe essere aggiudicataria di contratti pubblici. Al momento dell’assegnazione all’ufficio, il funzionario sarà tenuto a dichiarare la sussistenza di un conflitto di interesse, pur se solo potenziale, scaturente dal suddetto rapporto di parentela. Il conflitto di interesse diventerà attuale nel momento in cui il dipendente dovesse essere incaricato di svolgere una qualsiasi attività nell’ambito di una gara avente ad oggetto prestazioni rientranti nel settore di attività dell’impresa del figlio. <<In tal caso, – sostiene giustamente l’ANAC –  fin dalle fasi iniziali della procedura, ancor prima che siano noti i nominativi dei concorrenti, si configurerebbe l’obbligo di astensione, atteso che il rapporto di parentela potrebbe essere percepito come una minaccia all’imparzialità del funzionario>>.

Secondo l’Autorità, un importante rimedio avverso possibili conflitti di interesse è l’obbligo per ciascun dipendente della stazione appaltante di rendere una dichiarazione in ordine alle situazioni di potenziale conflitto di interessi in cui lo stesso potrebbe trovarsi ogniqualvolta sia assegnato ad un determinato ufficio; atto da ripetere nel momento in cui al dipendente sia assegnato un ruolo nell’ambito di una specifica procedura di gara.

Secondo l’Autorità, ciascun dipendente, inteso in senso lato come visto in precedenza[6], dovrebbe poi ripetere l’operazione di rendere la dichiarazione in ordine alle situazioni di conflitto di interessi ogniqualvolta sia in procinto di essere assegnato allo svolgimento di un ruolo nell’ambito di una specifica procedura di gara, facendo evidentemente riferimento alle caratteristiche e all’oggetto di essa.  

La dichiarazione, che dovrebbe avere ad oggetto l’obbligo di comunicare l’insorgenza – durante la procedura di gara o nella fase esecutiva del contratto – di qualunque situazione anche solo potenzialmente idonea a porre in dubbio l’imparzialità e l’indipendenza del dipendente, dovrebbe richiamare il concetto di conflitto di interesse come previsto dall’art. 42 ed indicare le sanzioni disciplinari, amministrative e penali applicabili in caso di falsa dichiarazione e di inosservanza delle disposizioni di legge.

L’ANAC suggerisce di subordinare la nomina del dipendente all’assunzione di quello specifico ruolo nella procedura alla preventiva acquisizione della dichiarazione sostitutiva sull’assenza di conflitti di interesse; da ciò discende che, in assenza di dichiarazione, il dipendente non potrà essere assegnato a quello specifico incarico. Non solo: laddove il dipendente dovesse dichiarare la sussistenza di un possibile conflitto, l’Amministrazione sarà impossibilitata ad assegnargli un ruolo in quella procedura.

Se lo stesso fosse stato nominato prima dell’insorgenza del conflitto, la stazione appaltante dovrebbe revocargli l’incarico ed assegnarlo ad altro dipendente. Laddove infatti il conflitto di interesse sia sorto successivamente al momento in cui il dipendente ha reso la sua dichiarazione di insussistenza di conflitti, lo stesso deve immediatamente darne comunicazione al RUP o, comunque, al proprio superiore gerarchico, per i conseguenti provvedimenti.

L’omissione di tale comunicazione integra una condotta contraria ai doveri d’ufficio, sanzionabile sotto il profilo penale, civile, amministrativo o contabile del pubblico dipendente nonché sotto il profilo disciplinare[7].

Delle dichiarazioni rese occorrerà, come è intuibile, tenere traccia mediante protocollazione e conservazione negli archivi della stazione appaltante, nonché – trattandosi di dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà – occorrerà procedere allo svolgimento di verifiche a campione sulla veridicità delle stesse, così come prescritto dal D.P.R.  n. 445/2000.

