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Premesse

Molteplici e a volte disorganici, sono stati gli interventi legislativi tesi a semplificare le procedure amministrative preordinate all’aggiudicazione degli appalti pubblici, sull’onda dell’ormai usato furor politico che conduce ogni nuovo governo a sentir l’esigenza di metter mani sulla disciplina degli affidamenti pubblici, sottovalutando come sia invece lo snellimento delle procedure approvative degli iter autorizzativi propedeutici all’indizione delle gare stesse a necessitare un maquillage.

Con il consolidamento delle best practice delle Centrali di Committenza, a ben vedere, le tempistiche di affidamento di un contratto pubblico si sono ridotte negli anni considerevolmente, soprattutto se non si verifichi l’incidente di un contenzioso che sospenda interinalmente la procedura.

In un contesto normativo già sufficientemente “snellito” da quanto stabilito da D.L. 32/2019 c.d. Sblocca Cantieri, il legislatore ha inteso, come ormai noto, intervenire nuovamente con il D.L. 76/2020, conv. in Legge 120/2020 (in seguito, D.L Semplificazioni), la cui vocazione è quella di sciogliere ulteriormente i lacci dell’agere amministrativo, in particolar modo in questo momento storico, caratterizzato da una pandemia globale che ha costretto molti Stati a fronteggiare circostanze senza precedenti.

In presenza di una supefetazione normativa di ordine semplificatorio, è lecito chiedersi, alla luce dei recenti citati interventi normativi di cui al DL Semplificazione, quali siano i margini d’azione e discrezionalità predicabili da una Stazione Appaltante che intende accelerare le proprie procedure interne.

Il presente contributo mira, in particolare, prendendo le mosse dall’interessante pronuncia emessa dal TAR Palermo 14 MAGGIO 2021, N. 1536, ad analizzare se la “semplificazione” di cui D.L. 76/2020, conv. in Legge 120/2020 (in seguito, D.L Semplificazioni) – propugnata dal Legislatore spesso senza una visione organica –, abbia operato una vera e propria “imposizione procedimentale” per le Amministrazioni, per l’effetto obbligandole al ricorso a tali procedure, ovvero se residui in capo alle PP. AA. margini di discrezionalità e di autonomia nella scelta delle tipologie di procedure di gara da porre in essere.

il TAR Palermo 14 MAGGIO 2021, N. 1536: il DL Semplificazioni non ha inteso conculcare la scelta delle amministrazioni pubbliche di operare mediante la disciplina ordinaria dell’evidenza pubblica con gare aperte in luogo dell’affidamento diretto

Sul punto, come si faceva cenno, a fissare dei paletti in un quadro che ha animato il dibattito dottrinale sull’(apparente) obbligatorietà del dettato normativo emergenziale, ci ha provato il T.A.R. Palermo che, nella recentissima citata sentenza, ha espresso una posizione, per così dire, di buon senso, fornendo coordinate ermeneutiche in base alle quali la normativa emergenziale “… non revocando o sospendendo la disciplina ordinaria, la norma in rilievo non ha inteso conculcare la scelta delle amministrazioni pubbliche di operare mediante la disciplina ordinaria dell’evidenza pubblica con gare aperte in luogo dell’affidamento diretto”.

Sembrerebbe quindi che, a detta del Giudice amministrativo, non sussista alcun obbligo per le SS.AA., di affidare appalti sottosoglia mediante le modalità semplificate e derogatorie al Codice dei contratti previste dal DL Semplificazioni.

Se prima facie questa potrebbe apparire una questione di agevole risoluzione, in realtà, sin dal momento dell’introduzione del ciato DL Semplificazioni, ed in specie dell’art. 1, comma 1, si è destata una querelle dottrinale, relativamente all’aspetto interpretativo, tra i “rigoristi della norma” e chi, comprendendo a ragione la portata operativa della legislazione dell’emergenza, ha cercato di delinearne i contorni con un’interpretazione teleologica della norma derogatrice.

Del resto, la vicenda non pare di poco conto ove solo si considerino i coinvolti profili di legittimità, sul piano della correttezza dell’agere amministrativo, di responsabilità, anche erariale, in capo alla stessa S.A. ed inevitabilmente al RUP, sulla base delle “tempistiche massime” previste dal DL Semplificazione, per la conclusione del procedimento concorsuale.

Infatti, la normativa dell’emergenza – che col trascorrere dei mesi assomiglia sempre più ad un’occasione mancata, incapace di sfruttare appieno la possibilità di fare da volano ad una vera ristrutturazione che non si atteggi a puro e semplice maquillage dell’intricato ordito normativo del Codice dei Contratti Pubblici -, ha messo in luce le debolezze di un sistema a tratti contraddittorio e farraginoso e che, proprio per tale natura, si è scontrato in maniera decisa contro i suoi stessi limiti.

