Sending
Questo articolo è valutato
5 (1 vote)

Premessa: l’accesso agli atti “procedimentale” (ex l. 7.8.1990, n. 241) e l’accesso civico “generalizzato” (d.lgs. 14.3.2013, n. 33; d.lgs. 23.5.2017, n. 97). Profili e differenze.

La tematica concernente il diritto di accesso agli atti amministrativi, disciplinato dagli artt. 22 e seguenti della l. 241/90, continua ad essere assai dibattuta, anche in ragione dell’impulso normativo recentemente dato dal legislatore alla normativa sulla trasparenza della pubblica amministrazione.

Occorre, a tal proposito, avere riguardo al d.lgs. 33/2013 (cosiddetta “legge sulla trasparenza amministrativa”) ed in particolare all’art. 5 della legge anzidetta, che ha introdotto nel nostro ordinamento il nuovo istituto del c.d. “diritto di accesso civico”. Questa nuova forma di accesso parrebbe mirare ad alimentare il rapporto di fiducia tra cittadini e pubblica amministrazione ed il principio di legalità (e prevenzione della corruzione): in sostanza, tale norma sarebbe diretta ad assicurare a tutti i cittadini la più ampia conoscibilità delle informazioni, concernenti l’organizzazione e l’attività delle pubbliche amministrazioni, al fine di attuare “il principio democratico e i principi costituzionali di eguaglianza, imparzialità, buon andamento, responsabilità, efficacia ed efficienza nell’utilizzo di risorse pubbliche”, quale integrazione del diritto “ad una buona amministrazione”, nonché per la “realizzazione di un’amministrazione aperta, al servizio del cittadino”.

Tale normativa, avente altresì dichiarate finalità di contrasto della corruzione e della cattiva amministrazione, impone la pubblicazione di una serie di documenti nei siti istituzionali delle medesime, con diritto di chiunque di accedere a tali siti “direttamente ed immediatamente, senza autenticazione ed identificazione” e solo in caso di omessa pubblicazione può essere esercitato, ai sensi dell’art. 5 del citato d.lgs., il cosiddetto “accesso civico”, consistente in una richiesta – che non deve essere motivata – di effettuare tale attività conoscitiva, con possibilità, in caso di omesso adempimento all’obbligo in questione, di ricorrere al giudice amministrativo, secondo le disposizioni contenute nel codice del processo amministrativo.

Va poi ricordato che la disciplina dell’accesso civico ha subito un restyling a seguito dell’adozione del d.lgs. 23 maggio 2016, n° 97 (Revisione e semplificazione delle disposizioni in materia di prevenzione della corruzione, pubblicità e trasparenza, correttivo della legge 6 novembre 2012, n. 190 e del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, ai sensi dell’articolo 7 della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche), che ha introdotto il cosiddetto accesso civico “generalizzato”, volto a rafforzare il contrasto alla corruzione e al malaffare per il tramite della pubblicità e della massima trasparenza dell’azione amministrativa. In tale quadro, l’accesso civico generalizzato, ex art. 5, comma 2, d.lgs. n°33/2013 come modificato dall’art. 6, d.lgs. n° 97/2016 succitato, è un istituto che consente a chiunque di accedere a datie documenti non ricompresi nell’obbligo di pubblicazione, significando, tuttavia, che in presenza di documenti contenenti dati sensibili e super sensibili non agevolmente oscurabili, la pubblica amministrazione dovrà porre grande attenzione nell’effettuare il processo di bilanciamento fra gli opposti interessi, nel rispetto della normativa sulla privacy. Ed infatti, il d.lgs. 97/2016 ha altresì introdotto nel d.lgs. 33/2013 l’art. 5 bis, a norma del quale l’accesso civico generalizzato è rifiutato se il diniego è necessario per evitare un pregiudizio concreto alla tutela di uno degli interessi pubblici inerenti a: a) la sicurezza pubblica e l’ordine pubblico; b) la sicurezza nazionale; c) la difesa e le questioni militari; d) le relazioni internazionali; e) la politica e la stabilità finanziaria ed economica dello Stato; f) la conduzione di indagini sui reati e il loro perseguimento; 
g) il regolare svolgimento di attività ispettive; ovvero se il diniego è necessario per evitare un pregiudizio concreto alla tutela di uno dei seguenti interessi privati: a) la protezione dei dati personali, in conformità con la disciplina legislativa in materia; b) la libertà e la segretezza della corrispondenza; c) gli interessi economici e commerciali di una persona fisica o giuridica, ivi compresi la proprietà intellettuale, il diritto d’autore e i segreti commerciali.