5. (Segue) I rimedi. L’obbligo di astenersi dalla procedura di gara

Il comma 3 dell’art. 42 del Codice sancisce che il personale, che versi in ipotesi di conflitto sussistente al momento del conferimento dell’incarico o sopravvenuto, <<è tenuto a darne comunicazione alla stazione appaltante, ad astenersi dal partecipare alla procedura di aggiudicazione degli appalti e delle concessioni. Fatte salve le ipotesi di responsabilità amministrativa e penale, la mancata astensione nei casi di cui al primo periodo costituisce comunque fonte di responsabilità disciplinare a carico del dipendente pubblico>>.

Secondo l’Autorità, il responsabile dell’ufficio di appartenenza del soggetto che ha reso la dichiarazione di sussistenza di un conflitto di interessi o, se tale soggetto è lo stesso dirigente dell’ufficio, il suo superiore gerarchico, dovrà valutare, in contraddittorio con il dichiarante, se la situazione segnalata realizzi un conflitto di interessi idoneo a ledere l’imparzialità dell’azione amministrativa. In caso affermativo, il responsabile dovrà necessariamente nominare un sostituto oppure, in carenza di idonee figure professionali, dovrà avocare a sé la funzione.

Considerato che l’astensione di un dipendente comporta l’impossibilità per lo stesso di svolgere un qualunque ruolo nell’ambito della procedura e questo potrebbe comportare gravi difficoltà organizzative negli enti, soprattutto se di piccole dimensioni, la valutazione che il responsabile dell’ufficio sarà chiamato a compiere dovrà adeguatamente ponderare la gravità della causa di astensione ed il pericolo che ne potrebbe scaturire in merito all’adempimento dei doveri di integrità, indipendenza e imparzialità del dipendente, considerando, altresì, il pregiudizio che potrebbe derivare al decoro e al prestigio dell’amministrazione di appartenenza. In altri termini, dovrà essere adeguatamente valutato l’eventuale “danno all’immagine” della amministrazione che potrebbe derivare dalla mancata astensione, contemperandolo con le esigenze organizzative, talvolta stringenti, dell’ente.

Il discorso è parzialmente differente per i componenti degli organi politici delle stazioni appaltanti, che partecipano alla procedura di gara mediante l’adozione di provvedimenti di autorizzazione o approvazione e che si trovino in posizione di conflitto di interessi: questi potranno limitarsi ad astenersi di volta in volta dal partecipare alla decisione dell’organo collegiale di cui fanno parte, nel rispetto della normativa vigente.

Al momento dell’insorgere di una situazione di conflitto di interessi, il dipendente deve darne immediata comunicazione al superiore. L’omissione di tale comunicazione integra una condotta contraria ai doveri d’ufficio, sanzionabile sotto il profilo penale, civile, amministrativo, contabile e disciplinare.

6. (Segue) I rimedi. L’esclusione del concorrente dalla gara e l’annullamento dell’aggiudicazione

Laddove tutti i rimedi visti finora non appaiano sufficienti a scongiurare l’insorgenza di un concreto conflitto di interesse sarà necessario ricorrere alla soluzione che l’ANAC definisce l’extrema ratio, in quanto applicabile soltanto nei casi in cui il conflitto non sia altrimenti risolvibile, ovvero l’esclusione dalla procedura d’appalto del concorrente in riferimento al quale il conflitto è sorto.

A disporre tale rimedio estremo è l’art. 80, comma 5, lettera d) del codice, che appunto prevede l’esclusione <<quanto la partecipazione di un operatore economico determini una situazione di conflitto di interesse ai sensi dell’art. 42, comma 2, non diversamente risolvibile>>.

Detta situazione potrebbe, ad esempio, verificarsi quando l’astensione del dipendente che si trova in conflitto di interesse non appaia sufficiente ad escludere il rischio di interferenza, oppure – ed è questo, forse, il caso più frequente – quando, per insuperabili difficoltà organizzative dell’ente, è assolutamente impossibile sia sostituire il funzionario che versa nella situazione di conflitto di interesse che disporre l’avocazione dell’attività da svolgere in capo al responsabile del servizio. In questi casi – come è facile comprendere, considerata la gravità del rimedio – le difficoltà organizzative che hanno giustificato tale scelta dovranno essere adeguatamente motivate[8].

