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Con sentenza n. 778 del 5 ottobre 2011 il GUP del Tribunale di Padova ha condannato i componenti di una Commissione di gara ritenendoli colpevoli delle condotte delittuose previste e sanzionate dagli artt. 319, 321,  353 e 640 bis del c.p..

Nello specifico, la sentenza ha come oggetto un caso di corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio (articolo 319 c.p.), turbata libertà degli incanti (articolo 353 c.p.) e truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche (articolo 640 bis c.p.).

Nella sentenza in esame si approfondisce (e si condanna) la condotta di alcuni Commissari di una Gara di appalto indetta per la riorganizzazione del sistema di trasporti. I prevenuti hanno, invero, abusato del loro potere e della loro qualità per favorire un imprenditore in particolare.

Ora, benché appassionante, è bene tralasciare l’analisi integrale della sentenza e spostare l’attenzione unicamente sulla qualifica soggettiva attribuita agli imputati, ovvero quella di Pubblico Ufficiale.

Nel caso in esame la stazione appaltante era una società di trasporti incaricata della gestione del trasporto pubblico extraurbano per la Provincia di Padova. La Società di trasporti bandiva una gara per l’aggiudicazione dell’appalto dei “lavori per la riorganizzazione del sistema di trasporti urbani ed extraurbani” e, dopo la scadenza del termine per la presentazione delle offerte, nominava le commissioni aggiudicatrici, come prescritto dall’art. 84 del D.Lgvo. 163/2006.

La questione da risolvere è se i membri di questa Commissione di Gara, istituita da una società di diritto privato, e non dipendenti della società stessa, possano ritenersi pubblici ufficiali ai fini dell’attribuzione di una responsabilità per corruzione propria ex art. 319 c.p..

La norma si riferisce testualmente ai pubblici ufficiali che compiano atti contrari ai doveri di ufficio. Tali sono quelli consistenti in un accordo criminoso avente ad oggetto il mercimonio, ovvero il baratto dell’attività  funzionale della pubblica amministrazione.

Il legislatore penale distingue la corruzione propria da quella impropria considerando la prima una forma di aggressione più grave perché ha per oggetto un atto contrario ai doveri di ufficio, mentre quella impropria ha per oggetto un atto conforme ai doveri di ufficio attraverso una compravendita ed esprime quindi un disvalore più attenuato. (cfr. Fiandaca –Musco Quinta ed. Diritto Penale Parte speciale)   

Ciò premesso esaminiamo ora l’iter logico giuridico seguito dal Giudice di Padova per qualificare i commissari di gara, nominati dalla società di trasporti, pubblici ufficiali e come tali tenuti alla osservanza degli obblighi inerenti a tale ufficio.

Dalla lettura della sentenza si evince che per considerare un soggetto pubblico ufficiale non conta quale professione questi svolga e alle dipendenze di chi, ma interessa quale specifica mansione in quel momento stia espletando e quale sia la disciplina della mansione stessa.

Con tale affermazione il Giudice di Padova ha dato seguito a un consolidato orientamento giurisprudenziale della Suprema Corte che con sentenza del 07.06.01 ha stabilito che “la qualifica di pubblico ufficiale, ai sensi dell’art. 357 c.p. (come modificato dalle leggi 86/1990 e 181/92), deve esser riconosciuta a quei soggetti che, pubblici dipendenti o semplici privati, possono e debbono – quale che sia la loro posizione soggettiva – formare e manifestare, nell’ambito di una potestà regolata dal diritto pubblico, la volontà della p.a., ovvero esercitare, indipendentemente da formali investiture, poteri autoritativi, deliberativi o certificativi, disgiuntamente e non cumulativamente considerati”.

Il suddetto orientamento si è uniformato a quello di derivazione comunitaria in materia di appalti pubblici.

Nel caso in esame l’ufficio del Pubblico Ministero ha contestato dei delitti contro la pubblica amministrazione, per integrare i quali è necessaria la condotta di un Pubblico ufficiale.

Il Giudice ha condannato i prevenuti in quanto ha ravvisato la sussistenza di entrambi gli indici rilevatori della pubblica funzione necessari a norma dell’art. 357 co 2. C.p..

Il primo indice, come precisato dal Giudice, “realizza la delimitazione esterna tra pubblica funzione e attività privatistiche” e ricorre allorché l’attività oggetto di indagine è disciplinata da norme di diritto pubblico e da atti autorizzativi.

Il secondo degli indici rivelatori della pubblica funzione è quello che caratterizza la formazione e la manifestazione della volontà della pubblica amministrazione. Il soggetto deve cioè  concorrere a formare la volontà dell’organo che esercita la funzione pubblica.

Orbene, il GUP di Padova ha verificato se la società di trasporti, sotto il profilo dell’ambito soggettivo, potesse ricadere nel novero delle amministrazioni aggiudicatrici ex art. 3, commi 25,26,28, Codice App., pur essendo un soggetto privato, e se, sotto il profilo oggettivo, il contratto in questione rientrasse tra quelli di cui ai commi 3, 6,e 7 del già citato articolo.