Il legislatore, dunque, pur nella pulsione di voler tutelare nel miglior modo possibile il diritto di accesso generalizzato all’attività della pubblica amministrazione, ha altresì avvertito la giusta esigenza di porre un legittimo limite all’accesso ai documenti amministrativi, ovvero alla totale e piena accessibilità di ogni documento di Stato per il quale non è prevista la pubblicazione obbligatoria, pena la violazione del diritto alla riservatezza dei privati e/o pena il rischio di cagionare danni alla stessa pubblica amministrazione.

Nell’ambito dell’accesso civico generalizzato, il legislatore ha voluto porre un legittimo limite all’accesso ai documenti amministrativi, ovvero alla totale e piena accessibilità di ogni documento di Stato per il quale non è prevista la pubblicazione obbligatoria, pena la violazione del diritto alla riservatezza dei privati e/o pena il rischio di cagionare danni alla stessa pubblica amministrazione.  

Altra necessità è, ovviamente, quella di contemperare le due tipologie di accesso agli atti ora previste nel nostro ordinamento, dal momento che – mentre l’art. 22 della l. n. 241/90 subordina l’esercizio del diritto  di accesso ad un interesse diretto, concreto ed attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso – l’art. 5 del d.lgs. n. 33/2013 estende il diritto di accesso a “chiunque”, non ponendo dunque alcuna limitazione soggettiva del richiedente. Altra sostanziale differenza tra le due tipologie di accesso consiste nel fatto che, mentre la l. n. 241/90, all’art. 25, co. 2, prescrive che l’istanza debba essere motivata, l’art. 5 del d.lgs. 33/2013 non richiede per l’istanza d’accesso alcuna motivazione.

Ebbene, come già chiarito dalla giurisprudenza amministrativa (Cds, VI, 20.11.2013, n. 5515) le nuove disposizioni sull’accesso civico contenute nel d.lgs. 33/2013 (ed ora ampliate dal d.gs. n. 97/2016), disciplinano situazioni non ampliative né sovrapponibili rispetto a quelle che consentono l’accesso ai documenti amministrativi ai sensi degli art. 22 e ss. della l. 241/90; mentre infatti le norme in tema di accesso civico si traducono in un controllo democratico da parte del cittadino sull’attività amministrativa, le norme sul procedimento amministrativo richiedono per l’esercizio del diritto di accesso un interesse diretto, concreto ed attuale, riferito al documento di cui si chiede l’ostensione.

Tra le due prerogative pare dunque sussistere una differenza sostanziale, poiché mentre il diritto di accesso agli atti non può mai prescindere da una posizione giuridica differenziata, l’accesso civico ha come presupposto l’inadempimento da parte della pubblica amministrazione o da parte di chi si ingerisce nell’esercizio di attività amministrative, di uno specifico obbligo di procedere alla pubblicazione dell’atto richiesto dal cittadino/utente.

1. Il diritto di accesso nel codice degli appalti (d.lgs. 50/2016)

Il diritto di accesso nell’ambito delle procedure ad evidenza pubblica per l’affidamento degli appalti pubblici appartiene senza dubbio al genus dell’accesso agli atti “procedimentale” (artt. 22 e ss. l. 241/90), e si pone con esso in un rapporto di genere a specie, dal momento che l’accesso agli atti nelle pubbliche gare, pur essendo in tutto e per tutto sovrapponibile all’accesso agli atti procedimentale di cui alla l. 241/90, se ne discosta proprio sotto il profilo della necessità, ravvisata dal legislatore, di rafforzare la tutela della riservatezza. Infatti, L’art. 53 del d.lgs. 50/2016 è rubricato “Accesso agli atti e riservatezza” e stabilisce che «Salvo quanto espressamente previsto nel presente codice, il diritto di accesso agli atti delle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici, ivi comprese le candidature e le offerte, è disciplinato dagli articoli 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241».

La disciplina contenuta nell’art. 53 presenta dunque alcuni tratti peculiari, ricollegabili alla specificità del settore considerato. Quanto alle differenze esistenti rispetto alle altre tipologie di accesso previste a livello ordinamentale, la disciplina dettata dall’art. 53 è, rispetto al diritto di accesso cd. procedimentale previsto dagli articoli 22 e seguenti della legge n. 241 del 1990, più restrittiva: «l’accesso è consentito solo al concorrente che abbia partecipato alla selezione (la preclusione all’accesso è invece totale qualora la richiesta sia avanzata da un soggetto terzo, anche se dimostri di avere un interesse differenziato)» (in termini, Cons. di Stato, Sez. V, 17 giugno 2014, n. 3079; 27 aprile 2015, n. 2096; 16 marzo 2016, n. 1056).