L’esclusione dalla procedura del concorrente diventa l’unico rimedio anche nell’ipotesi in cui il funzionario in posizione di conflitto di interesse non abbia reso – presumibilmente colpevolmente – la dichiarazione o la comunicazione di cui si è parlato in precedenza ed ha pertanto preso parte alla procedura di gara o alle fasi propedeutiche della stessa condizionandone le scelte o i contenuti. In tale situazione – fatta salva la responsabilità per omessa dichiarazione che potrà insorgere in capo al funzionario – non è ravvisabile alcuna altra soluzione che non sia escludere dalla procedura il concorrente collegato allo stesso.

In tutti questi casi la partecipazione del concorrente si concreta in un conflitto di interesse che inficia per ciò stesso la regolarità della procedura. La sua esclusione pertanto appare l’unico rimedio possibile.

Laddove una delle situazioni sopra descritte dovessero verificarsi successivamente all’aggiudicazione della gara, il rimedio dell’esclusione del concorrente si tramuterebbe in un necessario provvedimento di annullamento dell’aggiudicazione o, se la procedura è in fase più avanzata, nella risoluzione del contratto, previa adeguata ponderazione degli interessi coinvolti da parte della stazione appaltante.

Laddove tutti i rimedi preventivi non appaiano sufficienti a scongiurare l’insorgenza di un concreto conflitto di interesse, sarà necessario ricorrere all’esclusione dalla procedura di gara del concorrente in riferimento al quale sussiste il conflitto, ovvero, nelle fasi più avanzate della procedura, all’annullamento dell’aggiudicazione o alla risoluzione del contratto.

7. Le misure di prevenzione. Il PTPC, i protocolli di legalità, i patti di integrità e la formazione del personale

Al di là dei diversi rimedi individuati dal legislatore per eliminare eventuali situazioni di conflitto di interesse che possano insorgere nelle procedure di affidamento, l’ANAC raccomanda di sfruttare appieno tutte le misure preventive che l’ordinamento mette a disposizione, prima fra tutti l’elaborazione ed approvazione del piano triennale di prevenzione della corruzione (PTPC) che le Amministrazioni indicate dalla L. n. 190/2012 sono tenute a redigere. In tale piano devono essere, tra l’altro, individuate preventivamente tutte le possibili situazioni di rischio che possano far emergere, nelle varie fasi della procedura, conflitti di interesse non dichiarati o non comunicati. Si tenga presente che un conflitto di interessi non eliminato costituisce spesso e volentieri l’anticamera di un episodio corruttivo.

Nel PTPC è presente infatti una mappatura dei processi nell’area di rischio “contratti pubblici”.

La stessa Autorità suggerisce una serie di ipotesi esemplificative di rischio corruttivo per ciascuna delle fasi delle procedure di gara. Tanto per fare qualche esempio, in fase di progettazione, costituisce una concreta ipotesi di rischio, in cui può incorrere specialmente il RUP o altro progettista, la definizione delle caratteristiche della prestazione o dell’importo a base di gara – da cui scaturiscono scelte precise sia in termini di procedura da adottare che in termini di requisiti di partecipazione da richiedere – in funzione di un particolare operatore economico. O ancora, in fase di pubblicazione del bando, costituisce un’ipotesi di rischio la scelta di modalità di pubblicazione o di termini per la presentazione delle offerte volti deliberatamente a ridurre di fatto la pubblicità e la partecipazione alla procedura. In fase di selezione del contraente mediante utilizzo di elenchi di fornitori, un’altra situazione di effettivo rischio è, ad esempio, il mancato rispetto del principio di rotazione al di fuori delle ipotesi eccezionali ammesse dall’Autorità[9]. In fase esecutiva, invece, tra le varie possibili situazioni di rischio segnalate dall’Autorità spicca la mancata o incompleta verifica del corretto adempimento delle prestazioni contrattuali o del rispetto delle tempistiche stabilite o, ancora, la mancata applicazione delle penali pur se teoricamente dovute.

Il PTPC, oltre ad individuare le possibili situazioni di rischio specifiche per la singola Amministrazione, deve suggerire adeguate misure di contrasto al rischio di conflitti di interesse. Si pensi, ad esempio, alla necessità di far ruotare periodicamente gli incarichi dei funzionari e dirigenti preposti alle unità organizzative che gestiscono procedimenti ad alto rischio corruttivo.