Se è vero che l’intento del Legislatore è stato quello di semplificare, tale scopo è stato tuttavia perseguito “appesantendo” proprio il quadro normativo, con un risultato potenzialmente controproducente rispetto agli stessi obiettivi prefissi. Questo ossimoro è forse il sunto più immediato ed efficace di quanto accaduto nell’ultimo anno in cui l’emergenza pandemica, per quanto in questa sede d’interesse, ha impattato sull’economia nazionale e nel campo dei contratti pubblici, elevati, sdoganato ormai Keynes nel dibattito economico europeo, anche in virtù della nomina a Premier dell’Italia di Mario Draghi, a strumenti fondamentali per la ripresa economica del paese.

Il contesto normativo di riferimento

Come noto, con l’art. 1 del D.L. 16 luglio 2020, n. 76 – convertito con modificazioni dalla Legge 11 settembre 2020, n. 120, meglio noto come D.L. Semplificazioni -, rubricato “Procedure per l’incentivazione degli investimenti pubblici durante il periodo emergenziale in relazione all’aggiudicazione dei contratti pubblici sotto soglia” e l’art. 2 rubricato “Procedure per l’incentivazione degli investimenti pubblici durante il  periodo emergenziale in relazione all’aggiudicazione dei contratti pubblici sopra soglia”, è stata introdotta una disciplina derogatoria destinata ad operare per le procedure di affidamento la cui determina a contrarre, o altro atto di avvio, siano stati adottati fra la data di entrata in vigore del citato DL e fino il 31 dicembre 2021.

In particolare, per imprimere un’accelerazione alla tempistica delle procedure di gara, è stato esteso l’utilizzo dell’affidamento diretto o delle procedure negoziate, con numeri di inviti ad operatori economici definiti in misura variabile in base alle infra-soglie rimodulate dalle soglie già previste dagli artt. 35 e 36 del Codice dei Contratti.

Ulteriormente, si è intervenuto anche sull’aggiudicazione o l’individuazione definitiva del contraente che dovrà avvenire nel termine di 2 mesi dall’avvio della procedura sotto la soglia di €. 150.000,00, o entro quello di 4 mesi per le procedure superiori a tale importo, con la conseguenza che, il mancato rispetto di detti termini o la ritardata stipula del contratto e/o avvio dell’esecuzione – possono essere valutati ai fini della responsabilità del RUP per danno erariale ex L. n.20/1994 e ss.mm.ii..

Il combinato disposto delle succitate norme, hanno ingenerato in larga parte della dottrina, il convincimento che, in capo alle PP.AA., potesse sussistere l’obbligo di deroga delle procedure ordinarie in favore delle citate procedure più snelle, giacché, in caso contrario, verrebbe meno la ratio stessa della norma emergenziale di favorire ed incentivare gli investimenti pubblici necessari per fronteggiare le ricadute economiche nefaste cagionate dall’emergenza pandemica globale.

le norme in parola hanno ingenerato il convincimento che, in capo alle PP.AA., potesse sussistere l’obbligo di deroga, vagheggiando una sorta di imposizione al ricorso delle disposizioni derogatore del DL Semplificazioni, per l’effetto dilatando, in termini di portata applicativa, anche al di là dei confini strettamente connessi al contesto emergenziale, l’effetto sospensivo e derogatorio delle norme del Codice dei contratti.

L’effetto quasi perverso di questa linea interpretativa rigorista, è stato quello di vagheggiare una sorta di imposizione al ricorso delle disposizioni derogatore del DL Semplificazioni, dilatando, in termini di portata applicativa, anche al di là dei confini strettamente connessi al contesto emergenziale, l’effetto sospensivo e derogatorio delle norme del Codice dei contratti.

A suffragio di un approccio “rigorista”, sembra militare il parere emesso dal Ministero delle Infrastrutture e Trasporti Sostenibili, che ha avuto modo di affermare con un proprio parere n. 735/2020 che “(c)on riferimento a quanto richiesto si rappresenta che il decreto semplificazioni, convertito con legge n. 120/2020 prescrive l’applicazione delle procedure enucleate all’art. 1, comma 2 del richiamato decreto. Non si tratta di una disciplina facoltativa; le nuove procedure sostituiscono infatti, fino al 31 dicembre 2021, quelle contenute all’art. 36 del d.lgs. 50/2016. Si tratta di procedure di affidamento più snelle e “semplificate”, introdotte nell’ottica di rilanciare gli investimenti ed accelerare gli affidamenti pubblici. Tenendo conto di tale finalità, cui è sotteso il nuovo assetto normativo in materia di contratti pubblici, si ritiene che non sia comunque precluso il ricorso alle procedure ordinarie, in conformità ai principi di cui all’art. 30 del d.lgs. 50/2016, a condizione che tale possibilità non sia utilizzata per finalità dilatorie. Gli affidamenti dovranno avvenire comunque nel rispetto dei tempi previsti dal nuovo decreto e potranno essere utilizzate le semplificazioni procedimentali introdotte. In tal caso, si consiglia di dar conto di tale scelta mediante motivazione. Con riferimento alla seconda domanda, si ritiene che i commi 3 e 4 dell’art. 1 si applichino laddove siano utilizzate le procedure previste al comma 2.”.