La disciplina dettata dall’art. 53 del D.Lgs. 50/2016 è, rispetto al diritto di accesso cd. procedimentale previsto dagli articoli 22 e seguenti della legge n. 241 del 1990, più restrittiva, poiché consente l’accesso ai soli partecipanti alla selezione

La giurisprudenza ha affermato che si tratti di norma eccezionale, con la conseguenza che le fattispecie non coinvolgenti i concorrenti «restano per i terzi disciplinate dalle disposizioni generali degli articoli 22 e ss. L. 7 agosto 1990, n. 241» (Cons. di Stato, sez. V, 18 ottobre 2017, n. 4813).

Quanto alle differenze esistenti con l’istituto dell’accesso civico generalizzato previsto dall’art. 5, comma 2, del decreto legislativo n. 33 del 2013, abbiamo già visto come quest’ultima norma, pur riconoscendo a chiunque la legittimazione soggettiva a chiedere l’ostensione di dati, documenti e informazioni in possesso delle Pubbliche Amministrazioni, prevede specifiche ipotesi di esclusione nei casi di divieto di accesso stabiliti da leggi, ivi compresi i casi in cui «l’accesso è subordinato dalla disciplina vigente al rispetto di specifiche condizioni, modalità o limiti» (art. 5-bis, comma 3, del decreto legislativo n. 33 del 2013).

2. Il diritto di accesso civico generalizzato nelle procedure ad evidenza pubblica: il parere dell’ANAC

Nel parere di cui alla Delibera n. 317 del 29 marzo 2017 l’ANAC ha analizzato i rapporti intercorrenti tra diverse forme di accesso agli atti relative a provvedimenti amministrativi, con particolare riferimento – nel caso di specie – a documenti inerenti una procedura di gara pubblica.

L’ANAC ha, nella specie, operato una complessa ricostruzione dei rapporti esistenti tra l’accesso agli atti in fase di gara (art. 53 D.Lgs. 50/2016, già art. 13 D Lgs. 163/2006), diritto di accesso generale di cui alla L. 241/1990 e l’accesso civico generalizzato così come previsto dal novellato art. 5 del D.Lgs. 33/2013 (Decreto Trasparenza).

L’ANAC ha inteso precisare che il differimento dell’accesso alle offerte dei concorrenti riconosciuto dall’art. 53 del D.Lgs. 50/2016 fino al momento dell’aggiudicazione (definitiva) risponde all’esigenza di “impedire la conoscenza del contenuto delle offerte da parte dei concorrenti in un momento in cui non è ancora divenuta definitiva la scelta della migliore offerta, con il più precipuo fine di impedire turbative delle operazioni di gara e delle valutazioni di competenza della commissione aggiudicatrice”.

Ribadito il rapporto di specialità che lega la lex specialis di cui all’art. 53 del D.Lgs. 50/2016 alla lex generalis di cui alla L. 241/1990 sull’accesso agli atti (che comporta, di conseguenza, la prevalenza della prima sulla seconda), il parere dell’Autorità finisce per esaminare le connessioni tra l’art. 53 e l’art. 5 del D.Lgs. 33/2013 sull’accesso civico c.d. “generalizzato”, il quale, a seguito delle incisive modifiche introdotte dal D.Lgs. 97/2016, permette ora a chiunque (senza necessità di motivazione) di accedere ad atti, documenti ed informazioni a qualsiasi titolo detenuti delle pubbliche amministrazioni che non siano oggetto di specifici obblighi di pubblicazione.

In particolare, l’ANAC si è premurata di indagare il rapporto tra la disciplina dell’accesso agli atti di cui all’art. 53 e le limitazioni all’accesso civico generalizzato previsti dai commi 1 e 2 dell’art. 5-bis del D.Lgs. 33/2013. Tra queste sono da annoverare – soprattutto per quanto riguarda il caso de quo – le ipotesi di diniego motivate dalla tutela di interessi privati quali quelli di natura economica e commerciale di una persona fisica e giuridica (vedi art. 5-bis, co. 2 lett. c).

Secondo l’ANAC, una volta divenuta definitiva l’aggiudicazione relativa ad una determinata procedura di gara, sarà possibile per chiunque (senza che lo stesso sia portatore di particolare interessi relativamente a quell’affidamento e senza la necessità di motivare la propria istanza) di accedere agli atti relativi al sub-procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta, pur dovendo sempre l’Amministrazione coinvolta prevedere la tutela di eventuali dati personali o di interessi economici e commerciali presenti all’interno della documentazione richiesta, nel pieno rispetto di quanto disposto dal comma 2 dell’art. 5-bis del D.Lgs. 33/2013.  