Il Piano deve infine fornire indicazioni su chi deve svolgere un effettivo monitoraggio sulla corretta attuazione di tali misure e con quali modalità.

L’Autorità suggerisce ulteriori accorgimenti volti a prevenire il rischio di conflitti di interesse. Uno di questi è l’inserimento nei bandi di gara – oppure nei protocolli di legalità o nei patti di integrità che le pubbliche amministrazioni virtuose si siano date – di specifiche prescrizioni a carico dei concorrenti e degli aggiudicatari con cui si richiede la preventiva dichiarazione sostitutiva della sussistenza di possibili conflitti di interesse rispetto ai soggetti che intervengono nella procedura o nella fase esecutiva e la comunicazione di qualsiasi conflitto di interesse che insorga successivamente. Si estende, in tal modo, l’obbligo di comunicazione, previsto legislativamente per i dipendenti della stazione appaltante, anche agli operatori economici che partecipano alle procedure di gara o, a maggior ragione, a quelli che la vincono.

In caso di violazione degli impegni sottoscritti, è importante che sia prevista una qualche sanzione a carico dell’operatore economico, graduata a seconda della gravità della violazione commessa in base al principio di proporzionalità[10].

A corollario dei vari rimedi elencati al fine di scongiurare, per quanto possibile, il sorgere di situazioni di conflitto di interessi, l’ANAC rammenta l’importanza di svolgere una adeguata formazione e sensibilizzazione del personale delle stazioni appaltanti, attraverso iniziative formative ad hoc, volte a diffondere la conoscenza degli obblighi di comunicazione e di astensione, delle conseguenze scaturenti dalla loro violazione e dei comportamenti da seguire in caso di conflitto di interesse, nonché sul dovere di vigilanza sul rispetto di tali obblighi in capo ai dirigenti e ai responsabili di unità organizzative.

Fondamentale in tal senso è garantire un’effettiva conoscenza delle conseguenze negative che potrebbero scaturire dalla violazione degli obblighi di comunicazione e astensione, in presenza di un conflitto di interessi. Si è già parlato delle responsabilità personali in cui il dipendente potrebbe incorrere, di natura penale, amministrativa o disciplinare. Oltre a ciò, la violazione delle norme sul conflitto di interessi può avere gravi ripercussioni sulla legittimità e, quindi, sulla sopravvivenza del procedimento amministrativo e del provvedimento finale, posto che tali atti potrebbero risultare viziati da eccesso di potere sotto il profilo dello sviamento della funzione tipica dell’azione amministrativa, ciò che può condurre all’annullamento d’ufficio del provvedimento adottato laddove sia rinvenibile un contrasto attuale e concreto con l’interesse pubblico specifico del procedimento, individuabile nella scelta del contraente più idoneo.

L’ANAC raccomanda alle stazioni appaltanti di sfruttare tutte le misure preventive rinvenibili nell’ordinamento: il piano triennale di prevenzione della corruzione, contenente l’indicazione delle situazioni di rischio specifiche per la singola amministrazione, l’adesione a protocolli di legalità o la stipula di patti di legalità, una capillare azione di formazione e sensibilizzazione del personale volta a rendere noti gli obblighi di comunicazione e astensione e le sanzioni applicabili in caso di violazione degli stessi.


[1] Art. 7, D.P.R.  n. 62/2013: <<Obbligo di astensione. 1. Il dipendente si astiene dal partecipare all’adozione di decisioni o ad attività che possano coinvolgere interessi propri, ovvero di suoi parenti, affini entro il secondo grado, del coniuge o di conviventi, oppure di persone con le quali abbia rapporti di frequentazione abituale, ovvero, di soggetti od organizzazioni con cui egli o il coniuge abbia causa pendente o grave inimicizia o rapporti di credito o debito significativi, ovvero di soggetti od organizzazioni di cui sia tutore, curatore, procuratore o agente, ovvero di enti, associazioni anche non riconosciute, comitati, società o stabilimenti di cui sia amministratore o gerente o dirigente. Il dipendente si astiene in ogni altro caso in cui esistano gravi ragioni di convenienza. Sull’astensione decide il responsabile dell’ufficio di appartenenza>>.