Una simile impostazione ha chiaramente suscitato notevoli perplessità in capo alle Stazioni appaltanti circa i margini di discrezionalità del ricorso a tali procedure semplificate, ed in particolare se sia plausibile ancorare la scelta della procedura alla migliore tra le alternative procedurali previste, per il perseguimento l’interesse pubblico sotteso.

ANAC ha sottolineato che sebbene l’art. 1 del d.l. non abbia fatto salva la richiamata facoltà, la perdurante applicabilità dei principi di cui al comma 1 dell’art. 30 induce a ritenere che il regime in deroga non abbia privato, pur nella situazione eccezionale creatasi a seguito delle misure di contenimento e dell’emergenza sanitaria globale, le stazioni appaltanti della possibilità di ricorrere a soluzioni aperte alla più ampia concorrenza qualora appaiano le più idonee a soddisfare il proprio fabbisogno

Su quest’ultima possibilità sembra attestarsi l’orientamento dell’ANAC che ha avuto modo di pronunciarsi sul punto osservando, nel parere del 3 agosto 2020, reso in sede di approvazione al Senato del D.L. n. 76/2020, che “sebbene l’art. 1 del d.l. non abbia fatto salva la richiamata facoltà, la perdurante applicabilità dei principi di cui al comma 1 dell’art. 30 induce a ritenere che il regime in deroga non abbia privato, pur nella situazione eccezionale creatasi a seguito delle misure di contenimento e dell’emergenza sanitaria globale, le stazioni appaltanti della possibilità di ricorrere a soluzioni aperte alla più ampia concorrenza qualora appaiano le più idonee a soddisfare il proprio fabbisogno”.

E’ proprio in questo contesto interpretativo che si colloca la posizione dei giudici amministrativi siciliani, con la sentenza in commento, chiamati a pronunciarsi a seguito di un ricorso promosso da un operatore economico che, fra le altre cose, ha contestato proprio lo svolgimento di una gara d’appalto indetta da un Comune mediante il sistema della procedura aperta per l’affidamento diretto del servizio di ripristino delle condizioni di sicurezza e viabilità della sede stradale e delle sue pertinenze interessate da sinistri.

Il caso al vaglio della magistratura siciliana

Nella vicenda sottoposta al vaglio del T.A.R. Sicilia, l’operatore economico ricorrente, ha lamentato l’illegittimità della scelta operata dal Comune di Carini (PA) di utilizzare la procedura aperta prevista dall’art. 60 del Codice dei Contratti, in luogo dell’affidamento diretto per gli appalti sotto soglia, secondo quanto previsto all’art. 1, comma 1, del D.L. Semplificazioni, vieppiù in asserita carenza motivazionale che consentisse di comprendere l’iter logico/giuridico seguito dall’Ente comunale per discostarsi dalle previsioni del Legislatore.

Con la sentenza in parola, il Collegio ha ritenuto infondato il gravame per due ordini di valutazioni, che di seguito si riassumono.

Il Tar ha dato atto, in primo luogo, dell’oggetto della procedura che riguardava l’affidamento dei lavori di ripristino del manto stradale, di certo non sussumibile nell’alveo di attività di carattere straordinario.

Sul punto, a confutazione delle argomentazioni del ricorrente, il Giudice siciliano ha sottolineato come “la normativa invocata dalla parte (che poi ha materialmente partecipato alla procedura aperta indetta dal Comune) sulle deroghe previste dall’art. 1, comma 1, del D.L. n. 76/2020, non possa trovare applicazione in specie. Ed invero, la norma in questione, apertis verbis, prevede la possibilità di un affidamento diretto al fine di incentivare gli investimenti pubblici nel settore delle infrastrutture e dei servizi pubblici, nonché al fine di far fronte alle ricadute negative dell’emergenza COVID. Sotto tale profilo, ha buon gioco l’Amministrazione comunale nel rilevare che il “servizio di ripristino stradale”, oggetto del presente contenzioso, non comporti “investimenti pubblici”, tanto che la gara non prevede costi per l’Amministrazione; non afferisce al settore delle “infrastrutture e dei servizi pubblici” e non ha alcun impatto sulle ricadute dell’emergenza COVID”.