Ebbene, l’ANAC ha considerato che “le disposizioni speciali contenute nel Codice dei contratti pubblici in materia di accesso agli atti delle procedure di affidamento rientrino nell’ambito di tali limiti e condizioni”, pur dovendosi osservare che “l’art. 53 del D.lgs. 50/2016 dispone non un’esclusione assoluta, ma solo il differimento dell’accesso in relazione al procedimento di verifica della anomalia dell’offerta, fino all’aggiudicazione (art. 53, comma 2, lett. d, Codice dei contratti)”. L’importante conclusione a cui l’ANAC approda in forza della lettura in combinato disposto delle due norme in esame è che “prima dell’aggiudicazione il diritto di accesso civico generalizzato possa essere legittimamente escluso in ragione dei divieti di accesso previsti dall’art. 53 del D.lgs. 50/2016; successivamente all’aggiudicazione della gara, il diritto di accesso debba essere consentito a chiunque, ancorché nel rispetto dei limiti previsti dall’art. 5-bis del D.lgs. 33/2013”.

Ciò sta a significare, ad avviso dell’Autorità, che una volta divenuta definitiva l’aggiudicazione relativa ad una determinata procedura di gara, sarà possibile per chiunque (senza che lo stesso sia portatore di particolare interessi relativamente a quell’affidamento e senza la necessità di motivare la propria istanza) di accedere, ad esempio, agli atti relativi al sub-procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta, pur dovendo sempre l’Amministrazione coinvolta prevedere la tutela di eventuali dati personali o di interessi economici e commerciali presenti all’interno della documentazione richiesta, nel pieno rispetto di quanto disposto dal comma 2 dell’art. 5-bis del D.Lgs. 33/2013.

3. Il diritto di accesso civico generalizzato nelle procedure ad evidenza pubblica: i chiarimenti della giurisprudenza (sentenza del TAR Emilia-Romagna, Parma, n. 197 del 18 luglio 2018)

A restringere il campo di applicazione dell’accesso civico generalizzato agli atti delle procedure di gara pubbliche ci ha pensato di recente il TAR Emilia-Romagna il quale, con la sentenza n. 197 del 18 luglio 2018, ha sostanzialmente affermato che la speciale disciplina contenuta nell’art. 53 del d.lgs. n. 50 del 2016 (ivi ricompreso l’espresso richiamo all’applicabilità delle regole in materia di diritto di accesso ordinario) deve considerarsi come un caso di esclusione della disciplina dell’accesso civico ai sensi del comma 3 dell’art. 5-bis del d.lgs. 33/2013. 

La vicenda oggetto di scrutinio riguardava un diniego di accesso ex art. 5, comma 2 del d.lgs. 33/2013, relativa agli atti dell’affidamento del servizio di manutenzione e riparazione di automezzi appartenuti ad una Azienda sanitaria nel triennio 2013/2015. Il Consorzio istante eccepiva che il diniego opposto dalla citata Azienda era carente sotto il profilo motivazionale – non menzionando alcuna delle ipotesi di esclusione o limitazione del diritto di accesso civico previste dall’art. 5-bis del d.lgs. n. 33/2013, comunque insussistenti, secondo il ricorrente – oltre che erroneo, se inteso quale diniego di qualificazione del diritto di accesso azionato, nel senso indicato dal richiedente stesso. 

A restringere il campo di applicazione dell’accesso civico generalizzato agli atti delle procedure di gara pubbliche ci ha pensato di recente il TAR Emilia-Romagna il quale, con la sentenza n. 197 del 18 luglio 2018, ha sostanzialmente affermato che la speciale disciplina contenuta nell’art. 53 del d.lgs. n. 50 del 2016 (ivi ricompreso l’espresso richiamo all’applicabilità delle regole in materia di diritto di accesso ordinario) deve considerarsi come un caso di esclusione della disciplina dell’accesso civico ai sensi del comma 3 dell’art. 5-bis del d.lgs. 33/2013 

L’Azienda sanitaria aveva respinto la richiesta di accesso rilevando che essa, per come formulata, non rientrava “nel diritto di accesso civico “generalizzato” ai documenti, dati e informazioni, non soggetti ad obbligo di pubblicazione (ai sensi dell’art. 5, comma 2 e ss. del D. Lgs. n. 33/2013)”.