Ora, per comprendere la portata della condanna inflitta dal Giudice di Padova ai prevenuti è opportuno esaminare, seppure sinteticamente, le norme speciali indicate.

Innanzitutto va detto che l’ordinamento interno, per la individuazione della committenza pubblica e per la interpretazione delle norme anche penali in materia di contratti di evidenza pubblica, si è allineato alla definizione sostanziale di amministrazione pubblica del diritto CE. Infatti, le procedure di evidenza pubblica, inizialmente sorte per garantire alla p.a. la conclusione di contratti utili e senza spreco di risorse pubbliche, hanno subito una evoluzione, fondamentalmente pretesa dall’ordinamento comunitario, finalizzata ad assicurare la concorrenza di mercato, imponendo la selezione della migliore offerta.

La normativa CE, al fine di assicurare la concorrenza di mercato che potrebbe essere inficiata dalla rilevanza economica dell’attività contrattuale della pubblica amministrazione, ha assoggettato alle procedura di evidenza pubblica una più ampia categoria di soggetti.

Invero, la Direttiva 2004/18/CE all’art. 1 par. 9 “considera amministrazione aggiudicatrice: lo Stato, gli EE.PP. territoriali, gli organismi di diritto pubblico e le relative associazione, elencando in senso non limitativo gli enti cui gli stati CE riconoscono la natura di organismo pubblico attraverso la verifica sulla posizione assunta nel mercato” (cfr. Spinelli ed al., 42).

La stessa definizione di amministrazione aggiudicatrice è contenuta nella Dir. 2004/17/CE per i settori speciali, con riguardo altresì alle imprese pubbliche e ai privati che si avvalgano di diritti speciali o esclusivi. Anche i soggetti privati che presentino le caratteristiche richieste dalla disciplina comunitaria e dalla legge interna di adeguamento sono, laddove operino come amministrazioni aggiudicatrici (quindi limitatamente agli atti della serie procedimentale di evidenza pubblica), P.A. in senso soggettivo, come tali deputati all’esercizio di potestà pubbliche e i loro atti sono per forza di legge caratterizzati dagli stessi connotati, soggettivi ed oggettivi, degli atti amministrativi classici e devono godere del medesimo trattamento giurisdizionale. ( Cons. Stato Sez. VI nn. 1478/98 1948/00; C Sez. Un. 64/99, 332/99e 40/00- Vedi Commento art. 32 Appalti pubblici e privati CEDAM)

Il legislatore nazionale per dare attuazione alle direttive comunitarie ha, dunque, fatto ricadere nella definizione di amministrazioni aggiudicatrici anche i soggetti privati che per l’esercizio dell’attività si avvalgono di diritti speciali ed esclusivi. Detti soggetti nel momento in cui pongono in essere un’attività finalizzata alla tutela dell’interesse pubblico sono investiti di pubblico potere ed equiparati alle amministrazioni, indipendentemente da una specifica qualificazione formale, e sono, pertanto, obbligati a contrattare attraverso la procedura di evidenza pubblica.

In sintesi, l’avere accolto una nozione sostanziale di amministrazione aggiudicatrice ha evitato che la crescente privatizzazione di soggetti protagonisti delle economie nazionali potesse finire per sottrarre rilevanti fette di mercato alle particolari regole che negli appalti pubblici meglio garantiscono la libertà di concorrenza. (V. commento all’art. 207 Cod. Appalti CEDAM)

Alla luce di tutti i principi e gli orientamenti giurisprudenziali riportati si comprende la decisione adottata dal GUP di Padova. Quest’ultimo ha ritenuto, sotto il profilo soggettivo, che la società di trasporti “pur essendo un soggetto privato rientra in quelle species delle “amministrazione aggiudicatrici” (art. 3 comma 25) che l’art. co. 26 denomina “organismo di diritto pubblico”; e anche impresa pubblica ex art. 3 comma 28 del codice contratti” e, conseguentemente,la società di trasporti “era obbligata a contrattare attraverso la procedura di evidenza pubblica”, operando nei settori speciali degli appalti ai sensi dell’art. 207 e ss. Codic. App.; e, sotto il profilo oggettivo, che il contratto dalla stessa stipulato potesse ritenersi un contratto di appalto pubblico perché avente ad oggetto specifiche attività, ovvero quelle di cui all’art. 210 Cod. App..

Alla stregua di quanto sin qui espresso i componenti delle Commissioni Aggiudicatrici, nominate dalla società di trasporti ai sensi dell’art. 84 del codice degli appalti per la scelta dei partecipanti secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, poiché hanno concorso a formare la volontà di tali organi, hanno svolto una pubblica funzione e, pertanto, sono stati considerati pubblici ufficiali.

Tanto ha consentito al Giudice di configurare i delitti di corruzione propria e turbata libertà degli incanti nelle condotte poste in essere dai commissari di gara.

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Questo articolo è stato scritto da...

Avv. Alessandro Faggiani
Avvocato penalista
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