[2] TAR Campania – Salerno, sent. n. 524 del 6 aprile 2018.

[3] Sent. n. 3401 del 5 giugno 2018.

[4] Art. 6 bis L. n. 241/1990: <<Il responsabile del procedimento e i titolari degli uffici competenti ad adottare i pareri, le valutazioni tecniche, gli atti endoprocedimentali e il provvedimento finale devono astenersi in caso di conflitto di interessi, segnalando ogni situazione di conflitto, anche potenziale>>.

[5] Art. 6 D.P.R. n. 62/2013: <<1. Fermi restando gli obblighi di trasparenza previsti da leggi o regolamenti, il dipendente, all’atto dell’assegnazione all’ufficio, informa per iscritto il dirigente dell’ufficio di tutti i rapporti, diretti o indiretti, di collaborazione con soggetti privati in qualunque modo retribuiti che lo stesso abbia o abbia avuto negli ultimi tre anni, precisando:

a) se in prima persona, o suoi parenti o affini entro il secondo grado, il coniuge o il convivente abbiano ancora rapporti finanziari con il soggetto con cui ha avuto i predetti rapporti di collaborazione;

b) se tali rapporti siano intercorsi o intercorrano con soggetti che abbiano interessi in attività o decisioni inerenti all’ufficio, limitatamente alle pratiche a lui affidate.

2. Il dipendente si astiene dal prendere decisioni o svolgere attività inerenti alle sue mansioni in situazioni di conflitto, anche potenziale, di interessi con interessi personali, del coniuge, di conviventi, di parenti, di affini entro il secondo grado. Il conflitto può riguardare interessi di qualsiasi natura, anche non patrimoniali, come quelli derivanti dall’intento di voler assecondare pressioni politiche, sindacali o dei superiori gerarchici>>.

[6] Ci si riferisce pertanto a ogni soggetto che interviene nella procedura di gara, quale i membri degli organi politici se hanno poteri gestori, il RUP, i membri del collegio tecnico, i membri della commissione di gara e il segretario, il responsabile della sicurezza, il coordinatore della sicurezza in fase di esecuzione, il direttore dei lavori o dell’esecuzione del contratto, il collaudatore, il soggetto che sottoscrive il contratto per conto della stazione appaltante nonché il soggetto che provvede al pagamento dei corrispettivi e colui che svolge il monitoraggio dell’esecuzione del contratto.

[7] Art. 16 D.P.R. n. 62/2013.

[8] Ad esempio, l’impossibilità assoluta di sostituire il dipendente potrebbe dipendere dall’elevatissima specializzazione richiesta per lo svolgimento della concreta funzione nell’ambito della procedura di gara, oppure dall’inutilità della sostituzione di un unico soggetto, come nel caso in cui tra la stazione appaltante e un concorrente vi siano collegamenti societari che comportano, di per sé, un rischio di interferenza diffuso all’intera compagine amministrativa.

[9] Si vedano le Linee guida n. 4 dell’ANAC sulle “Procedure per l’affidamento dei contratti pubblici di importo inferiore alle soglie di rilevanza comunitaria, indagini di mercato e formazione e gestione degli elenchi di operatori economici”.

[10] Possibili esempi di sanzioni applicabili in caso di violazione degli obblighi assunti aderendo ad un protocollo di legalità o ad un patto di integrità sono: l’esclusione dalla procedura di affidamento oppure la risoluzione di diritto del contratto, o, ancora, l’escussione totale o parziale dei depositi cauzionali o altre garanzie depositate ai fini della partecipazione alla procedura di affidamento; nei casi più gravi si può giungere fino all’interdizione del concorrente a partecipare ad altre gare indette dalla medesima stazione appaltante per un periodo di tempo variabile a seconda della gravità della violazione commessa.

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Questo articolo è stato scritto da...

Dott.ssa Alessandra Verde
Referendaria consiliare presso il Consiglio regionale della Sardegna
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