Il TAR Emilia-Romagna, dopo un’attenta ricostruzione normativa delle varie forme di accesso agli atti tratteggiate dal legislatore, ha concluso affermando che la speciale disciplina contenuta nell’art. 53 del d.lgs. n. 50 del 2016 (ivi ricompreso l’espresso richiamo all’applicabilità delle regole in materia di diritto di accesso ordinario) deve considerarsi come un caso di esclusione della disciplina dell’accesso civico di cui al d.lgs. 33/2013. Ciò in quanto gli atti delle procedure di gara sono formati e depositati all’interno di una disciplina del tutto speciale e a sé stante, ossia un “complesso normativo chiuso, in quanto espressione di precise direttive europee volte alla massima tutela del principio di concorrenza e trasparenza negli affidamenti pubblici, che dunque attrae a sé anche la regolamentazione dell’accesso agli atti connessi alle specifiche procedure espletate”. 

In forza di ciò, secondo il TAR Emilia Romagna, “risulta del tutto giustificata una scelta del legislatore volta a sottrarre anche solo implicitamente (ma, si è visto, si uniscono a tale interpretazione anche forti argomenti di natura testuale) una possibilità indiscriminata di accesso alla documentazione di gara e post-gara da parte di soggetti non qualificati. Invero, si tratta pur sempre di documentazione che, da un lato, subisce un forte e penetrante controllo pubblicistico da parte di soggetti istituzionalmente preposti alla specifica vigilanza di settore (ANAC), e, dall’altro, coinvolge interessi privati di natura economica e imprenditoriale di per sé sensibili (e quindi astrattamente riconducibili alla causa di esclusione di cui al comma 2, lett. c), dell’art. 5-bis del d.lgs. n. 33 del 2013), specie quando tali interessi, dopo l’aggiudicazione, vanno a porsi su di un piano pari ordinato – assumendo la connotazione di veri e propri diritti soggettivi – rispetto a quelli della stazione committente”. 

Come si vede, dunque, il TAR Emilia Romagna, con una pronuncia piuttosto “avanguardista”, ha elevato al rango di “diritto soggettivo” la tutela degli interessi privati di natura tecnica e commerciale, con ciò rafforzando la propria tesi per la quale, in tali casi, il diritto alla trasparenza è recessivo rispetto a quello della tutela della riservatezza dei segreti tecnici e commerciali.

4. Conclusioni

Il contrasto con la giurisprudenza qui in commento scaturisce proprio in riferimento alle richieste di accesso civico generalizzato che l’ANAC comunque vorrebbe consentire, pur sottoponendole, prima dell’aggiudicazione, ai divieti di accesso ex art. 53 d.lgs. 50/2016, e dopo l’aggiudicazione (ovvero alle altre scadenze previste dall’art. 53, comma 2) ai limiti ex art. 5-bis d.lgs. 33/2013. D’altro canto, il TAR Emilia Romagna ha inteso escludere il diritto di accesso civico generalizzato senza eccezioni di sorta, a prescindere dal momento in cui esso è stato richiesto. 

L’approccio avuto dall’ANAC pare maggiormente rispondente all’esigenza di bilanciamento degli interessi, tutelando in modo “dinamico” sia il diritto alla riservatezza sia il diritto alla trasparenza, correttamente rilevando come – una volta che la procedura sia conclusa – si affievolisca quell’esigenza protezione dei dati contenuti negli atti di gara, che, invece, risulta necessaria nel corso della procedura al fine di preservare la parità di condizioni tra i concorrenti.

Ad avviso di chi scrive, l’approccio avuto dall’ANAC pare maggiormente rispondente all’esigenza di bilanciamento degli interessi, tutelando in modo “dinamico” sia il diritto alla riservatezza sia il diritto alla trasparenza, correttamente rilevando come – una volta che la procedura sia conclusa – si affievolisca quell’esigenza protezione dei dati contenuti negli atti di gara, che, invece, risulta necessaria nel corso della procedura al fine di preservare la parità di condizioni tra i concorrenti.

Detto ciò, è inevitabile che la sentenza in commento abbia aperto un fronte molto caldo di discussione, essendo tale sentenza – qualora confermata anche dal Consiglio di Stato – potenzialmente idonea a vanificare, proprio nell’ambito degli appalti pubblici in cui l’esigenza di contrasto alla corruzione risulta maggiormente saliente, la tutela della trasparenza nell’attività della pubblica amministrazione cui negli ultimi anni il legislatore si è dedicato.

Sending
Questo articolo è valutato
5 (1 vote)

Questo articolo è stato scritto da...

Avv. Riccardo Gai
Esperto in materia di appalti pubblici
mediagraphic assistenza tecnico legale e soluzioni per l'innovazione p.a.