La posizione assunta, innanzitutto, evidenzia che l’utilizzo di procedure di affidamento in deroga alle previsioni codicistiche, devono essere ricondotte nell’alveo degli interventi relativi agli investimenti pubblici di natura non ordinaria, fra i quali possono certamente essere annoverate le realizzazioni di opere infrastrutturali che hanno un immediato impatto sull’emergenza economica.

Ne discende che, al contrario di quanto affermato dalla prevalente dottrina, è l’utilizzo della normativa in deroga a dover essere motivato dalle Amministrazioni, di modo che risulti evidente il nesso fra l’oggetto dell’appalto e l’utilizzo della peculiare previsione derogatoria. Al contrario si verserebbe in ipotesi di applicazione automatica ed acritica della norma.

In secondo luogo, è stato chiaramente enunciato che, in ogni caso, il D.L. semplificazioni, non osta all’utilizzo delle procedure ordinarie previste dal Codice dei Contratti, nella parte in cui viene affermato che “…per altro, non revocando o sospendendo la disciplina ordinaria, la norma in rilievo non ha inteso conculcare la scelta delle amministrazioni pubbliche, in questo caso il Comune di Carini, di operare mediante la disciplina ordinaria dell’evidenza pubblica con gare aperte in luogo dell’affidamento diretto”.

A sostegno di tale argomentazione, il T.A.R. Sicilia, ricorda che militano in tal senso anche le osservazioni rese dall’ANAC in sede di parere reso in commissione al Senato prima della approvazione del D.L. ricordando che sul punto l’ANAC ha sostenuto: “sebbene l’art. 1 del d.l. non abbia fatto salva la richiamata facoltà, la perdurante applicabilità dei principi di cui al comma 1 dell’art. 30 induce a ritenere che il regime in deroga non abbia privato, pur nella situazione eccezionale creatasi a seguito delle misure di contenimento e dell’emergenza sanitaria globale, le stazioni appaltanti della possibilità di ricorrere a soluzioni aperte alla più ampia concorrenza qualora appaiano le più idonee a soddisfare il proprio fabbisogno”.

Pertanto, conclude il Collegio, “l’affidamento diretto non costituisce il modulo procedimentale sottosoglia al quale le stazioni appaltanti debbano obbligatoriamente fare ricorso”.

il TAR Palermo ha rammentato come l’affidamento diretto non costituisce il modulo procedimentale sottosoglia al quale le stazioni appaltanti debbano obbligatoriamente fare ricorso.

Rammenta infine il TAR per la Sicilia, che non può indurre a conclusioni diverse rispetto a quelle sin qui esposte il parere n. 735/2020 reso dal Ministero Infrastrutture e Trasporti (ora Ministero delle Infrastrutture e Trasporti delle Mobilità sostenibili) in relazione all’obbligo da parte delle stazioni appaltanti di motivare il ricorso all’evidenza pubblica, “sia perché il predetto parere non può ritenersi vincolante nei confronti del Comune di Carini, come dedotto dalla parte resistente, sia perché si limita, in ogni caso, solamente a “suggerire” di dare un riscontro nella motivazione per la scelta della procedura di evidenza pubblica ordinaria rispetto a quella emergenziale in deroga dell’affidamento diretto”.

Conclusioni

Le argomentazioni spese dal T.A.R. Sicilia non possono che essere considerate condivisibili, in disparte l’applicazione logica e ragionata di un dettame normativo, giacché è principio immanente della teoria dell’interpretazione delle fonti di diritto, che le norme portatrici di deroghe (a maggior ragione se circoscritte in un determinato lasso temporale) ad una disciplina dettata da altre norme, giammai possono considerarsi abrogatici di quest’ultime, poiché perfettamente vigenti e pur sempre applicabili.

Una disciplina speciale non può certo sacrificare la tutela dei principi, anche di matrice sovranazionale, posti a garanzia della concorrenza, competizione e del massimo favor partecipationis degli operatori economici.

E’ quindi corretto preferire l’opzione interpretativa secondo la quale la normativa dell’emergenza, che ha connotato gran parte del 2020 e che continua a riverberarsi anche nell’anno in corso – e che nell’ipotesi al vaglio del Legislatore potrebbe essere estesa per un periodo successivo al 31 dicembre 2021, al fine di dare rapida esecuzione al Piano di Ripresa e Resilienza – “suggerisce” alle SS.AA. di verificare, caso per caso, quale possa essere il modulo procedimentale da seguire maggiormente idoneo al perseguimento dell’interesse pubblico sotteso al singolo affidamento, senza, che le procedure semplificate debba gioco-forza farla da padrone.   

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Questo articolo è stato scritto da...

Avv. Giuseppe Totino
Esperto in contratti pubblici
Avv. Alberto Pappalardo
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